il diritto commerciale d’oggi
    III.4 – aprile 2004

STUDÎ E COMMENTI

 

FRANCESCO VITIELLO

Bilanci, libri e controlli nei consorzi con attività esterna
dopo la nuova disciplina dei consozi fidi

 

 

1. Premessa

   Con l’art. 13 del decreto-legge 30 settembre 2003 n. 269, convertito nella legge 24 novembre 2003 n. 326, il nostro legislatore ha inteso regolare organicamente l’attività di garanzia collettiva dei fidi. Tale materia, che già trovava cittadinanza nel nostro ordinamento giuridico (1), è stata oggetto di una seria e completa rivisitazione per dare pronte risposte ad esigenze sempre più sentite e diffuse nel delicato comparto del credito (2).
   L’attività di garanzia collettiva dei confidi è interamente disciplinata dalla nuova disposizione, che opportunamente si apre fornendo le definizioni dei vari istituti coinvolti (3). Particolarmente significativi sono quei commi (i nn. 34, 35 e 36, rispettivamente riguardanti la pubblicità legale, gli obblighi contabili e i libri consortili) dell’art. 13, che, a causa del tenore non univoco del testo legislativo, hanno suscitato suscitato il dubbio circa una loro portata generale e, più precisamente, circa l’applicabilità, oltre che ai confidi, anche a ogni consorzio con attività esterna, ovvero a tutti i consorzi, compresi pure quelli meramente interni.
   Prima di rispondere al quesito in esame, è opportuno, sia pur brevemente, soffermarsi sulla disciplina codicistica dei consorzi con attività esterna, per valutare l’impatto che su tale disciplina possono avere novità introdotte dai commi 34, 35 e 36 dell’art. 13 del decreto- 269/2003.

 

2. Consorzi ad attività interna e consorzi con attività esterna

   Ai sensi dell’articolo 2602 cod. civ., il consorzio è un contratto tra più imprenditori con il quale essi istituiscono un’organizzazione comune per la disciplina o per lo svolgimento di determinate fasi delle rispettive imprese. A seguito della modifica apportata dalla legge 10 maggio 1976 n. 377, i consorzi si caratterizzano, oltre che per lo svolgimento dell’attività in comune, per i soggetti e per l’oggetto. Riguardo al primo dei due elementi caratteristici, requisito essenziale del contratto è la qualifica di imprenditori dei soggetti contraenti; riguardo al secondo elemento, l’attività del consorzio deve essere diretta allo svolgimento in comune di “determinate fasi” delle rispettive imprese; si tratta perciò di una attività che, come affermato anche dalla Corte di Cassazione (4), non sostituisce integralmente quella svolta dai singoli consorziati.
   La causa del contratto di consorzio, secondo la dottrina più autorevole (5), non è più soltanto un mezzo per disciplinare la concorrenza, ma, proprio in virtù delle modifiche del 1976, soprattutto uno strumento di collaborazione tra le imprese. In altri termini, la causa consortile consiste nella creazione di uno strumento unitario, cui attribuire il compito del coordinamento e della messa in comune di determinate fasi di attività dei partecipanti.
   Ferma la necessità dell’organizzazione comune, il codice civile distingue tra consorzi ad attività interna e consorzi ad attività esterna, assegnando a questi ultimi soggettività giuridica ed autonomia patrimoniale (6). Ciò che differenzia i due modelli operativi è l’esistenza o meno di una esteriorizzazione dell’organizzazione creata per l’attività programmata.
   In entrambi i due tipi di consorzio, infatti, si ha, come detto, un’organizzazione comune, ma mentre nei consorzi con attività interna questa svolge attività solo nei confronti dei consorziati, nei consorzi con attività esterna, tale organizzazione (eventualmente anche in forma societaria: articolo 2615 ter. cod. civ.) si proietta all’esterno, traducendosi in un ufficio destinato a svolgere attività con i terzi.
   Tale distinzione, che, al di là delle questioni classificatorie, non sempre risulta così netta nella realtà (in quanto il dettato normativo non ritaglia aree di esclusività per l’uno o per l’altro tipo di consorzio), è particolarmente rilevante perché, proprio in virtù della differente valenza esterna dei due modelli, i consorzi con attività meramente interna creano obbligazioni soltanto a carico dei consorziati, mentre i consorzi esterni costituiscono autonomi centri di imputazione nei confronti dei terzi.

 

3. Pubblicità legale ed obblighi contabili nella disciplina codicistica dei consorzi con attività esterna

   Lo svolgimento di attività con i terzi da parte dei consorzi con attività esterna pone la necessità di predisporre meccanismi di pubblicità legale e dichiarativa che trovano, appunto, la loro giustificazione nell’esigenza di tutelare gli interessi di chi entra in rapporto con il consorzio medesimo.
   Così, al di là delle norme di carattere generale relative al contratto di consorzio tra imprenditori e alla struttura organizzativa di ciascun consorzio, che, come tali, si rivolgono anche ai quelli meramente interni, il legislatore è stato indotto, in verità in modo non del tutto convincente, a prevedere particolari regole, ulteriori rispetto a quelle previste per i consorzi interni, tali da assicurare, per quanto possibile, un minimo di informazione nei confronti di chi fosse entrato in rapporto con il consorzio.
   A questa esigenze risponde, in primo luogo, la norma di cui all’articolo 2612 del codice civile. Tale norma prevede che gli amministratori si obblighino a depositare per l’iscrizione presso il registro delle imprese, entro il termine di trenta giorni dalla stipulazione, un estratto del contratto contenente almeno: le indicazioni relative alla denominazione, all’oggetto del consorzio e alla sede dell’ufficio; il cognome e il prenome dei partecipanti; la durata; le persone a cui è attribuita la presidenza, la direzione e la rappresentanza, con i relativi poteri; le regole di formazione del fondo consortile e le norme relative alla liquidazione. Ogni modifica successiva riguardante tali elementi, come dispone il secondo comma della norma in oggetto, è parimenti oggetto al deposito per l’iscrizione, anche se, come dispone autorevole dottrina (7), le variazioni non configurino delle modificazioni in senso stretto del contratto originario.
   Per quanto la norma si accontenti della pubblicazione di un estratto, nulla vieta che si provveda al deposito dell’intero contratto, cui di solito è allegato uno statuto (8).
   La disciplina propria dei consorzi ad attività esterna contenuta nel codice civile, oltre alle disposizioni di cui agli articoli 2613, 2614 e 2615, che si riferiscono, rispettivamente, alla rappresentanza in giudizio, all’istituzione del fondo consortile e alla responsabilità patrimoniale verso i terzi, si completa con la norma di cui all’articolo 2615-bis, che stabilisce l’obbligo, per coloro che dirigono il consorzio, di redigere, entro due mesi dalla chiusura dell’esercizio, una situazione patrimoniale secondo “le norme relative al bilancio di esercizio delle società per azioni”; è disposto, inoltre, che tale documento contabile sia reso pubblico mediante il deposito presso l’ufficio del registro delle imprese.

 

4. Le novità introdotte dai commi 34, 35 e 36 dell'art. 13 del decreto-legge n. 269/2003

   I commi 34, 35 e 36 dell’art. 13 del decreto-legge n. 269/2003 introducono una serie di nuove regole in materia di:
   a) modalità e tempi di attuazione dell’iscrizione nel registro delle imprese degli elementi indicativi dei consorziati (comma 34);
   b) obblighi contabili (comma 35);
   c) obbligo di tenuta di diversi libri (comma 36).

4.1 Pubblicità legale per le modificazioni del contratto di consorzio riguardanti gli elementi identificativi dei consorziati

   Il comma 34 prevede che “le modificazione del contratto di consorzio riguardanti gli elementi indicativi dei consorziati devono essere iscritte soltanto una volta l’anno entro 120 giorni dalla chiusura dell’esercizio sociale attraverso il deposito dell’elenco dei consorziati riferito alla data di approvazione del bilancio”.
   Tale comma, discostandosi dall’art. 2612 del codice civile (secondo il quale, come visto, è prevista la il deposito nel registro delle imprese delle variazioni dei consorziati entro trenta giorni dalla data in cui la variazione ha effetto), introduce un sistema corrispondente a quello previsto dall’articolo 2435 del codice civile per l’elenco dei soci delle società per azioni (9).

4.2 Obbligo di redazione del bilancio

   Il comma 35 dispone che “gli amministratori del consorzio devono redigere il bilancio d’esercizio con osservanza delle disposizioni relative al bilancio delle società per azioni. L’assemblea approva il bilancio entro centoventi giorni dalla chiusura dell’esercizio ed entro trenta giorni dall’approvazione una copia del bilancio, corredata dalla relazione sulla gestione, dalla relazione del collegio sindacale, se costituito, e dal verbale di approvazione dell’assemblea deve essere, a cura degli amministratori, deposita presso l’ufficio del registro delle imprese”.
   Anche in tema di obblighi contabili le differenze dall’articolo 2615-bis cod. civ., che, come detto, prevede il deposito entro due mesi dalla chiusura dell’esercizio della “sola” situazione patrimoniale, sono particolarmente vistosi.
   Tali divergenze riguardano non soltanto il termine che non è più di due mesi, ma di centoventi giorni dalla chiusura, ma anche la documentazione da depositare che, ora con l’introduzione di tale norma, richiede un bilancio completo e non la “semplice” situazione patrimoniale (10).
   Inoltre, risolvendo una questione sempre aperta (11), il comma de quo prevede la necessità di procedere all’approvazione del bilancio da parte dell’assemblea dei consorziati.

4.3 Obbligo di tenuta dei libri “cosortili”

   Il decreto-legge 269/2003 introduce, infine, sulla falsariga di quanto previsto per le società per azioni dall’articolo 2421 del codice civile, l’obbligo della tenuta di diversi libri. In particolare, il comma 36 prevede che il consorzio, “oltre i libri e le altre scritture contabili prescritti tra quelli la cui tenuta è obbligatoria”, debba tenere: il libro dei consorziati; il libro delle adunanze e delle deliberazioni dell’assemblea; il libro delle adunanze e delle deliberazioni dell’organo amministrativo collegiale, se questo esiste; il libro delle adunanze e delle deliberazioni del collegio sindacale, anche esso se esistente.
   La norma precisa, inoltre, che il libri dei consorziati e quello delle adunanze e delle deliberazioni dell’assemblea possano essere esaminati dai consorziati i quali possono ottenere estratti a proprie spese. Il libro dei consorziati, inoltre, è accessibile direttamente dai creditori che, intendendo far valere le responsabilità dei singoli consorziati ai sensi dell’articolo 2615, secondo comma, cod. civ., hanno la necessità di conoscere la movimentazione continua dei consorziati.
   Come dispone il comma in oggetto, il libro dei consorziati, infine, prima che venga messo in uso, deve essere numerato progressivamente in ogni pagina e bollato in ogni foglio dall’ufficio del registro delle imprese o da un notaio.

 

5. Ambito di applicazione delle nuove regole

   In attesa dei pronunciamenti da parte degli uffici del registro delle imprese, è necessario ora, per quanto possibile, rispondere al quesito di fondo: il legislatore, con i commi 34, 35, 36 dell’articolo 13 del decreto legge 269/2003, ha inteso fissare regole di pubblicità e di trasparenza per i soli confidi, cui certamente si rivolge espressamente la nuova disciplina, o anche per i tutti consorzi con attività esterna o addirittura per ogni consorzio tout court ?
   Alla luce di quanto accennato sopra, una prima risposta è sicura: i commi in questione non possono riferirsi ai consorzi ad attività meramente interna, i quali, essendo privi di rilievo “metaindividuale”, non hanno evidentemente alcun obbligo di pubblicità legale da adempiere, né alcuna regola di trasparenza da rispettare.
   È , invece, più problematico stabilire se le novità apportate dai commi in oggetto si applichino a tutti i consorzi con attività esterna oppure soltanto ai confidi.
   Alcune argomentazioni possono far ritenere che tali norme siano dirette a tutti i consorzi esterni, abbiano o meno la qualifica di confidi. In primo luogo, c’è il dato testuale: degli oltre sessanta commi, di cui si compone l’art 13, gli unici che non parlano di “confidi”, ma di “consorzi” senza ulteriori precisazioni sono proprio i commi, cui è rivolta la nostra indagine.
   Non si può, d’altro canto, dare valore assorbente al fatto che la rubrica dell’art. 13 si intitoli “Disciplina dell’attività di garanzia collettiva dei fidi”; il fatto, cioè, che la rubrica stessa della norma parli di confidi non assicura che tutte le disposizioni in essa contenute riguardino solo i confidi. La collocazione “topografica”, infatti, non costituisce di per sé un elemento risolutivo ai fini della individuazione della ratio legis, ma integra soltanto un mero indizio da apprezzarsi alla stregua di altre circostanze, dalla quali, al contrario, sembra dedursi che i commi in questione vadano ben oltre il campo di applicazione degli altri commi dell’articolo de quo.
    Qualora, invece, si dia prevalenza alla specialità della norma, rivolta a disciplinare in modo organico il fenomeno dei consozi fidi, le disposizioni contenute nei commi citati non possono applicarsi a tutti i consorzi con attività esterna. In tal senso milita anche l’assenza di una chiara volontà legislativa circa l’estensibilità della nuova disciplina a tutti i consorzi.
   Non può trascurarsi, infine, che le nuove regole, se rivolte a tutti i consorzi esterni, si inserirebbero in un contesto normativo, quello degli artt. 2602 ss. cod. civ., alquanto lacunoso e frammentario. L’estendere gli obblighi contabili, i libri, e la pubblicità legale previsti per le società di capitali ai consorzi esterni legittima, anche dal punto di vista normativo, il fenomeno cosortile nella sua accresciuta rilevanza, economica e in senso lato politica, ma soprattutto avvicina, sul piano squisitamente giuridico, i consorzi con attività esterna alle stesse società di capitali.
   Con l’applicazione di queste nuove regole, infatti, chi contratterà con un consorzio esterno non sarà più esposto ai non pochi pericoli cui, fino a ieri, era soggetto: i commi 34, 35 e 36 introducono forme di controllo sulla consistenza del patrimonio consortile, sulla identità dei consorziati e sulla rispondenza al vero della situazione contabile che renderanno chiaramente più sicura la contrattazione con i consorzi da parte dei terzi che, secondo quanto dispone il primo comma dell’art. 2615 cod. civ., per le obbligazioni assunte in nome del consorzio, ma nell’interesse di tutti i consorziati, possono fare affidamento soltanto sul patrimonio del consorzio medesimo.
   In ogni caso, è criticabile il modo con cio il legislatore è intervenuto nella materia. Infatti, se si intendeva disciplinare pubblicità ed adempimenti per tutti i consorzi con attività esterna, sarebbe stato opportuno disporre la modificazione degli artt. 2615 e 2615-bis cod. civ., introducendo, se del caso, come è stato fatto per il sistema complessivo delle società di capitali e cooperative, ad una vera e propria riforma organica.

NOTE

   (1) Rileva, a questo proposito, l’art. 19 della legge 12 agosto 1977 n. 675 che prevede l’intervento finanziario delle Regioni a sostegno dell’attività dei confidi. In generale sui consorzi fidi vedi Cabras, Le garanzie collettive per i finanziamenti delle imprese, Milano, 1986.

   (2) Vedi l’analisi che dell’art. 13 del provvedimento in esame è elaborata da Ghini, in Impresa, 2004, 235 ss.

   (3) Così, ad esempio, i “confidi” sono “i consorzi con attività esterna, società cooperative, società consortili per azioni, a responsabilità limitata o cooperative che svolgono l’attività di garanzia collettiva dei fidi; la “attività di garanzia dei fidi” è, poi, definita come “l’utilizzazione di risorse provenienti in tutto o in parte dalle imprese consorziate o socie per la prestazione mutualistica e imprenditoriale di garanzie volte a favorirne il finanziamento da parte delle banche e degli altri soggetti operanti nel settore finanziario”.

   (4) Così, ad esempio, Cass. sez. I, 16 luglio 1979, n.4130, in Giur. Comm., 1980, 11, 1979 che esplicitamente afferma che “…l’attività nel consorzio non può assorbire e sostituire l’attività dei singoli consorziati”.

   (5) L’opinione secondo cui la causa del consorzio non si limita soltanto agli accordi fra imprese per la restrizione della reciproca concorrenza è tesi che, anche prima della riforma del 1976, già prevaleva. Fra gli altri sostenitori di questa teoria rilevano: Paolucci, I Consorzi in Trattato di Diritto Privato diretto da Rescigno, Torino 420; Frignani, Le nuove norme sui consorzi in Giur. Comm., 1976,1,583; Marasà, Prime Valutazioni sulla nuova normativa in tema di Consorzi, in Riv. Dir. Civ., 1977, II, 524.

   (6) Dottrina e giurisprudenza dominanti negano, comunque, che il consorzio con attività esterna abbia personalità giuridica. Ex multis: Morelli, Il regime della responsabilità patrimoniale dei consorzi ad attività esterna fra istanze di snellezza operativa ed esigenze di tutela dei terzi contraenti, in Foro It., 1980, 1, 1990. In Giurisprudenza: Trib. Milano 29 agosto 1977 in Dir. Fall., 1978 II, 131 e Cass. Sez. I, 9 dicembre 1996, 10956 in Giust. Civ., 1996, 1699. L’opinione in esame si basa essenzialmente sull’assunto che l’attribuzione della personalità debba sempre seguire ad una espressa previsione di legge.

   (7) In tal modo si esprime Marasà, Consorzi e società consortili, 1990, 79 .

   (8) Secondo l’opinione di Sarale, Società di persone e consorzi in Tratt. di dir. comm. diretto da G. Cottino, Padova 2004, 529, lo scopo della disposizione era di garantire la pubblicità di quelle informazioni rilevanti per la tutele dei terzi, sul presupposto che il contenuto del contratto potesse riguardare anche altri aspetti di natura imprenditoriale che le parti potevano avere interesse a tenere riservati. Tali esigenze oggi si possono ritenere superate in quanto i regolamenti contrattuali tendono a non specificare nel dettaglio i caratteri e le modalità dell’attività svolta.

   (9) La norma di cui all’articolo 2435 del codice civile, rimasta pressoché immutata a seguito della riforma societaria attuata con il decreto legislativo 17 gennaio 2003 n. 6, dispone che entro trenta giorni dall’approvazione del bilancio una copia dello stesso deve essere, a cura degli amministratori, deposita presso l’ufficio del registro delle imprese.
   Al secondo comma l’articolo in oggetto stabilisce, per le sole società non quotate in mercato regolamentato, l’obbligo, entro il termine di trenta giorni dall’approvazione del bilancio, di depositare per l’iscrizione nel registro delle imprese, l’elenco dei soci riferito alla data di approvazione del bilancio, con l’indicazione del numero delle azioni possedute nonché dei soggetti diversi dei soci che siano titolari di diritti o beneficiari di vincoli sulle azioni medesime. Tale elenco, precisa la norma in oggetto, dovrà essere corredato dall’indicazione analitica delle annotazioni effettuate nel libro dei soci a partire dalla data di approvazione del bilancio dell’esercizio precedente.

   (10) In verità, alcuni Autori, asserita la natura imprenditoriale del consorzio, ritengono che il rinvio alla disciplina dettata in tema di società per azioni, contenuto nell’art. 2615 bis, induca già di per sé gli amministratori a depositare un vero e proprio bilancio di esercizio, comprensivo del conto profitti e perdite (ossia del conto economico). Tale posizione è sostenuta tra gli altri dal Borgioli, Consorzi e società consortili, in Trattato Cicu-Messineo, 1985, 407 e Mosco, I consorzi tra imprenditori, 1988, 251.

   (11) L’opinione secondo la quale non sarebbe stata necessaria tale approvazione è sostenuta, tra gli altri da Cabras, I consorzi tra imprenditori, in Banche e banchieri, 1977, 130 e da Volpe Putzolu, I consorzi per il coordinamento della produzione e degli scambi, in Trattato Galgano, 1981, 417 ed, in giurisprudenza, dal Trib. Napoli 25 marzo 1991 in Società, 1991, 1241. Contra, Franceschelli, Consorzi, in Commentario Scialoja- Branca, 1992, 197.

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