il diritto commerciale d’oggi
     VIII.2 – luglio-dicembre 2009

STUDÎ & COMMENTI

 

PAOLO SILVESTRO

Le operazioni di fusione e scissione accelerata e l’opposizione di creditori

 

   1. La fusione accelerata [1]
   La norma contenuta nell’art. 2503 cod. civ. ha subito numerosi interventi di restyling sulle modalità ed i termini di opposizione dei creditori [2], al fine di rispondere ad una crescente diffusione delle operazioni societarie di fusione e scissione. L’intento perseguito dal legislatore è quello di agevolare una rapida definizione dei procedimenti di riorganizzazione delle imprese, mantenendo un corretto equilibrio con la tutela dei creditori sociali.
   L’introduzione di una relazione sulla bontà della situazione patrimoniale e finanziaria [3] delle società fondende, nella modifica apportata dalla riforma del diritto societario, produce l’effetto di eliminare la facoltà di opposizione dei creditori [4]. La relazione asseverata da parte di una società di revisione, iscritta nell’albo speciale ex art. 161 t.u.i.f., si sostanzia in una sorta di giudizio universale in cui, in sintesi, si acclara che la solidità delle società partecipanti non richiede garanzie [5] per i creditori in quanto la loro (dei creditori) situazione finanziaria resterà inalterata post-fusione [6].
   Da un punto di vista sostanziale l’effetto che si realizza è di immediata attuazione della fusione che spiega i suoi effetti post delibera, indipendentemente dal decorrere del tempo [7].
   A questa previsione di carattere generale si può ricorrere anche quando non vi sia un concambio di partecipazioni, in quanto la relazione non deve necessariamente essere contenuta all’interno di quella degli esperti: ad essa si può quindi ricorrere anche nella fattispecie di società interamente posseduta [8]. La legge, peraltro, non dice “né dove, né quando” [9], per cui si pone l’ulteriore quesito del momento storico relativo alla sua formazione che, qualora non coeva alla delibera, può intervenire in un momento successivo. Si è affermato che sarebbe preferibile collocarlo a ridosso della esecuzione della fusione, nei sessanta giorni di pendenza delle opposizioni. Il periodo coincide con quello per la loro libera proponibilità, ma, d’altra parte, la sua assunzione è strettamente connessa all’esigenza di anticipare la definizione del procedimento. Ciò significa che mentre si predispone la relazione si può incontrare l’ostacolo di una qualche opposizione e bisogna, quindi, riflettere sul rapporto tra l’effetto impeditivo all’attuazione e la capacità di rimozione propria di questo documento. Quid iuris? Probabilmente se il legislatore ha privilegiato le esigenze di riorganizzazione dell’impresa rispetto a quelle di opposizione, questa sarà caducata anche nel caso in cui la relazione venga formata in sua pendenza, trattandosi di una valutazione generale di tipo economico-finanziario. Da qui discende che, anche in presenza di opposizioni avanti al Tribunale chiamato a decidere sull’autorizzazione per la fusione [10], troverà giustificazione una sua prevalenza. Ricorrono, infatti, quelle eccezioni codicistiche che, indipendentemente dal momento di evenienza, precludono o rimuovono qualsiasi effetto ostativo all’attuazione (art. 2503 ultimo comma cod. civ.). Corollario ne è la tutela del ceto creditizio che si restringe ad un profilo di tipo meramente risarcitorio (art. 2504-quater, ultimo comma, cod. civ.). Questa soluzione trae conforto da quel datato indirizzo giurisprudenziale che aveva ritenuto non esservi più ragione di opposizione, ogniqualvolta la società avesse pagato i creditori opponenti ovvero costituito in deposito presso una banca la somma di denaro necessaria. In tal modo la società dirimeva il giudizio senza bisogno di alcuna pronunzia: l’opposizione, infatti, veniva ad estinguersi per la sopravvenuta mancanza delle condizioni dell’azione [11]. Tale principio, se condiviso per la fusione anticipata, a maggior ragione dovrà ritenersi applicabile alla fusione accelerata. La relazione non ha funzione peculiare verso l’opponente, ma è destinata ad attestare, in generale, la non necessità di garanzie a favore dei creditori nel loro complesso.
   L’esperienza pratica insegna come la decisione di utilizzare le tecniche di fusione anticipata e accelerata non sia normalmente contemporanea all’assunzione della delibera [12], ma rappresenta una scelta discrezionale degli amministratori, da spendere nel periodo che intercorre tra la delibera e l’atto di fusione [13] al fine di non travalicare il termine ultimo prefissato per la convenienza dell’operazione.
   La velocità delle due opzioni [14], soprattutto di quella “accelerata”, comprime a tal punto la difesa dei creditori nel sistema positivo, da far sorgere un serio dubbio sulla permanenza di un valido strumento di tutela [15].
   Tale considerazione, peraltro, deve essere circoscritta alle sole ipotesi di fusione e scissione, in quanto, con la riforma, lo strumento dell’opposizione è stato esteso alla riduzione del capitale in caso di recesso del socio (artt. 2437-quater e 2473 cod. civ.), ai patrimoni destinati (art. 2447 quater cod. civ.), alla revoca dello stato di liquidazione (art. 2487 ter cod. civ.) ed alla trasformazione eterogenea (art. 2500 novies cod. civ.) [16]. Per queste fattispecie, però, non è stata introdotta la previsione della accelerata, ma soltanto una ridotta tecnica di anticipata, legata al mero consenso o al pagamento dei creditori [17] e circoscritta alle situazioni di cui agli artt. 2487-ter cod. civ. e 2500-novies cod. civ. .
   Una provocazione sui tempi di esecuzione per una fusione accelerata potrebbe far sì che:
   1) oggi l’organo amministrativo approva il progetto;
   2) domani si iscrive assumendo la relativa delibera;
   3) il giorno dopo si iscrive la delibera;
   4) il giorno successivo si conclude il procedimento con l’atto di fusione che, grazie al supporto della relazione della società di revisione, ottiene una immediata iscrizione.
   Il creditore dovrebbe essere veramente accorto non tanto per sapere di non avere il presupposto di opporsi, quanto soltanto per poter percepire un’operazione societaria che è caratterizzata da un lasso di tempo così esiguo [18] da mettere in crisi la sua stessa informazione.
   Va notato come nell’ambito delle ristrutturazioni si accentui sempre più il fenomeno della separazione degli assets proprio di un aspetto divisionale, che si traduce in una maggior frequenza di operazioni di scissione rispetto a quelle di fusione.

2 - I termini speciali per l’opposizione dei creditori
   Tutto l’iter legale del procedimento di fusione e scissione, sia nei termini che nei documenti di accompagnamento, risulta ad una prima lettura molto rigoroso, ma è altrettanto facilmente derogabile per la gamma di opzioni offerte ai soci [19]. Il sistema prevede la disponibilità per la maggior parte degli adempimenti che sono a tutela degli interessi interni, e la inderogabilità per la disciplina disposta nell’interesse dei terzi e dei creditori in particolare, che fondano nella opposizione [20] il loro storico strumento di difesa.
   Nella prassi societaria, ove ne sussistano i presupposti, il ricorso alla procedura semplificata (art. 2505, comma 1, cod. civ.) e all’elisione dei termini (2501-ter, ult. comma, cod. civ.) rappresenta la costante per un “rush” temporale suscettibile di una ulteriore riduzione. Depongono in tal senso le eccezioni al termine di sessanta giorni per la opposizione dei creditori nelle operazioni di fusione/scissione che possono così sintetizzarsi [21]:
   a) “trenta giorni” se, ai sensi dell’art. 2505-quater cod. civ., non partecipano società con capitale rappresentato da azioni e, precisamente, società regolate dai capi V e VI del titolo V del codice civile (società per azioni e società in accomandita per azioni) e società cooperative per azioni;
   b) “un mese” se partecipano società controllate dallo Stato ai sensi dell’art. 2359 cod. civ., purché derivino società parimenti controllate (art. 1 del d.l. n. 350 del 10 settembre 1993, convertito nella 8 novembre 1993 n.442);
   c) “un mese” se partecipano società o gruppi societari partecipati dallo Stato, o da enti pubblici e loro controllate, qualora l’operazione sia funzionale alla cessione a soggetti privati delle partecipazioni facenti capo allo Stato o agli enti pubblici (art. 10, lett. d), del d.l. n. 332 del 31 maggio1994, convertito nella legge 30 luglio 1994 n.474) [22];
   d) “quindici giorni” se partecipano istituti bancari (art. 57, comma 3, del d. l.vo n. 385 del 1993 [23].
   L’opposizione, invece, non potrà essere attivata:
   1) se sussistono le condizioni indicate dalla prima parte dell’art. 2503 cod. civ., e cioè il consenso dei creditori [24], il pagamento di quelli non consenzienti e/o il deposito delle somme necessarie per detti pagamenti presso un istituto di credito [25] (cd. “fusione/scissione anticipata”) [26];
   2) se, ai sensi dell’art. 2503, comma primo, ultimo inciso, cod. civ. la relazione degli esperti di cui all’art. 2501-sexies cod. civ. sia redatta da un’unica società di revisione e contenga una asseverazione per cui la situazione patrimoniale e finanziaria delle società coinvolte è tale da non richiedere garanzie a tutela dei creditori (cd. “fusione/scissione accelerata”).
   Nelle ipotesi citate ai punti 1) e 2) quand’anche l’opposizione fosse presentata decadrebbe [27] e la fusione si attua subito dopo l’iscrizione della fusione, in tempi diversi:
   a) nel caso di “anticipata” bisognerà attendere una verifica formale da parte del Registro delle Imprese [28];
   b) nel caso di “accelerata” la fusione sarà immediatamente operativa senza alcun tipo di controllo.
   Come testé affermato, queste tecniche privilegiate di esecuzione, nel momento in cui intervengono, superano e azzerano la eventuale concomitante presenza di opposizioni dei creditori ai quali è assicurata una tutela di tipo meramente risarcitorio.
   La disciplina codicistica riceve una integrazione dalla legislazione specialistica che amplia la gamma di compressione dei termini di opposizione. La scelta del legislatore è legata a motivazioni risalenti al “tipo” delle società coinvolte, ai “soggetti” che ad esse partecipano in qualità di soci e alle “finalità” dell’operazione. La presunzione che le dimensioni societarie siano ridotte, nelle società il cui capitale non è rappresentato da azioni, legittima un termine di trenta giorni, che diviene, poi, di quindici o di un mese, rispettivamente, nei casi di operazioni di società bancarie o società controllate/partecipate dallo Stato, in cui la garanzia è rafforzata dalla consistenza patrimoniale delle società direttamente o indirettamente coinvolte. Per le società bancarie, inoltre, i poteri di controllo e di autorizzazione riconosciuti alla Banca d’Italia sono tali da assicurare una adeguata protezione dei creditori [29]. Nel sistema esiste una modulazione temporale che tende sempre più a ridursi quanto più è elevato il grado di affidabilità soggettiva. Dimostrazione ne sono le società controllate dallo Stato già concessionarie di pubblici servizi (ANAS S.p.A., Ferrovie dello Stato S.p.A., Enel S.p.a e Poste Italiane S.p.A.) trasformate in imprese di diritto privato, ma tutt’ora soggette a pubblico controllo in quanto il Ministero dell’Economia ne è il socio unico o di maggioranza [30]. In questa prospettiva il termine di opposizione scende ad un mese quando vi è una situazione di controllo (diretto o indiretto) di tipo pubblico, mentre, qualora lo Stato detenga una partecipazione non rilevante, la riduzione del termine è condizionata altresì alla dismissione delle partecipazioni. Con riferimento al termine mensile, la sovrapposizione normativa tra fattispecie similari è stigmatizzata nel dossier per l’Assemblea della Camera dei Deputati n. 4, il cui commento all’art.10 del d.l. 332/1994 che, nel cogliere la distinzione, recita testualmente: «Si segnala che una norma dal contenuto identico è prevista dall’art. 1 del d.l. 10 settembre 1993, n.350, conv. dalla l. n. 442/1993. La disposizione del d.l. n. 350/1993 riguarda per altro in genere le fusioni riguardanti società controllate dallo stato indipendentemente dal fatto che tali atti siano finalizzati alle procedure di cessione dei relativi titoli azionari».
   L’art. 2 del citato d.l. n. 350 del 1993 prevede, poi, che la «scissione, anche parziale, di società interamente possedute dallo Stato e da cui risultino società controllate dallo Stato ai sensi dell’art. 2359 del codice civile è attuata nonostante l’opposizione dei creditori». Tale principio costituisce una delle prime esemplificazioni di subordinazione della opposizione creditizia alle esigenze di impresa. In questo caso, ove il Tribunale disponga la prestazione di una idonea garanzia, il Ministero del Tesoro è ammesso a prestare la garanzia dello Stato. Non si comprende perchè tale possibilità sia stata ipotizzata espressamente per il solo caso di scissione e non anche per la fusione, ciò, soprattutto, ove si consideri la ratio affine degli istituti ed il fatto che la scissione mutua gran parte della propria disciplina da quella di fusione. Trattasi, probabilmente, di “dimenticanza”.
   La previsione di termini eterogenei nei casi particolari sopra elencati non incide sul dies a quo fissato dal legislatore, il quale è comune a tutte le fattispecie e coincide con la previsione normativa dell’art. 2502-bis cod. civ. Il periodo di quiescenza per l’esecuzione dell’operazione ed il correlativo momento utile per l’esercizio dell’opposizione decorrono dall’ultima delle iscrizioni della delibera di fusione presso il competente Registro delle Imprese.
   Da tal data si determina, inoltre, la decorrenza per la impugnazione delle delibere assembleari, se soggette a iscrizione, e per l’esercizio del diritto di recesso, se il fatto che lo legittima è una deliberazione.

3. L’incidenza della natura giuridica dell’atto di opposizione sul procedimento di fusione e di scissione
   L’art. 1 della l. n. 742 del 1969 recita «Il decorso dei termini processuali relativi alle giurisdizioni ordinarie ed a quelle amministrative è sospeso di diritto dal 1° agosto al 15 settembre di ciascun anno, e riprende a decorrere dalla fine del periodo di sospensione. Ove il decorso abbia inizio durante il periodo di sospensione, l’inizio stesso è differito alla fine di detto periodo [...]».
   Ove si ritenga che l’atto di opposizione debba rivestire forma giudiziale, l’operazione subirà un procrastinarsi della durata per la sospensione feriale relativa alla giurisdizione ordinaria; qualora, invece, si ritenga sufficiente una semplice dichiarazione indirizzata alla società, non se ne dovrà tener conto [31]. La dibattuta natura giuridica dell’atto di opposizione, per la sua discussa proponibilità mediante citazione in giudizio ovvero con atto stragiudiziale [32], condiziona il decorso temporale del procedimento.
   La soppressione del rito societario rende problematico addivenire ad una conclusione sicura. Se, infatti, con la sua originaria introduzione ad opera del d. l.vo n. 5 del 2003 sembrava esservi ampio spazio per accogliere entrambe le opzioni, a seguito della riforma del processo civile, operata con la legge n. 69 del 18 giugno 2009 (che ha quasi interamente abrogato il rito societario, oltre ad aver modificato il codice di procedura civile e molti dei procedimenti disciplinati da leggi speciali) [33], ha recuperato definitivamente fondamento la tesi della natura giudiziale dell’opposizione.
   Altrettanto fondati appaiono gli argomenti in favore della stragiudizialità, in quanto è sufficiente fare richiamo al principio generale della libertà della forma degli atti giuridici [34]. La semplificazione della disciplina che si muove in un contesto di celerità, mal si concilia con le lungaggini derivanti dalla sospensione feriale dei termini [35]. Durante tale periodo, peraltro, il creditore potrebbe comunque opporsi in via irrituale con atto comunicato alla società, che a sua volta potrebbe richiedere all’autorità giudiziaria un provvedimento d’urgenza di natura cautelare al fine di eseguire la fusione [36]. In considerazione di ciò e per maggior garanzia, sarebbe opportuno procedere ad una revisione della disciplina delle opposizioni anche per quanto attiene gli uffici destinatari della loro ricezione. Le opposizioni di tipo societario, se indirizzate anche al Registro delle Imprese (secondo modulistica da definire), potrebbero assicurare un riscontro più puntuale che sarebbe accertabile in modo da risolvere uno oggettivo stato di incerta difficoltà, mediante una visura camerale.
   La discussa natura giuridica si riflette, altresì, sul come documentare nell’atto di fusione la non intervenuta opposizione da parte dei creditori sociali.
   È chiaro che, l’adesione alla tesi giudiziale, rende esaustiva una certificazione del Tribunale competente; se, invece, si opta per la tesi stragiudiziale, occorrerà una dichiarazione liberatoria da parte degli amministratori [37].
   È stato osservato [38] che in prossimità della scadenza potrebbero essere state proposte delle opposizioni non acclarate, in quanto intervenute nei dieci giorni successivi alla scadenza del termine legale per cause non ancora iscritte al ruolo, così come consentito dall’art. 165 c.p.c.. Da esperienza pratica non sembra che il Tribunale [39] abbia mai rilasciato certificazioni se non decorsi gli ulteriori dieci giorni per le iscrizioni delle cause a ruolo.
   Nei risvolti pratici [40] è auspicabile una certificazione da parte del Tribunale di competenza, rispetto alla quale le attestazioni dei legali rappresentanti, corroborate da una verifica interna presso le società coinvolte [41], rappresentano una giusta integrazione e una naturale alternativa di completamento a carattere sussidiario. Peraltro le Cancellerie, per rilasciare la certificazione, oltre al citato decorso di ulteriori dieci giorni ex art. 165 cod. proc. civ. risentono, talvolta, di uno stato di arretratezza che rende problematico acquisire il documento in tempi solleciti. In caso di impossibilità o di estremo ritardo e durante il periodo di sospensione feriale, la attestazione resa dagli amministratori intervenuti dovrà ritenersi comunque valida ed efficace. Questo per porre riparo anche a quei rischi di ritardata definizione che coincidono o con il periodo feriale o con la chiusura dell’anno solare. Non si può pensare di vanificare lo scopo del legislatore di accelerare i processi di riorganizzazione societaria perchè il loro tempo di definizione muta in dipendenza della stagionalità. La definizione non può dipendere da un tempo oscillante rispetto ai mesi di riferimento: i mesi e i giorni sono tutti uguali. In conclusione, non possono essere le ferie estive o le festività natalizie a determinare uno stato di incerta insicurezza che si traduca anche in un “countdown” spasmodico per quelle operazioni, che debbono essere perfezionate entro il 31 dicembre [42]. Vero è che il tempo assume un ruolo decisivo sulla opportunità di conclusione.

4. La fusione/scissione ante diem
   Di impulso sarei orientato per una irricevibilità dell’atto di fusione prima della scadenza del termine legale in linea con l’opinione di chi, richiamando la Relazione Ministeriale al d. l. vo 22/1991, ritiene tale situazione inammissibile [43]. Il condizionale è d’obbligo perchè sia la dottrina prevalente che la Suprema Corte ne sostengono la legittimità [44] precisando che si ha un effetto sospensivo “finché il termine fissato dalla legge nell’interesse dei creditori come requisito legale di efficacia, non sia decorso” [45].
   Il vantaggio di una fusione eseguita ante diem, condizionata sospensivamente alla mancata opposizione, risiede esclusivamente nell’effetto ostativo alla revoca delle delibere di fusione [46].
   Vi sono da considerare le perplessità di poter rogare un atto pubblico di fusione prima della scadenza del termine da parte di un Notaro della Repubblica Italiana [47]: al di fuori delle eccezioni codicistiche di fusione anticipata e accelerata e di quelle previste da leggi speciali, infatti, non è possibile avvalorare una riduzione dei termini.
   Il ricevimento dell’atto ante diem va confortato da una interpretazione estensiva dell’art. 2504-quater cod. civ. [48] anche alle situazioni di inefficacia, sebbene su questo non ci sia un idem sentire [49]. Secondo alcuni autori il richiamo all’art. 2504-quater cod. civ., per l’ipotesi di stipulazione ante diem, risulterebbe improprio poichè tale disposizione regola espressamente la sola l’ipotesi di “invalidità” dell’atto, ma non assorbe quella di “inefficacia” in quanto previsione di carattere eccezionale non suscettibile di applicazione analogica [50]. Decorso il termine, peraltro, l’iscrizione sanerebbe la situazione.
   Al contrario, autorevole dottrina [51] muovendo dalle descritte esigenze di stabilità degli effetti giuridici e di conservazione degli atti societari, offre una diversa lettura della norma e ne estende l’applicazione anche a quei vizi che riguardano l’efficacia della fusione [52]. Questo è l’orientamento della giurisprudenza del Tribunale di Milano [53] che ha sancito la sanabilità di ogni ipotesi di vizio dell’atto con l’iscrizione, inclusa l’inefficacia. Lo scopo del legislatore è quello di assicurare la prevalenza della stabilità dei rapporti economici in ragione di un più equo contemperamento degli interessi sottesi [54]. Ciò non è in ragione di sacrificare le esigenze del ceto creditizio [55], ma di surrogare la garanzia della sospensione della fusione (di cui all’art. 2445, ultimo comma, cod. civ.) [56] col diritto al risarcimento del danno (art. 2504-quater, secondo comma, cod. civ.), mediante una conversione della tutela da reale in obbligatoria. Detto riconoscimento è di pertinenza del solo creditore opponente e non anche di tutto il ceto creditizio, dato il carattere personale dell’opposizione [57].
   Se ci si attiene all’orientamento prevalente il Notaio, richiesto dalla Società. potrà ricevere l’atto ante diem avendo previamente edotto gli amministratori sulle responsabilità loro derivanti dall’art. 2629 cod. civ. [58].
   Si dovrà poi decidere come gestire i profili di criticità gestionali con il Registro delle Imprese. Questo perchè, essendo ancora pendente il termine per proporre opposizione, l’atto risulterebbe carente di una certificazione del Tribunale o di una attestazione degli amministratori sul mancato intervento di opposizioni. L’adempimento dell’iscrizione (testualmente deposito per l’iscrizione) andrebbe necessariamente integrato dal Notaio o dagli stessi amministratori [59] una volta decorso il termine legale.
   Se si deve ritenere l’atto immediatamente iscrivibile, è certo che sia improduttivo di effetti fin quando non sia decorso il termine ordinario senza l’intervento di opposizioni [60]. È evidente, altresì, come l’impossibilità tecnica di evidenziare la temporanea “inefficacia” dell’atto iscritto potrebbe generare un vulnus nella tutela dell’affidamento dei terzi, i quali non potrebbero venire a conoscenza della temporanea inefficacia. La situazione non cambia nel caso in cui l’atto di fusione venga sospensivamente condizionato alla mancata opposizione dei creditori, poichè le attuali tecniche pubblicitarie non consentono di darne evidenza, e, pertanto, laddove l’atto sia immediatamente iscritto, si finisce col rimettere ai terzi l’onere di verificare l’eventuale futuro avveramento della condizione.
   Non si può nemmeno sostenere che l’atto ante diem possa essere solo depositato per poi essere iscritto una volta decorso il termine senza che vi siano state opposizioni secondo la lettera del codice (cfr. artt. 2502-bis e 2504 cod. civ.), perchè l’attuale sistema informatico non consente di distinguere fra i due momenti del deposito e dell’iscrizione [61]. L’iniziale inefficacia per l’atto di fusione verrebbe sanata con la sua iscrizione [62] soggetta a termine legale e alla condizione dell’inesistenza di opposizioni.
   Bisogna, dunque, considerare l’atto di fusione iscritto ante diem in una situazione analoga a quella che si genera con la postdatazione degli effetti ex art. 2504-bis cod. civ. [63]. La differenza tra le due fattispecie è che per l’ante diem non sarebbe possibile darne pubblicità, in quanto frutto di una mera interpretazione e non oggetto di previsione normativa.
   Il sistema informatico, purtroppo, non è dotato di quella elasticità che richiede la continua evoluzione delle vicende societarie.
   Queste conclusioni trovano conferma negli orientamenti dei Conservatori dei Registri delle Imprese della Lombardia) [64]. E, infatti, nella massima n. 6 sulla “Procedura di deposito ed iscrizione di delibere di società di capitali adottate sotto condizione sospensiva” si legge che il deposito di atti con effetti differiti al verificarsi di condizioni previste dalla legge, deve avvenire entro trenta giorni e riportare le eventuali modifiche solo nel quadro note, con la specificazione, nello stesso quadro, che l’efficacia delle stesse è subordinata all’evento stabilito dalla legge. Verificatasi la condizione legale, per concludere il procedimento sarà necessario depositare un ulteriore modello [65] che riporti negli specifici quadri le modifiche divenute efficaci [66], indicando, nel quadro note, il riferimento al deposito originario e la dichiarazione che si è verificato l’evento condizionante, allegando altresì il certificato di non opposizione rilasciato dal Tribunale competente ovvero la dichiarazione sostitutiva sottoscritta dal rappresentante della società resa ai sensi e per gli effetti del D.P.R. 445/2000 [67].

 

Note
   

   [1] Denominiamo "fusione/scissione accelerata" quelle fattispecie previste dall’ultima parte del primo comma dell’art. 2503 cod. civ. e dal richiamo dell’art. 2506 ter cod. civ. laddove si prevede che ai creditori non spetta il diritto di opposizione. Detta definizione trae il suo spunto dalle rubriche del d.l. n. 350 del 10 settembre 1993 (convertito in l. 8 novembre 1993, n. 442) e del d. l. 332 del 31 maggio 1994 (convertito in l. 30 luglio 1994, n. 474) che regolano, per l’appunto, l’accelerazione” delle procedure di dismissione delle partecipazioni pubbliche per i casi di fusione e scissione di società per azioni.
   Lo scopo di questo lavoro è quello di offrire un quadro sintetico sulla riduzione dei termini per l’opposizione nei procedimenti di fusione e scissione, fatte salve le eccezioni nel testo.
   Da questo punto in poi tutti i richiami al termine fusione debbono intendersi automaticamente estesi alla scissione.

   [2] Con la riforma del diritto societario, il legislatore, da un lato, ha precisato che il termine per l’opposizione è di “sessanta giorni” a decorrere “dall’ultima delle iscrizioni previste dall’art. 2502 bis cod. civ.”, dall’altro ha aggiunto una ulteriore ipotesi di deroga che azzera totalmente l’esercizio dell’opposizione.
Prima della citata riforma il legislatore era intervenuto sulla norma in commento con il D. Lgs. 22 del 1991 provvedendo a ridurre il termine da tre a due mesi e a limitare la tutela offerta dalla norma ai soli creditori anteriori alla iscrizione.

   [3] L’esperto non deve limitarsi a considerare gli effetti patrimoniali della fusione, ma deve anche guardare, in un’ottica più ampia, all’incidenza che la fusione può avere sull’equilibrio finanziario e su quello economico delle società coinvolte: egli deve, in particolare, considerare la “posizione finanziaria netta” , così testualmente S. CACCHI PESSANI, Opposizione dei creditori in Trasformazione – Fusione – Scissione a cura di L. A. BIANCHI, Commentario alla Riforma delle società, Milano, 2006, pag. 749.

   [4] Giustamente G. SCOGNAMIGLIO, in Le scissioni, in Trattato delle società per azioni diretto da G.E. Colombo e G.B. Portale, 2004, 7.2, pag. 439, osserva che in taluni casi eccezionali il diritto di opposizione “non spetta” , non si attiva proprio.

   [5] Sul punto F. MAGLIULO, La fusione delle società, Ipsoa, pag. 248 e S. CACCHI PESSANI, op. cit., pag. 750 e 751 che sostanzia il contenuto della relazione in una dichiarazione meramente negativa sulla insussistenza di garanzie.

   [6] Probabilmente la non indifferente responsabilità che si pone sulle società di revisione ne ha determinato una ristretta diffusione pratica (un precedente isolato è riportato nella nota che segue). Sotto il profilo penale la responsabilità degli esperti è regolata dall’art. 64 c.p.c., ferma restando la ulteriore perseguibilità per concorso con gli amministratori nei relativi reati; dal punto di vista civilistico, invece, si discute se la responsabilità sia di natura contrattuale (tesi prevalente) per violazione dell’obbligo di imparzialità nei confronti delle società partecipanti o se sia, piuttosto, di carattere extracontrattuale. Sul punto cfr. S. CACCHI PESSANI, op.cit., pag. 753.

   [7] L’efficacia della fusione accelerata coincide con il momento in cui ha efficacia l’atto di fusione una volta perfezionato il deposito, “in quanto non è necessario attendere il periodo ordinario previsto dalla legge” così come si legge in uno dei pochi precedenti in materia (rogito del Notaio Giuseppe Ramondelli di Roma del 12 novembre 2008, iscritto presso la C.C.I.A.A. di Roma in data 21 novembre 2008).

   [8] Nel senso del testo e nel senso della applicabilità anche al caso di società interamente posseduta S. CACCHI PESSANI op.cit., 748, F. MAGLIULO, La fusione delle società, Ipsoa, pag. 247 e Massima n. 60, in Le Massime del Consiglio Notarile di Milano, Ipsoa, in cui si precisa che i compiti assegnati dalle citate norme all’esperto sono indipendenti da un giudizio di congruità sul rapporto di cambio.

   [9] Così testualmente S. CACCHI PESSANI, op.cit., pag. 751, in realtà la relazione potrebbe essere stata resa prima, ma essa gode di una sua naturale indipendenza.

   [10] Così SANTAGATA, Fusione nelle more del giudizio di opposizione , op. cit., pag. 507, nota 66. Contra S. CACCHI PESSANI, op. cit., p. 751, che ritiene possa solo costituire un eventuale sostegno per la domanda della società resistente ai fini dell’autorizzazione per l’operazione, ma non possa avere funzione surrogatoria, perchè se interviene un’opposizione, scatta automaticamente la competenza del tribunale ex art. 2445, ultimo comma, cod. civ. . Ma, se così fosse, ritengo che non si potrebbe sostenere che la relazione può essere formata nei sessanta giorni di pendenza dell’opposizione, in quanto quest’ultima ne rappresenta il motivo di preclusione, se poi formata nei termini diventa soccombente.

   [11] Così Tribunale di Prato, 4 novembre 1987, in Le Società, 1988, pag. 263 con nota di SANTAGATA, nonchè Appello Milano, 9 maggio 1970, in Riv. Dir. Comm., 1972, II, pag. 218 che riformava la sentenza di primo grado del tribunale milano 27 marzo 1969, in Riv. Dir. Comm., 1969, II, pag. 198. Se la società in pendenza di opposizione paga il creditore o deposita la somma, il giudizio di opposizione non ha ragione di esistere. Così espressamente F. MAGLIULO, op. cit., pag. 238.

   [12] Queste opportunità possono opportunamente costituire oggetto di previsione nella delibera, rimesso all’apprezzamento degli Amministratori per la attuazione della fase esecutiva.

   [13] Altra possibile è quella di stabilire una data successiva per gli effetti, nella fusione per incorporazione ex art. 2504 bis, comma 2, cod. civ.

   [14] Si esprime in termini di «ulteriori ipotesi di esecuzione anticipata della fusione» S. CACCHI PESSANI, op.cit., pag. 747, che noi riferiamo invece come accelerata per una ragione di distinzione.

   [15] In realtà sembra che ne sia stata decretata la fine.
Nella Relazione al d.lgs. 17 gennaio 2003 n. 6 si illustrano le novità apportate alla disciplina dell’opposizione con la volontà di “trovare un migliore contemperamento tra l’esigenza di celerità del procedimento di fusione e quella di tutela dei creditori sociali.” Questo con riferimento a fusione e scissione.
Per una chiara e ampia disamina dei soggetti legittimati a proporre opposizione vedasi G. CABRAS, Le opposizioni dei creditori nel diritto delle società, Quaderni di giurisprudenza commerciale, 11, Giuffrè, 1978, pag. 70 e ss. e S. CACCHI PESSANI, op.cit., pag. 723 e ss.

   [16] Così F. MAGLIULO, op. cit., pag. 227 e 228.

   [17] Non è prevista la possibilità di ricorrere al deposito delle somme, come per la fusione.

   [18] Un arco di 4 -5 giorni in cui si deve presupporre un costante collegamento col Registro delle Imprese ed un relativo attento monitoraggio.

   [19] L’art. 2506 ter , quarto comma, cod. civ. è facilitazione dettata in tema di scissione che riteniamo applicabile anche alla fusione. Anche la relazione sulla congruità del rapporto di cambio sta per diventare opzionale, se sussiste il consenso unanime dei soci a seguito del recepimento della Direttiva 2007/63 CE.

   [20] La ratio dell’istituto è nella tutela dell’interesse dei creditori alla conservazione della garanzia patrimoniale, così G. CABRAS, op.cit., pagg. 2-3. Secondo altra opinione l’opposizione tutela la regolare esecuzione del contratto e, dunque ha funzione di garanzia commerciale; in questo senso G. TANTINI, Trasformazione e fusione delle società, in Trattato Galgano, vol. VIII, Bologna, 1985, p. 329, SANTAGATA, Le fusioni, Trattato delle società per azioni diretto da G.E. Colombo e G.B. Portale, VII-I, 2004, pag. 522; S. CACCHI PESSANI, op.cit., pag. 749.

   [21] Si noti che con il d.vo 22 del 1991 è stata abrogata la L. 1472 del 1942 ove si consentiva di ridurre fino a quindici giorni il termine di sospensione dell’attuazione della fusione o della scissione quando vi fossero stati motivi di pubblico interesse.

   [22] Queste ultime due ipotesi, pur essendo apparentemente simili, si distinguono sotto due aspetti. Da un lato, sotto il profilo soggettivo, l’art. 1 del d.l. n. 350 del 1993 prevede la riduzione del termine per l’opposizione ad un mese nel solo caso di “controllo” societario (art. 2359 cod. civ.) da parte dello “Stato”, mentre il d.l. n. 332 del 1994 la prevede in generale nei casi di “partecipazione” (non necessariamente di controllo) da parte “dello Stato o degli enti pubblici”. Sotto il profilo applicativo, poi, mentre il d.l. n. 350 del 1993 non prevede alcuna limitazione, il d.l. n. 332 del 1994 circoscrive l’applicazione del decreto, e la conseguente limitazione temporale, alla sola ipotesi in cui l’operazione sia strumentale alla dismissioni di partecipazioni pubbliche.

   [23] Sulla base della formulazione letterale della norma richiamata, la prevalente dottrina, il cui assunto si può condividere, ritiene che il termine ridotto di 15 giorni operi non solo nel caso in cui tutte le società coinvolte nella operazione siano banche, ma anche nell’ipotesi in cui una delle società partecipanti non sia bancaria purchè, in questo caso, la società incorporante o di nuova costituzione sia una banca (MAUGERI, in Fusioni e scissioni di società per azioni bancarie, in Banca, Borsa, Titoli di credito, 1998, I, pag. 27 e ss.; G. SCOGNAMIGLIO, op. cit. , pag. 440, nota 65).

   [24] Si ritiene generalmente che il consenso possa essere anche non formale, anche se, esigenze di certezza consiglierebbero il ricorso ad una scrittura privata autenticata.
Nel caso di fusione anticipata va precisato che i creditori risultanti dalla situazione patrimoniale di riferimento di cui all’art. 2501 quater cod. civ. (che sono quelli che, evidentemente, vantano diritti nei confronti della società sino a quel momento) potrebbero non corrispondere a (tutti) quelli da garantire (che sono quelli anteriori alla iscrizione del progetto di fusione/scissione legittimati, perciò, all’esercizio del diritto di opposizione): poichè, pertanto, i soggetti legittimati all’opposizione devono coincidere con quelli il cui assenso o il cui pagamento permette l’anticipata esecuzione della delibera, è opportuno che gli amministratori redigano una “situazione contabile di raccordo” nella quale si dia atto delle posizioni creditorie effettivamente sussistenti al momento della iscrizione del progetto di fusione/scissione. Detta situazione andrebbe esibita al Registro delle Imprese unitamente alla documentazione a corredo prevista per le operazioni anticipate.

   [25] Il deposito delle somme deve essere provato mediante una attestazione rilasciata dall’istituto di credito; esso deve restare vincolato fin quando non siano scaduti i termini per l’opposizione: è opinione accreditata e recepita dai Registri delle Imprese che il deposito possa essere sostituito da una fideiussione bancaria a prima richiesta, indirettamente argomentando che quanto previsto dall’ultimo comma dell’art. 2445 cod. civ. Nel caso di opposizione da parte di uno o più creditori e nel caso in cui il deposito non venga sostituito da altra garanzia ritenuta idonea, il giudice può ordinare che lo stesso sia prorogato sino alla conclusione del giudizio circa l’opposizione.

   [26] Per una più compiuta disamina sulle modalità operative della fusione anticipata si veda P. SILVESTRO, La fusione anticipata, in Rivista del diritto commerciale e del diritto generale delle obbligazioni, Piccin Nuova Libraria S.p.a., 1999; S. CACCHI PESSANI, op. cit., pag. 743 e ss. e F. MAGLIULO, op. cit., pag. 241 e ss.

   [27] Questa è una mia idea, in linea con la giurisprudenza del Tribunale di Prato e della corte d’Appello di Milano, nonchè sopra citate, e con il pensiero sopra espresso per cui la relazione determina la caducazione delle opposizioni presentate (così SANTAGATA, in nota 11). Contra S. CACCHI PESSANI, op.cit., pag. 751) il quale ritiene che l’opposizione, una volta presentata, sposti sul Tribunale la valutazione del possibile pregiudizio per i creditori, non avendo la relazione funzione sostitutiva.

   [28] Su tutta la documentazione di supporto (pagamenti, consensi ecc...), tenuto anche conto delle varizioni intervenute evidenziate nella situazione contabile di raccordo di cui alla precedente nota 24.

   [29] L’art. 57 del t.u.b., infatti, prevede espressamente che “non si può dare corso all’iscrizione nel registro delle imprese del progetto di fusione o di scissione e della deliberazione assembleare che abbia apportato modifiche al relativo progetto se non consti l’autorizzazione” della Banca d’Italia. Detta autorizzazione viene rilasciata dalla Banca d’Italia quando l’operazione non contrasti con il criterio di una “sana e prudente gestione” (comma 1).

   [30] In particolare, lo Stato risulta socio unico nelle prime tre Società indicate, socio di maggioranza nella quarta.

   [31] Con riguardo alla disciplina processuale della opposizione va segnalata la ricostruzione del Consiglio Notarile di Milano il quale, nella la Massima n. 62, ritiene che il Notaio rogante possa legittimamente ricevere l’atto di fusione/scissione e depositarlo presso il competente Registro delle Imprese, “pur non essendo trascorso l’ulteriore periodo di cui il termine per l’opposizione dei creditori sarebbe maggiorato in caso di applicazione della sospensione feriale” e, dunque, una volta decorsi sessanta giorni dall’iscrizione dell’ultima delle decisioni in ordine alla fusione/scissione.

   [32] Fra i sostenitori della natura stragiudiziale PROTO PISANI, L’opposizione dei creditori nel nuovo diritto e processo societario, in Foro it., 2004, V, p. 53, secondo il quale gli artt. 30 e ss. del d. l.vo n. 5 del 2003 andrebbero a confermare la natura stragiudiziale dell’opposizione: la disciplina ivi prevista, infatti, regolerebbe l’unico momento giudiziale cui l’opposizione (proposta in via stragiudiziale) può dar luogo e cioè l’istanza della società volta ad ottenere l’autorizzazione all’attuazione della operazione, sulla quale il tribunale decide in camera di consiglio con decreto. In questa prospettiva, il giudizio di opposizione non avrebbe ad oggetto l’accertamento della fondatezza dell’opposizione, ma la valutazione circa la congruità della garanzia che la società deve prestare e, incidentalmente, la verifica della legittimazione dell’opponente. Detto giudizio, secondo una parte della dottrina, avrebbe “carattere preventivo e cautelare”.
Fra i sostenitori della natura giudiziale vi sono due principali orientamenti:
1) secondo una prima ricostruzione, cui ha aderito la giurisprudenza nei suoi primi interventi, l’opposizione, anche dopo la riforma, dovrebbe proporsi con atto di citazione e darebbe luogo, di conseguenza, ad un ordinario giudizio di cognizione. Per contro le “istanze di cui all’art. 2503, secondo comma” cui fa riferimento l’art. 33 del d. l.vo n. 5 del 2003 sarebbero quelle promosse dalla società e volte ad ottenere l’autorizzazione all’esecuzione della fusione/scissione, sulle quali decide con decreto il Tribunale in composizione collegiale, nell’ambito di un procedimento camerale. Così, fra tanti, FERRI, La disciplina dei procedimenti in camera di consiglio, in Riv. dir. Proc., 2003, p. 668 e MISEROCCHI, La fusione, in Il nuovo ordinamento delle società, AA. VV., Milano, 2004, p. 375;
2) secondo una diversa ricostruzione il procedimento camerale di cui agli artt. 30 e ss. d. l.vo n. 5 del 2003 si applicherebbe sia alla domanda di opposizione presentata dai creditori che all’istanza di autorizzazione promossa dalla società resistente: l’autorizzazione all’operazione verrebbe, pertanto, decisa incidentalmente con decreto nell’ambito di un procedimento camerale.

   [33] Con particolare riferimento al rito societario il legislatore ha stabilito all’art. 54, commi 5 e 6 della L. n. 69 del 18 giugno 2009 recanti le “Norme per lo sviluppo economico, la semplificazione , la competitività nonchè in materia di processo civile” Approvato definitivamente dall’Aula il 26 maggio 2009, che “Gli articoli da 1 a 33, 41, comma 1, e 42 del decreto legislativo 17 gennaio 2003, n. 5, sono abrogati. Gli articoli da 1 a 33, 41, comma 1, e 42 del decreto legislativo 17 gennaio 2003, continuano ad applicarsi alle controversia pendenti alla data di entrata in vigore della presente legge.” Non risultano, invece, abrogati, il titolo V (articoli 34 – 37), il Titolo VI (articoli 38 – 40) e l’articolo 41, comma 2, d. l.vo n. 5 del 2003. Ne consegue che restano in vigore le norme che disciplinano il cd. arbitrato societario e quelle relative alla conciliazione stragiudiziale.

   [34] Condivido l’opinione di G. CABRAS, op. cit., pagg. 80 e 81 che, muovendo dal generale principio della libertà della forma degli atti giuridici (in assenza di una contraria disposizione legislativa: art. 1325 n.4) cod. civ.) ritiene che “l’unico requisito attinente alla forma dell’opposizione [...] sia la necessità che il dissenso dei creditori sia portato a conoscenza della società in modo espresso”.

   [35] Si dichiara favorevole all’assoggettamento del termine per l’opposizione alla regola della sospensione feriale dei termini, ove ricada nel periodo compreso fra il 1° agosto ed il 15 settembre, G. NICCOLINI, Opposizione alla fusione e sospensione feriale dei termini, in Rass. Giur., 2002, pagg. 751 e ss. . In tal senso anche S. CACCHI PESSANI, op. cit., pag. 770 e 771 che ritiene, con qualche perplessità, che la sospensione sia conclusione obbligata in quanto compatibile con la natura giudiziale dell’opposizione.

   [36] Salva sempre la facoltà di ricorrere all’anticipata o all’accelerata.
Se fosse, comunque, attivata l’opposizione si andrebbe ad instaurare un procedimento in cui il Tribunale adito avrebbe tre alternative:
1) ritenere fondato il pregiudizio dei creditori;
2) ritenere infondato detto pregiudizio;
3) richiedere la prestazione di un’idonea garanzia.
Nell’alternativa di cui alla lettera a), la fusione/scissione non avrebbe luogo, al contrario, nei casi di cui ai punti b) e c), ne sarebbe autorizzata l’attuazione.

   [37] In uno studio del Consiglio Nazionale del Notariato, rileva giustamente D’ALESSANDRO, Quesito sulla fusione di società, Studi e Materiali – 5.1 (1995-1997), Milano, 1998, p. 81 e ss. che l’accoglimento dell’una o dell’altra tesi produce diverse conseguenze pratiche. In particolare l’adesione alla tesi stragiudiziale “comporterebbe che il notaio dovrebbe rivolgersi alla società, in persona dei suoi amministratori, per sapere se i creditori abbiano fatto (a mezzo lettera, per esempio) opposizione. Se, invece, si sposa la tesi maggioritaria della natura giudiziale di tale opposizione, allora si rende possibile il controllo, da parte del notaio, presso la cancelleria del tribunale. Si tratterebbe di un controllo su elementi oggettivi e direttamente verificabili da parte del notaio, ma tuttavia soggetto a dei limiti tali da non renderlo sicuramente attendibile.”

   [38] 38] F. MAGLIULO, op. cit., pag. 239.

   [39] Mi riferisco a Roma, a Napoli per la fusione tra le società per azioni, Alitalia e ATI, ottenni (grazie al mio collega Nicola Capuano) una certificazione al mero decorso del termine per l’opposizione (all’epoca di due mesi). In particolare, la delibera dell’ATI fu depositata il 1° agosto 1994 e il certificato rilasciato dal Tribunale di Napoli datava 8 ottobre 1994 e si dichiarava espressamente che “ad oggi” non risultava proposta alcuna opposizione avverso la delibera di fusione, e quindi non si teneva conto degli ulteriori 10 giorni.

   [40] Prima dell’abrogazione del rito societario, stante che la opposizione si proponeva con ricorso, la certificazione era idonea; ora la situazione è di nuovo cambiata. Sul punto diffusamente F. MAGLIULO, op. cit., pag. 241.

   [41] La dichiarazione di supporto da parte degli amministratori richiede tuttavia, soprattutto nelle società di grandi dimensioni, che il legale rappresentante abbia debito supporto dalle strutture societarie interne per quanto attiene alla corrispondenza.

   [42] In altre parole, il lento e complicato funzionamento della macchina giudiziaria può rappresentare un concreto ostacolo alle esigenze della riorganizzazione societaria.

   [43] Così SANTAGATA, L’esecuzione delle decisioni e l’attuazione della fusione , in Le fusioni, cit., pagg. 533 e 534. Questa ipotesi è parificabile a quella della società che stipuli ed iscriva l’atto ante diem sulla base di un falso consenso dei creditori, ipotesi formulata da B. QUATRARO, Le deliberazioni assembleari e consiliari, Giuffrè, pag. 779.

   [44] Le ricostruzioni prospettate in dottrina sulla natura dell’atto di fusione/scissione stipulato ante diem possono essere schematicamente ricondotte a cinque diverse teorie:
1) inefficacia erga omnes (fra i tanti G. F. CAMPOBASSO, Diritto delle Società, in Diritto commerciale 2, 5^ edizione, Milano, 2002, pag. 621);
2) inefficacia erga omnes sino allo scadere del termine per l’opposizione con conseguente efficacia qualora non venga fatta opposizione (così BELTRAMI, Accoglimento dell’opposizione dei creditori ex art. 2503 cod. civ. a fusione già eseguita, in nota a Tribunale di Milano, 8 settembre 2003, in Giur. Comm., 2005, II, pag. 207);
3) inefficacia erga omnes sanata in conseguenza dell’iscrizione dell’atto nel registro delle Imprese ai sensi dell’art. 2404 quater cod. civ.;
4) inefficacia relativa dell’atto di fusione/scissione nei soli confronti del creditore che ha proposto opposizione (così il Tribunale di Brindisi, 17 luglio 1998, in Società, 1999);
5) atto di per sè valido ed efficace, ma revocabile ex art. 2901 cod. civ. (in questo senso e A. GENOVESE,L’invalidità dell’atto di fusione, 1997, p. 210.

   [45] Così Cassazione 5 Marzo 1976 n. 726, Cassazione 7 Marzo 1979 n. 1424, in Giust. Civ. Mass., 1979, fasc. 3 e Cassazione 10 settembre 1981 n. 5076, in Giust. Civ. Mass., 1981, fasc. 9 . Il Tribunale di Tolmezzo, 4 dicembre 1985, in Riv. Not., 1986, pag. 195 ha ritenuto che possono essere iscritti gli atti validi, ma ineseguibili perchè soggetti a termine iniziale. Nello stesso senso Appello Milano, 27 marzo 1986, citato da QUATRARO-CONFALONIERI-PROPERZI, La volontaria giurisdizione societaria, Giuffrè, 1991, pag. 287 e ss. . In tal senso sembrerebbero, in dottrina, SCARDULLA, SILVETTI, SERRA, TANTINI.

   [46] In tal senso F. MAGLIULO, op. cit., pag. 250 e SANTAGATA, op. cit.

   [47] Il Notaio, chiamato ad effettuare un controllo di legittimità, avrebbe difficoltà anche a richiedere l’iscrizione dell’atto prima del decorso del termine ordinario

   [48] Va osservato che con l’introduzione della norma di cui all’art. 2504 quater cod. civ. il nostro sistema si è orientato verso una decisa stabilizzazione delle operazioni di fusione e scissione in ossequio al principio di effettività dell’organizzazione societaria, proprio dell’orientamento tedesco. Questa impostazione, se da una parte garantisce la certezza dei rapporti giuridici e tutela l’affidamento dei terzi, ha sollevato non poche critiche per il rischio di abusi nella attuazione della fusione/scissione, nonchè per la possibile violazione del diritto costituzionale alla difesa previsto dall’art. 24 della Costituzione. Per l’esposizione delle critiche si veda OPPO, in Riv. dir. Civ., 1991, II, pag. 513 e ss.

   [49] Personalmente ritengo di sì, ma le voci discordi sono forti.

   [50] Così anche il citato Tribunale di Velletri, 10 agosto 1994, il quale ha precisato che «In tema di fusione tra società, il regime preclusivo di cui all’art. 2504-quater, comma 1, cod. civ. - in forza del quale, eseguite le iscrizioni dell’atto di fusione a norma del comma 2 dell’art. 2504, l’invalidità dell’atto di fusione non può essere pronunciata - non è estensibile, attesa la natura eccezionale della norma che lo prevede, alle diverse ipotesi di giuridica inesistenza e di inefficacia dell’atto medesimo: di guisa che le dette iscrizioni non valgono a determinare la cessazione della materia del contendere nel giudizio di opposizione alla deliberazione di fusione proposta dal creditore di una delle società interessate, essendo l’atto di fusione stipulato in pendenza di tale opposizione inefficace “erga omnes” non già invalida», con nota di MONTESANO in Società, 1995, pagg. 551 e ss.

   [51] A. SERRA e M. S. SPOLIDORO, in Fusioni e scissioni di società, Quaderni di diritto commerciale europeo, Giappichelli, Torino, 1994, pag. 116 e 174-5 e anche SANTAGATA, L’invalidità dell’atto di fusione, in Le fusioni, Trattato delle società per azioni diretto da G.E. Colombo e G.B. Portale, 2004, pag. 607 e ss.

   [52] Così la sentenza inedita del Tribunale di Milano, 8 settembre 2003, che ha precisato che l’ “invalidità” di cui all’art. 2504 quater cod. civ. è “espressione ampia che non si presta (nè in sè, nè alla luce delle chiare finalità perseguire dal legislatore) ad essere riduttivamente letta, con esclusione di alcuno dei vizi che possano caratterizzare l’atto.”

   [53] Trib. Milano, 8 settembre 2003, cit.

   [54] Così si legge nella motivazione della citata sentenza.

   [55] Per il quale, come osserva giustamente G.CABRAS, op. cit., pagg. 18 e 95, il pregiudizio si produce solo in alcuni casi perchè la fusione comporta, di regola, un aumento di capitale.

   [56] L’art. 2445 cod. civ., richiamato dal comma 2 dell’art. 2503 cod. civ., prevede che il Tribunale possa autorizzare l’attuazione della fusione/scissione, nonostante l’opposizione, qualora ritenga infondato il pericolo di pregiudizio per i creditori o la società abbia prestato idonea garanzia.
Già prima della riforma ci si interrogava su cosa dovesse intendersi per “idoneità” della garanzia e, in particolare, su quali dovessero essere gli elementi in base ai quali procedere ad una sua valutazione. Era dubbio, infatti, se il Tribunale dovesse limitarsi a valutare l’idoneità della garanzia o dovesse, in aggiunta, giudicare in via sommaria il fumus boni iuris della domanda e, cioè, l’effettività del pregiudizio per l’opponente.
Alla luce della riforma non sembra possano esservi più dubbi sul fatto che il giudizio di idoneità della garanzia debba essere effettuato a prescindere da qualsiasi giudizio in merito alla fondatezza della domanda di opposizione. E, infatti, l’ultimo comma della norma dell’art. 2445 cod. civ. prevede due ipotesi, alternative e distinte, che legittimano l’autorità giudiziaria ad autorizzare l’operazione e cioè la valutazione della “infondatezza del pericolo di pregiudizio” o della “idoneità della garanzia”. Nel primo caso e, cioè, quando si valuti che l’operazione non comporta alcun rischio per l’opponente, l’autorizzazione verrà concessa a prescindere dalla prestazione di qualsiasi garanzia; nel diverso caso in cui la società non riesca a dimostrare l’infondatezza del pregiudizio, l’ottenimento dell’autorizzazione sarà subordinato alla prestazione di una garanzia.
Ciò è confermato nella mia esperienza pratica, ove il Tribunale di Roma, III sezione Civile, 17 dicembre 2008, vista l’istanza ex art. 2503, secondo comma, cod. civ., contenuta nel ricorso presentato dalla Rete Ferroviaria Italiana s.p.a., dalla Ferrovie dello Stato s.p.a. e dall Treno Alta Velocità – T.A.V. s.p.a. nei confronti di un creditore che aveva proposto opposizione avverso l’operazione di scissione parziale di T.A.V. s.p.a. a favore di Rete Ferroviaria Italiana s.p.a., ha autorizzato l’attuazione della scissione limitandosi a ritenere insussistente il pericolo di pregiudizio e senza che fosse necessario prestare alcuna garanzia specifica.
Resta comunque inteso che con l’autorizzazione non si esaurisce il giudizio di opposizione, che proseguirà fino a quando la domanda non verrà accolta o respinta.
L’idoneità deve poi essere valutata con esclusivo riferimento al credito dedotto in giudizio e non rispetto a quelli vantati da tutti i soggetti legittimati all’opposizione (Così il Tribunale di Prato, decreto 8 gennaio 1986, in Riv. not., 1987, p. 890 e R. ROSAPEPE, Modificazioni statutarie e recesso, in Diritto delle società di capitali, Manuale Breve, Milano, 2003, p. 298): essa dev’essere tale consentire che, a seguito dell’attuazione dell’operazione, la posizione dell’opponente rimanga inalterata. Perchè detto presupposto risulti integrato, dunque, non è necessario che essa riduca il rischio che grava sul creditore, ma è sufficiente che lo mantenga immutato.

   [57] Sulla natura individuale del diritto di opposizione e le conseguenze che, secondo l’orientamento dominante, scaturiscono dalla sua proposizione ed accoglimento Cfr. G. FERRI, Questioni in tema di fusione di società, p. 208; S. CACCHI PESSANI, op. cit., pag. 129, che osserva che l’accoglimento dell’opposizione precluda l’attuazione della fusione/scissione in termini assoluti e, quindi, l’azione individuale si riflette sulla posizione di tutti i creditori.
Si discute, inoltre, se l’atto di fusione/scissione stipulato in presenza di opposizione sia inefficace nei soli confronti dell’opponente (così il Tribunale di Brindisi, 17 luglio 1998, cit., pag. 1348 e A. GENOVESE,op. cit., p. 210) o se, invece, l’atto non produca effetti anche nei confronti dei creditori che non si siano opposti (così S. CACCHI PESSANI, op. cit., p. 737 secondo il quale i creditori non opponenti beneficiano dell’opposizione presentata da uno solo di essi): quast’ultima ricostruzione non mi pare convincente.

   [58] “Nella misura in cui esse risultano effettivamente applicabili”, in quanto, ai sensi della citata norma, il risarcimento del danno estingue il reato penale, così, giustamente F. MAGLIULO, op. cit., pag. 249.

    [59] Come consente la norma dell’art. 2504 cod. civ.

   [60] L’effetto impeditivo all’attuazione si può avere soltanto se l’opposizione intevenga prima dell’iscrizione.
Va considerata anche l’ipotesi della opposizione presentata dopo il decorso del termine, ma prima dell’iscrizione dell’atto di fusione che, in tal caso, non potrà produrre alcun effetto impeditivo, ma iol solo diritto al risarcimento del danno in capo all’opponente (Così B. QUATRARO, op. cit., pag. 779). Ma siamo certi che l’opposizione presentata oltre il termine legale possa dar comunque luogo al risarcimento del danno? Ovvero bisogna ritenere che una volta scaduto il termine al creditore opponente tardivo non spetti neanche una tutela risarcitoria? Propenderei per quest’ultima tesi.

   [61] Ne ho avuto riscontro dal Registro delle Imprese di Roma.

   [62] SANTAGATA, op.cit. . L’autore, in particolare, ritiene che non sia corretto parlare nè di inefficacia erga omnes, nè di inefficacia nei confronti dei creditori ingiustamente privati della tutela offerta dall’art. 2503 cod. civ. perchè “La stipulazione e l’iscrizione dell’atto di fusione in violazione delle disposizioni poste a tutela dei creditori rientrano, invero, tra i vizi procedimentali, che l’art. 2504 quater, 1° comma, dichiara di voler sanare una volta che la fusione è divenuta efficace ex art. 2504 bis; con la conseguenza che ai creditori pregiudicati resta la sola possibilità di agire per il risarcimento del danno ex art. 2504 quater, 2° comma.”

   [63] Èuna facoltà discrezionale degli amministratori esercitabile nelle sole situazioni di incorporazione, con cui si motiva la natura negoziale dell’atto di fusione/scissione e come tale prevista dall’art. 2504 bis cod. civ., che può ricevere consacrazione nella pubblicità.

   [64] Massime dell’osservatorio permanente – Conservatori dei Registri delle Imprese della Lombardia – Notai Lombardi, Febbraio 2007.

   [65] Che dovrà essere sottoscritto da uno qualsiasi dei soggetti competenti al deposito principale, fermo restando che il Notaio non vi è obbligato, ma è solo facoltizzato a questo deposito.

    [66] Se per effetto della fusione lo statuto avesse subito degli adeguamenti, il suo testo, nella versione aggiornata, dovrà essere depositato una volta che le modifiche siano divenute efficaci.

   [67] Detto secondo deposito non è soggetto a termine e, pertanto, non ci sarà sanzione alcuna nel caso venga effettuato oltre i trenta giorni dal verificarsi dell’evento o dallo scadere del termine.
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Rivista diretta da Giovanni Cabras e Paolo Ferro-Luzzi