il diritto commerciale d’oggi
     XI.2– aprile-settembre 2012

STUDÎ & COMMENTI

 

MIRIA RICCI

Il controllo interno nel collegamento societario *

 

   SOMMARIO: 1. Inserzione di una società in un contesto di collegamento societario e riflessi sulla funzione di controllo interno: precisazioni di delimitazione dell’indagine. – 2. Contesto di collegamento societario e funzione complessa del controllo; l’alternativa tra unità e pluralità di riferimento e i ruoli degli organi delle società coinvolte. – 3. Collegamento di società e controllo nei rapporti interni alla società, … – 4. (segue) … nei rapporti interni al collegamento, ed in particolare in quelli con possibilità di esistenza di vantaggi compensativi – 5. (segue) … nei rapporti con l’esterno all’area del collegamento. – 6. Pluralità di organi e mancanza di omogeneità della funzione di controllo interno nelle società di capitali inserite in un contesto di collegamento. – 7. Ipotesi di coinvolgimento nel collegamento societario di società di persone e funzione di controllo. – 8. L’integrazione della funzione di controllo nel contesto di collegamento societario tra regole generali del controllo interno … – 9. (segue) e spunti normativi dedicati, alla ricerca di un sistema.

   1. Inserzione della società in un contesto di collegamento societario e riflessi sulla funzione di controllo interno: precisazioni di delimitazione dell’indagine. – L’analisi dei controlli interni societari è stata tradizionalmente concentrata sul contesto della singola società nella quale l’organo di controllo opera. L’impostazione è motivata dal fatto che le norme sono state, nella maggior parte dei casi, riferite alla società nominante (1); di conseguenza la dottrina ha, solitamente, considerato soltanto l’assetto della società “monade”.
   Le società, tuttavia, raramente operano in modo autonomo, poiché sono interessate da fenomeni di collegamento con altre; risulta, quindi, inadeguato il riferimento alla singola società e si rende necessaria una riflessione ulteriore per approfondire lo studio della funzione di controllo interno.
   I componenti dell’organo di controllo interno, infatti, sia esso collegio sindacale di società per azioni o di società a responsabilità limitata, oppure consiglio di sorveglianza o comitato per il controllo sulla gestione, a seconda dell’opzione dei soci in merito al sistema di amministrazione e controllo nelle società per azioni (2), agiscono in modo necessariamente diverso se la società cui appartengono opera in un contesto più ampio di quello espresso dallo specifico oggetto sociale (3).
   La realtà economica evidenzia, infatti, il dato dell’appartenenza della quasi totalità delle imprese societarie italiane ad un gruppo (4). Le società che non detengono partecipazioni in altre imprese, che non sono partecipate o che non sono legate da vincoli di tipo contrattuale sono sempre più rare, limitate a piccole società di tipo familiare.
   Il collegamento con altre imprese è quasi imposto dal fatto di operare in un mercato che, per molti aspetti, supera i confini geografici e vincola i soggetti economici a cercare alleati per costruire una posizione più solida (5).
   Per individuare da subito l’ambito dell’analisi, si precisa che la ricerca riguarderà i fenomeni in cui più società sono tra loro collegate in una logica di direzione unitaria.
   Occorrono alcune osservazioni preliminari per delimitare meglio l’indagine.
   a) È possibile individuare molteplici significati della locuzione “collegamento” nel nostro ordinamento, tra loro differenti; il principale riferimento è contenuto nell’art. 2359, co. 3, cod. civ., ai sensi del quale sono considerate collegate le società sulle quali un’altra società esercita un’influenza notevole (6). Può dirsi che esiste un collegamento nelle situazioni in cui la partecipazione detenuta non sia sufficiente per decidere le strategie della partecipata, ma possa comunque consentire di influenzarne le scelte gestorie, non potendo essere ignorate le posizioni della società che è in possesso della partecipazione (7).
   Delle diverse nozioni di collegamento societario che possono individuarsi, in questa, direttamente ricavabile dall’art. 2359 cod. civ., è possibile ravvisare un tipo di relazione che implica un «affievolimento dello schermo societario», ossia la partecipazione delle società collegate ad uno stesso progetto imprenditoriale (8). Tale considerazione, come si vedrà (9), ha delle conseguenze in merito alla valutazione in bilancio della partecipazione societaria, che non può essere considerata un semplice investimento, ma deve essere contabilizzata tra le immobilizzazioni.
   b) Un secondo significato di collegamento societario è focalizzato sulla soggezione comune delle società collegate all’attività di direzione unitaria esercitata da un’altra società o ente (10) ed è quello sul quale si intende concentrare l’analisi, pur non tralasciando i profili menzionati al punto a). Questa nozione di collegamento si riferisce a enti soggetti alla medesima eterodirezione, anche in situazioni potenziali (11).
   L’ambito della ricerca, quindi, include il collegamento societario nel senso delle nozioni menzionate ed è concentrata sul contesto delle società collegate sottoposte ad attività di direzione e coordinamento. Per poter approfondire lo studio della funzione di controllo interno nel collegamento societario l’attenzione si concentrerà sulle ipotesi in cui esiste unità dell’azione imprenditoriale, come si vedrà di seguito(12) .
   A differenza delle ipotesi che integrano l’esistenza di una influenza notevole, nei casi in cui la partecipazione sia tale da consentire alla società che ne è in possesso la possibilità di esercitare un’influenza dominante sulla controllata, si crea tra le due società una relazione che integra una situazione di “controllo” ai sensi dell’art. 2359, co. 1 e 2, cod. civ (13). Per quanto attiene il rapporto del collegamento con la nozione di controllo, occorre tener conto che le due figure hanno un rilievo giuridico diverso; il collegamento, in un contesto normativo che tiene conto dell’esercizio di una attività di direzione unitaria, può intendersi come la relazione esistente tra società appartenenti ad uno stesso gruppo, pur non essendo legate da rapporti di controllo (società “sorelle”) (14).
   Il legame di collegamento tra società, pur essendo una fattispecie più sfumata nel momento in cui occorre in concreto accertarla rispetto ad un rapporto di controllo, può integrarsi in una situazione di gruppo: in quest’ultimo, infatti, possono essere incluse società legate tra loro da rapporti di collegamento e società legate tra loro da un rapporto di controllo (ad esempio, nell’ipotesi più intuitiva, le stesse società tra loro collegate possono essere, anche, controllate da un’altra società).
   Il gruppo di società è pacificamente considerato in dottrina come caratterizzato da una iniziativa economica unitaria. Per questo motivo, nel corso del lavoro ci si potrà riferire anche al collegamento di gruppo, nel senso di unità di impresa e di attività economica unitaria espressa da esso. Non si intenderà, invece, fare riferimento ad una specifica nozione di gruppo, ma si utilizzerà il riferimento in senso atecnico.
   Nel nostro ordinamento, come noto, esistono più nozioni di gruppo nella legislazione speciale (15), ma manca una definizione generale nel diritto comune.
   Il legislatore ha scelto di non prevedere una nozione di gruppo nel Codice civile, preferendo definire le fattispecie di controllo e di collegamento (art. 2359 cod. civ.) e l’esercizio dell’attività di direzione e coordinamento di società (art. 2497 cod. civ.) con la relativa disciplina (16).
   I rapporti tra le società sono connotati da un grado di minore o di maggiore intensità nel coordinamento, oppure possono essere strutturati in varie modalità, a seconda del modello di articolazione del gruppo (17).
   Da questo punto di vista, in questa ricerca interessano i casi in cui esiste coordinamento di società e collegamento in funzione di gruppo che potrebbe definirsi collegamento di tipo concentrativo, nel senso che le attività delle società inserite nel collegamento sono orientate dall’esercizio della direzione unitaria. La terminologia (collegamento concentrativo) trae origine dal diritto della concorrenza, ma non si utilizza in senso tecnico, perché le ipotesi che interessano non implicano necessariamente l’esistenza di una concentrazione ai fini della legge antitrust (legge 287/1990) (18).
   L’espressione pare particolarmente efficace per delimitare l’ambito di analisi, poiché il concetto di concentrazione non include le situazioni di cooperazione (19).
   Esulano dall’analisi, inoltre, ipotesi di cooperazione tra imprese, quali associazioni temporanee di imprese, joint venture, G.E.I.E., consorzi.
   L’analisi prenderà in considerazione, quindi, situazioni di collegamento societario proiettato verso la logica del gruppo.
   Si tratta di un fenomeno strutturale, in cui la funzione di controllo interno, pur potendo essere variamente articolata o organizzata nei limiti dell’autonomia statutaria che l’ordinamento consente, è prevista dalla legge e disciplinata nei profili più rilevanti.
   Si segnala, infine, che è possibile rintracciare specifiche disposizioni riguardanti il controllo interno nella normativa di settore; tuttavia, non sarà possibile in questa sede trattare in modo approfondito i profili riguardanti il diritto speciale.
   L’intento della ricerca, come si vedrà meglio nel seguito (20), è di individuare spunti interpretativi e normativi miranti a rispondere a esigenze del controllo in contesti di collegamento societario e di valutare se questi possano poi aprire degli spazi per delle considerazioni di sistema.

   2. Contesto di collegamento societario e funzione complessa del controllo; l’alternativa tra unità e pluralità di riferimento e i ruoli degli organi delle società coinvolte. – Venendo, quindi, al fatto che se la società è inserita in un contesto di collegamento o in una logica di gruppo la funzione di controllo interno si modifica e si evolve perché deve tener conto di una situazione complessa, occorre considerare sia l’angolazione della singola società, sia l’angolazione dell’insieme delle società facenti parte del collegamento.
   Nell’ambito più ampio (rispetto alla singola società) del collegamento, la funzione di controllo interno non è uguale alla somma delle funzioni di controllo delle singole società, ma si struttura in qualcosa di differente.
   Occorre analizzare come la funzione di controllo reagisce ad una struttura organizzativa composta da una pluralità di soggetti.
   È bene evidenziare che l’ordinamento non prevede un organo di controllo interno ulteriore per le situazioni di collegamento societario, poiché non esiste un organo di controllo interno del gruppo, specifico e distinto dagli organi delle singole collegate.
   Pur non esistendo un collegio sindacale o altro organo interno del gruppo, sono poste in essere, invece, operazioni del gruppo che presuppongono l’esistenza di un collegamento e che necessitano di essere sottoposte ad un controllo. Ciò avviene indirettamente, attraverso l’attività di vigilanza che gli organi di controllo effettuano sulla amministrazione, ossia sull’attività degli amministratori che decidono in merito alle operazioni.
   Sono gli stessi organi di controllo delle singole società (ove esistenti: come si vedrà in seguito (21), possono far parte del collegamento società che non hanno organo di controllo interno, come le società di persone), quindi, che si fanno carico di una funzione ulteriore, in un certo senso “diffusa”, nel senso che gli organi di controllo interno delle società si occupano di profili di vigilanza riguardanti il contesto più ampio del collegamento.
   Ecco quindi che si può ipotizzare l’esistenza di una funzione specifica di controllo del collegamento, funzione che idealmente si colloca ad un livello superiore ed esterno rispetto al controllo nella società in cui l’organo opera, pur facendone parte integrante a tutti gli effetti perché la società è (col)legata alle altre società nel gruppo.
   Tale funzione si potrebbe distinguere in riferimento a profili specifici rispetto alla funzione di controllo esercitata nell’ambito della singola società, poiché, come detto, è esercitata dal medesimo organo, ma riguarda il contesto di gruppo; tuttavia, spesso non è possibile distinguere l’una dall’altra perché esse sono strettamente interconnesse (non è sempre agevole stabilire se una determinata operazione riguarda la singola società oppure la stessa società in quanto parte del collegamento).
   Il collegamento con altre imprese modifica le esigenze della singola società, e di conseguenza cambia il funzionamento del controllo interno, poiché i componenti dell’organo di controllo devono tener conto non soltanto della società di appartenenza ma anche del “comportamento” delle altre imprese collegate nei profili di influenza sulla società stessa.
   Gli organi sociali non possono non preoccuparsi di quanto accade nelle società collegate e il ruolo più importante è proprio quello rivestito dall’organo di controllo. Ad esso, infatti, è affidata la funzione di vigilanza sull’amministrazione in senso ampio e in ogni direzione e, di conseguenza, l’obbligo di avere una visuale complessiva dell’operatività delle società coinvolte nel collegamento (22).
   Le competenze dei componenti dell’organo di controllo possono essere, in talune circostanze, ancor più rilevanti delle attribuzioni in capo agli amministratori perché su questi ultimi devono vigilare, in particolare per quanto riguarda le operazioni che interessano le società del gruppo (23). Per questi profili l’angolo visuale del collegio sindacale è particolarmente significativo: i sindaci esprimono una angolazione oggettiva, in riferimento sia alla compagine dei soci, sia ai soggetti esterni alla società.
   L’essere inserita in un contesto di gruppo cambia, per ciascuna società, sia le logiche di azione interne che quelle nei confronti dell’esterno (alla società, ma all’interno del collegamento).
   Tra le varie attribuzioni, l’organo di controllo, come si vedrà, per conoscere la situazione del gruppo ha il potere (ma allo stesso tempo il dovere) di chiedere notizie agli amministratori in riferimento alle società controllate, oppure di scambiare informazioni con i corrispondenti organi delle stesse.
   Oggetto del controllo sono sia le operazioni poste in essere con le altre società collegate, sia le operazioni di altre società collegate: interessa, comunque, l’operatività delle altre perché, seppure in modo indiretto, la società inserita nel contesto di collegamento ne subisce una influenza. Di conseguenza, tutte le società collegate sono interessate ad essere informate sulle altre, in modo che gli organi sociali possano prendere le decisioni opportune nei casi in cui subiscano dei condizionamenti per le azioni delle altre imprese.
   Per quanto riguarda i rapporti reciproci tra le società facenti parte del collegamento di gruppo, occorre evidenziare che in questo contesto le società coinvolte rivestono un ruolo differente, l’una dall’altra. Ogni società all’interno del gruppo ha una sua funzione e partecipa all’attività dello stesso in modo diverso, con le proprie specificità.
   Alcune società sono soggette alla direzione e al coordinamento esercitato da un altro ente; la situazione diffusa è quella dell’esistenza di una capogruppo e di una o più società controllate.
   Potrebbero richiedere una analisi specifica ipotesi come quella del gruppo paritetico, nelle quali esiste coordinamento, ma il ruolo della direzione non è riservato ad una sola delle società coinvolte nel senso tradizionale dei gruppi (24).
   Le relazioni tra le società influenzano, tra i vari aspetti, anche l’esercizio della funzione di controllo all’interno di ciascuna diesse.
   L’articolazione del gruppo configura, quindi, anche una articolazione del funzionamento degli organi di controllo interno appartenenti alle singole società, che è finalizzata ad un’azione di vigilanza sull’attività del gruppo e che si aggiunge a quella sulla gestione della società stessa.
   Emerge, quindi, ancor più netta la necessaria interconnessione tra attività di controllo sulla società singola e attività di controllo sulla società collocata nel gruppo.
   All’interno dello stesso gruppo, inoltre, i sindaci operano in modo differente a seconda della posizione della società nominante rispetto alle altre, in particolare della posizione di controllante o di controllata.
   Rispetto ad una società non appartenente ad un gruppo, sono individuabili delle specificità nel modo di esercitare la funzione di controllo da parte dei sindaci anche rispetto ad altri elementi:
   a) la specifica operazione sottoposta all’attività di vigilanza, perché in alcuni casi il legislatore prevede specifici poteri-doveri in capo ai sindaci di società appartenenti ad un gruppo (si pensi al potere di richiedere informazioni alle controllate);
   b) la norma di riferimento, perché pur in presenza della medesima disposizione da rispettare, l’espletamento di un determinato potere-dovere può atteggiarsi in modo diverso a seconda delle valutazioni del sindaco: il legislatore, infatti, non indica le specifiche modalità di esercizio dell’attività di controllo da parte dei componenti dell’organo, i quali valutano nel caso concreto le modalità che ritengono più opportune.
   Il ruolo dei sindaci è differente a seconda della loro presenza nella società capogruppo o in una società controllata. In riferimento a questo profilo il legislatore, tranne, come si vedrà, per alcune situazioni specifiche, non indica delle modalità per l’esercizio dell’attività di controllo. I sindaci devono far riferimento alle disposizioni generali in tema di doveri dell’organo di controllo (art. 2403 cod. civ. e art. 149 t.u.f.) e applicarle tenendo conto delle caratteristiche della società nella quale operano, ossia se si tratta di una società holding oppure di una società controllata (25).
   Le norme disciplinano il controllo sindacale sull’operato degli amministratori e, in qualche caso, dell’assemblea; se si ritiene che le funzioni degli amministratori di una società per azioni debbano essere ridefinite nell’ipotesi in cui essi operino in una società per azioni di gruppo (26), è anche ragionevole, come è stato affermato, che «ciò non può non avere delle rilevanti conseguenze sul contenuto della funzione di controllo dei sindaci» (27).
   Gli amministratori della società-madre, infatti, devono adempiere ai loro obblighi con riferimento alla stessa società, ma ricoprono anche il ruolo di orientamento della gestione delle società dipendenti, fissandone gli indirizzi strategici per il raggiungimento degli obiettivi della politica di gruppo.
   Il collegio sindacale della capogruppo vigila sul rispetto dei principi di corretta amministrazione da parte degli amministratori, con riferimento sia alla gestione della stessa società, sia all’amministrazione del gruppo, in particolare verificando che le direttive impartite alle controllate non ledano gli interessi delle stesse.
   Il potere-dovere di vigilanza dei sindaci della controllante, quindi, ha ad oggetto anche l’attività di direzione e coordinamento del gruppo ed i singoli atti in cui essa si articola (in quanto posti in essere dagli amministratori della capogruppo), e in nessun caso la gestione delle singole controllate (28).
   I sindaci delle società-figlie devono vigilare sul rispetto dei principi di corretta amministrazione da parte degli amministratori, tenendo conto che questi ultimi hanno il compito di collaborare con l’organo amministrativo della società-madre (in modo che questi possa esercitare l’attività di direzione e coordinamento del gruppo proficuamente), e di rispettarne le direttive gestionali, a patto che queste non ledano l’interesse delle società controllate.
   Il problema che si pone, infatti, come si vedrà meglio in seguito (29), è quello dei c.d. vantaggi compensativi che giustificano l’appartenenza al gruppo e l’esercizio della direzione e coordinamento di società, alla luce delle disposizioni introdotte con la riforma del diritto societario agli artt. 2497 ss. cod. civ. A carico dell’ente che esercita tale attività, infatti, non sussiste responsabilità se il danno risulta mancante alla luce del risultato complessivo dell’attività (art. 2497, co. 1, cod. civ.).
   Il fatto che, all’interno di ciascuna società, il controllo interno sia esercitato in modo diverso se le società esistono in un contesto di collegamento, è posto in risalto dal legislatore in alcune situazioni specifiche, che saranno trattate in seguito (30); qui interessa piuttosto evidenziare come occorra approfondire questa funzione di controllo interno che può essere considerata ulteriore, aggiuntiva, diffusa, tenendo conto dell’esistenza delle funzioni di base riferite all’operato delle singole società.
   Si verifica un cambiamento di riflessi nelle singole funzioni perché queste vengono esercitate in ciascuna società tenendo sempre conto che esiste un collegamento con altre società, il che comporta l’esigenza di riconsiderare e di programmare in modo diverso il controllo interno di ciascuna di esse.
   Nel funzionamento delle società si verificano necessariamente dei cambiamenti se queste sono collocate in un gruppo, ma nel caso del controllo interno, si tratta, come si è spiegato in precedenza, di una funzione già di per sé complessa, articolata, e che cambia diversamente a seconda dei ruoli che ricoprono le società nel contesto di gruppo.
   Le esigenze del collegamento cambiano il funzionamento delle singole società, e in particolare dell’organo di controllo interno, deputato a vigilare sulla corretta amministrazione, organo che è interno ad una società la quale a sua volta è all’interno di un gruppo, e quindi deve “preoccuparsi” di questa appartenenza.
   Si è detto, quindi, che la funzione di controllo interno cambia se la società si trova in un contesto di collegamento e che cambia in modo diverso a seconda del ruolo che riveste la società nel gruppo, ma occorre anche considerare che cambia a seconda dell’articolazione del gruppo. Gli intrecci delle partecipazioni possono essere complessi e quindi la stessa società si può trovare ad essere, ma a sua volta ad essere controllante di altre.
   Nel contesto del collegamento la funzione di controllo interno esercitata dalle singole società deve tener conto di una situazione complessa e mutevole, poiché gli intrecci partecipativi si modificano nel tempo.
   I cambiamenti alla struttura del gruppo possono essere sollecitati oppure imposti da varie cause, ad esempio da esigenze aziendali oppure da modifiche legislative che costringono le società ad adeguarsi, sia per i profili statutari che per quelli riguardanti l’organizzazione interna.
   Nessuna delle società coinvolte nel collegamento può evitare gli adattamenti che si rendono necessari nel tempo per il corretto funzionamento della funzione di controllo interno. Ciò vale sia per le situazioni di controllo diretto che per quelle di controllo indiretto (31).
   La collocazione delle società nel contesto del collegamento può variare e lo status di controllante o di controllata potrebbe cambiare. Alla variazione della posizione della società all’interno del gruppo segue, di conseguenza, un adattamento della funzione di controllo interno, che è strutturata, per alcuni profili, in base al ruolo della società rispetto alle altre.
   Il tema meriterebbe una riflessione ulteriore e specifica (che qui non è consentita); si segnala, comunque, che dei potenziali cambiamenti del gruppo l’organo di controllo deve tener conto nell’esercizio delle sue funzioni di vigilanza e lo deve fare sia in un’ottica “statica” che in un’ottica “dinamica”.
   Dal primo punto di vista occorre considerare i momenti in cui l’ordinamento richiede da parte dell’organo di controllo di fornire una “fotografia” della situazione economica, patrimoniale e organizzativa della società nel contesto del collegamento. In questo senso, come si vedrà meglio in seguito (32), rilevano vari momenti in cui il legislatore impone di segnalare il collegamento in sede di redazione del bilancio di esercizio, negli atti e nella corrispondenza e nel registro delle imprese (33).
   Le norme in oggetto si riferiscono, appunto, ad ipotesi statiche, ma l’organo di controllo deve continuamente verificare se e in che modo la situazione sta cambiando, poiché sono in corso da parte degli amministratori, ad esempio, delle valutazioni in merito a specifiche operazioni, quali acquisizioni di partecipazioni o dismissioni, e in seguito segnalare le modifiche nell’organigramma del gruppo.
   Dal punto di vista dell’ottica “dinamica” occorre, inoltre, evidenziare come l’organo di controllo debba tener conto della mutabilità del gruppo nel corso della vigilanza sulla attività di gestione, che pone in essere in modo continuativo durante il corso della vita della società, verificando che il processo decisionale che si concretizza nelle specifiche operazioni sia coerente con le norme di legge e dello statuto e con i principi di corretta amministrazione.
   L’organo di controllo della singola società può confrontarsi con una molteplicità di cambiamenti rispetto alla posizione della società in cui opera nell’ambito del collegamento: solo per ricordare alcuni casi esemplificativi si possono citare l’acquisizione di partecipazioni che implica l’assunzione del ruolo di controllante (34); il cambiamento della società capogruppo, a seguito di una cessione del pacchetto azionario di controllo; lo scioglimento di società facenti parte del collegamento; l’ingresso di nuove società.
   Rispetto a questi cambiamenti i componenti dell’organo di controllo possono essere coinvolti poiché potrebbero essere parte degli organi di controllo delle società che entrano a far parte del collegamento, e quindi potrebbero prospettarsi delle nuove problematiche rispetto alla situazione precedente, in primo luogo dal punto di vista del conflitto di interesse.
   Emerge, quindi, come il ruolo dell’organo di controllo sia di fondamentale importanza nella valutazione del continuo divenire dell’operatività delle società facenti parte del collegamento, poiché accanto alle valutazioni in cui l’ordinamento richiede una “istantanea” in determinati momenti della vita della società, esso ha il dovere e detiene gli strumenti per vigilare in modo continuativo sulle operazioni che vengono poste in essere.

   3. Collegamento di società e controllo nei rapporti interni alla società, … – L’esercizio della funzione di controllo interno nel collegamento societario di gruppo rileva sia nei rapporti interni sia nei rapporti verso l’esterno in tre ambiti distinti:
   a) nei rapporti interni alla struttura societaria;
   b) nei rapporti interni all’area del collegamento societario di gruppo, ma esterni alla società;
   c) nei rapporti con società e soggetti esterni all’area del collegamento.
   L’articolazione di tali rapporti, infatti, altera le funzioni dei sindaci e pone esigenze nuove di cui tener conto; l’ordinamento stesso fornisce dei segnali che indicano che, nelle ipotesi in cui una società si trovi in un contesto di collegamento, tali funzioni debbano adeguarsi.
   La funzione di controllo relativa al collegamento esprime una potenzialità di tutela di interessi di varie categorie di soggetti, tra cui i soci di minoranza e i terzi, potenzialità specifica rispetto a quelle del controllo interno delle singole società.
   Per quanto attiene il primo ambito, ossia quello riguardante la funzione di controllo nei rapporti interni alla società, si possono individuare tre profili: con i soci, in senso ampio; con le minoranze dei soci; con l’organo di gestione della stessa società.
    3.1. Rapporti con i soci.
   Il primo momento in cui si “incontrano” i soci e l’organo di controllo interno è nel momento della nomina: mentre i primi componenti del collegio sindacale e del consiglio di sorveglianza sono nominati nell’atto costitutivo (35), i successivi sono scelti dall’assemblea (che ha anche il potere di revocarli) (36). Nel sistema monistico, invece, il consiglio di amministrazione determina il numero (minimo due (37); tre per le società aperte) e nomina i componenti del comitato per il controllo sulla gestione; tuttavia, la norma (38) prevede la possibilità di una diversa previsione statutaria, che si ipotizza possa riguardare la determinazione del numero dei membri nello stesso statuto oppure la nomina da parte dell’assemblea (39). Non vi sono, invece, indicazioni per quanto riguarda la revoca (40).
   I componenti dell’organo di controllo interno sono quindi espressione delle scelte dei soci e tendenzialmente della maggioranza, ma sono chiamati ad esprimere delle valutazioni oggettive in modo da non essere strumento di tutela della maggioranza dei soci e dell’organo di gestione (anch’esso eletto dall’assemblea dei soci nel sistema tradizionale e nel sistema monistico, e dal consiglio di sorveglianza nel dualistico), ma di tutti i soci.
   Una previsione centrale (41) riguarda il dovere dei sindaci di riferire ai soci in sede assemblare in occasione della discussione del progetto di bilancio. Il collegio sindacale deve infatti riferire in merito all’attività svolta nell’adempimento dei propri doveri e ai risultati dell’esercizio sociale; inoltre deve presentare le proprie osservazioni e proposte in merito al bilancio e alla sua approvazione, con particolare riferimento all’esercizio della deroga di cui all’art. 2423, quarto comma.
   Questa disposizione non si applica al collegio sindacale delle società quotate, al quale sono stati affidati compiti differenti con la riforma del diritto societario e con l’attribuzione del controllo contabile alle società di revisione (42). In tale ipotesi l’organo di controllo interno (sia esso collegio sindacale, consiglio di sorveglianza o comitato per il controllo sulla gestione) riferisce sull’attività di vigilanza svolta e sulle omissioni e sui fatti censurabili rilevati all’assemblea convocata per l’approvazione del bilancio di esercizio; soltanto al collegio sindacale è attribuita la facoltà di fare proposte in merito al bilancio e alla sua approvazione, nonché sulle materie di propria competenza (43).
   Vale la pena di segnalare che i rapporti dell’organo di controllo interno con la compagine societaria si semplificano nelle società unipersonali. I controllori, infatti, si relazionano con un unico socio e molti problemi si riducono; infatti, non possono esistere i diversi ambiti della maggioranza e delle minoranze, dato che le azioni o le quote, a seconda se consideriamo una società azionaria o una società a responsabilità limitata, sono in mano ad un unico soggetto. Di conseguenza, anche nel contesto del collegamento, nel momento in cui questo includa società unipersonali, la funzione complessa del controllo per alcuni profili riguardanti queste società è più “lineare”, nonostante la realtà interna delle singole società in un contesto di collegamento sia frastagliata.
   Infine, occorre segnalare che i componenti dell’organo di controllo interno vincolano l’azione imprenditoriale dei soci, e ciò costituisce un elemento certo, nella misura in cui le loro valutazioni sulle operazioni non sono positive.
   I sindaci, infatti, pur esercitando la vigilanza sull’amministrazione e non un ruolo di gestione, condizionano le scelte dei soci perchè hanno un potere di orientamento diretto.
   Si è infatti affermato (44) che le società all’interno delle quali l’attività di controllo funziona bene hanno, tendenzialmente, una redditività più bassa rispetto a quelle nelle quali i gestori siano meno soggetti all’azione di vigilanza. Ciò costituisce un elemento positivo, al contrario di come possa sembrare ad una prima riflessione, poiché è preferibile che l’azione imprenditoriale sia improntata a criteri di prudenzialità per essere concreta e duratura e per poter assicurare l’esistenza e la crescita nel medio e lungo periodo dell’impresa. Nonostante non si possa essere certi che l’effetto sia lo stesso per tutte le società in cui la funzione di controllo interno sia esercitata in modo efficiente, è ragionevole, quindi, che in molti casi, le performance aziendali siano meno elevate che in altre, se indicano che la gestione non crea pericoli per l’impresa o rischi di crisi.
   3.2. Rapporti con le minoranze.
   La nomina dell’organo di controllo interno introduce una terzietà, un rilievo autonomo dell’organo rispetto alle logiche di interesse che possono essere proprie dei soci e degli amministratori.
   Tradizionalmente, e sin dalla sua istituzione (45), il collegio sindacale nelle società azionarie è considerato un istituto con il compito di salvaguardare gli interessi dei soci attraverso l’attività di vigilanza sull’amministrazione, attività che viene esercitata in loro vece (46).
   Diversamente, nella società a responsabilità limitata la nomina (obbligatoria in determinate ipotesi) dell’organo di controllo si aggiunge al diritto di controllo che possono esercitare i singoli soci sulla documentazione amministrativa, poiché si tratta di due tipologie di controlli profondamente differenti (47).
   In generale, quindi, il sistema dei controlli interni (assieme, in realtà, a quelli esterni) è finalizzato a ridurre il rischio che i gestori non adempiano al loro dovere di perseguire l’interesse della società, ossia l’interesse sociale, la cui complessa nozione può essere definita, semplificandola, come l’interesse che fa capo alla collettività dei soci.
   Tuttavia, nella realtà i soci non sono quasi mai portatori dei medesimi interessi, ma piuttosto di una molteplicità di interessi diversi che in determinati momenti della vita della società possono porsi in contrasto. L’ipotesi di conflitto più intuitiva è quella tra i soci di maggioranza e i soci di minoranza, ma nel concreto le situazioni sono molto complesse (48).
   Il rapporto dell’organo di controllo con le minoranze azionarie (49) è particolarmente delicato, principalmente per due aspetti: 1) il dato di realtà che non esiste una minoranza, ma di più minoranze, portatrici di differenti interessi tra loro; 2) il fatto che i diversi rapporti tra la maggioranza e le minoranze non si configurano come qualcosa di stabile e immutabile, ma cambiano nel tempo in seguito alle vicende di acquisizioni e dismissioni delle partecipazioni azionarie (50).
   Risulta, quindi, evidente come in un contesto di collegamento societario, ove gli intrecci delle relazioni tra le società complicano ogni aspetto della vita delle stesse, l’esistenza delle minoranze e i potenziali conflitti con la maggioranza rendano più difficile il compito dei componenti dell’organo di controllo.
   Nella disciplina delle società con azioni quotate, ove tali problematiche sono ancor più delicate, specialmente in un contesto di collegamento, per tutelare maggiormente dall’azione della maggioranza i restanti soci è stato previsto l’istituto del sindaco eletto dalla minoranza (51); inoltre, nelle stesse società il presidente del collegio sindacale è nominato dall’assemblea tra i sindaci eletti dalla minoranza (52).
   Il componente dell’organo di controllo interno eletto dalla minoranza è previsto anche nel consiglio di sorveglianza (53), mentre per il comitato di controllo sulla gestione il rappresentante della minoranza è il membro del consiglio di amministrazione eletto ai sensi dell’art. 147-ter, co. 3, t.u.f. (54).
   Tuttavia, le minoranze possono “reagire” attivando gli strumenti di tutela che il legislatore ha predisposto; uno dei più forti è rappresentato dalla possibilità di denuncia al collegio sindacale o al consiglio di sorveglianza (55).
   Ogni socio può, indipendentemente dall’entità della partecipazione detenuta, denunciare fatti che ritiene censurabili all’organo di controllo, il quale deve tenere conto di tali segnalazioni e attivarsi, svolgendo adeguate indagini, ma è obbligato a riferire soltanto in occasione della relazione annuale all’assemblea.
   Se la denuncia è presentata da una percentuale determinata di soci (56) il collegio sindacale (o il consiglio di sorveglianza) deve indagare senza ritardo sui fatti denunziati e presentare le sue valutazioni all’assemblea; nel caso in cui ravvisi fatti censurabili di rilevante gravità e vi sia urgente necessità di provvedere, deve convocare l’assemblea.
   Le minoranze, quindi, hanno il potere di attivare l’organo di controllo interno. Quest’ultimo deve assicurare la funzionalità della società, in particolare garantendo e dimostrando che non si occupa soltanto degli interessi della maggioranza, ma delle esigenze di tutti i soci.
   Nei fenomeni di gruppo, nei quali le società sono partecipate da altre, le problematiche riguardanti le minoranze sono amplificate, perché la tutela delle stesse potrebbe assottigliarsi se si considera dal punto di vista di un’altra società (la controllante) sovraordinata ad essa.
   Sembra rilevante evidenziare che nelle ipotesi di collegamento di gruppo, quindi, il ruolo del sindaco è ancora più importante per la tutela delle minoranze, che nella società isolata. Da questo punto di vista, se nella società controllata sono individuabili delle minoranze, è certamente più significativa la funzione del sindaco della controllata, rispetto al sindaco della controllante, perché il primo deve preoccuparsi di tutelare anche i gruppi di azionisti che non fanno parte dell’azionariato di controllo.
   3.3. Rapporti con l’organo di gestione.
   Come accennato, la funzione di controllo interno deve essere autonoma e avere una funzione di terzietà, all’interno della società, nei confronti degli altri organi sociali e dei soci.
   Dopo aver visto alcune problematiche riguardanti il rapporto con i soci, nei rapporti interni alla società occorre poi considerare le relazioni dell’organo di controllo interno con l’organo di gestione.
   Essi sono regolati dalle norme generali che disciplinano la vigilanza sull’amministrazione.
   A norma dell’art. 2403 cod. civ., al collegio sindacale è demandata la funzione di vigilanza sulla amministrazione della società e sull’osservanza della legge e dello statuto e, in ipotesi specifiche, la revisione legale dei conti.
   Per più di un secolo l’organo di controllo interno della società per azioni è stato rappresentato dal collegio sindacale, destinatario della funzione di controllo sull’amministrazione nel senso più ampio (57); attualmente, nell’ambito dello stesso gruppo, possono essere presenti nelle s.p.a. gli organi di controllo interno dei sistemi alternativi.
   Il sistema dualistico, in particolare, prevede la nomina di un consiglio di sorveglianza accanto al consiglio di gestione, mentre il sistema monistico contempla la presenza di un comitato per il controllo sulla gestione all’interno del consiglio di amministrazione.
   Nel confronto sul piano del ruolo dell’organo, invece, emerge sin da una prima lettura delle norme che al consiglio di sorveglianza sono affidati, oltre che la funzione di vigilanza (si applica infatti l’art. 2403, co. 1, cod. civ.), compiti solitamente esplicati dall’organo amministrativo (determinante il potere, se previsto dallo statuto, di deliberare in ordine alle operazione strategiche e ai piani industriali e finanziari della società) (58), tanto da essere considerato un organo di “alta amministrazione” (59).
   Per quanto attiene i rapporti con l’organo di gestione, interessa evidenziare che l’attività di vigilanza posta in essere dall’organo di controllo interno, in alcune ipotesi, contempla dei comportamenti che sembrano sfumare nell’attività di gestione.
   Il collegio sindacale, dati i poteri-doveri che gli sono attribuiti dal legislatore (60) o dallo statuto, è, infatti, coinvolto per molti profili nella gestione dell’impresa, tanto che il suo ruolo non sembra più soltanto quello di un controllore, ma si avvicina molto, in determinate situazioni, a quello di un gestore e certamente di uno stretto collaboratore del gestore stesso (61).
   Al collegio sindacale non è affidata la funzione di gestione, che nella società per azioni è inderogabilmente attribuita agli amministratori (art. 2380-bis, co. 1).
   Tuttavia, la disposizione va integrata con una attribuzione al collegio sindacale che implica valutazioni di ordine gestionale: la vigilanza sull’adeguatezza dell’assetto organizzativo, amministrativo e contabile, proprio come è precisato per il consiglio di amministrazione nell’art. 2381, co. 3, cod. civ. (62).
   Il collegio sindacale vigila, inoltre, sul concreto funzionamento di tale assetto (art. 2403, co. 1), precisazione non contemplata nella norma sugli amministratori, ma che appare significativa, poiché un apparato organizzativo può essere astrattamente “adeguato” alle esigenze dell’impresa societaria, predisposto in maniera eccellente, ma non funzionante, non attivo. Ecco quindi che l’attribuzione della vigilanza sul concreto funzionamento (ossia sul funzionamento effettivo, reale, che si basa su dati di fatto e quindi contrario ad astratto o generale), affidata al collegio acquista un significato importante nella attività di quest’ultimo.
   Nei tre sistemi suddetti ciò che differenzia l’uno dall’altro sono le attribuzioni affidate agli organi di controllo (appunto, collegio sindacale, consiglio di sorveglianza e comitato per il controllo sulla gestione) e non quelle in carico all’organo di gestione, tanto che essi potrebbero essere definiti, semplicemente, come tre sistemi di controllo(63) .
   Il fenomeno del nuovo tipo di attività che il collegio sindacale deve porre in essere nella società per azioni, nell’ambito dei suoi poteri-doveri delineati dalla legge, è ravvisabile ormai in ogni singola società per azioni, autonomamente considerata.
   È ancora più evidente, tuttavia, nelle società appartenenti ad un gruppo di imprese, a motivo della maggiore complessità dell’assetto organizzativo, amministrativo e contabile di ciascuna di esse rispetto alle società autonome.
   Alla luce di questa prospettiva, che individua in modo efficace nel collegio sindacale un «centro di azione nell’esercizio dell’impresa» (64), occorre ricercare le diverse ipotesi previste dal legislatore nelle quali essa si articola e si modula, ipotesi che risultano ancor più interessanti e complesse in un contesto di gruppo.
   In generale, il legislatore prevede a carico del collegio sindacale il potere-dovere di vigilare sull’attività di gestione. Tale potere è accompagnato da una implicita attività di indirizzo sulla gestione che si concretizza nelle proposte che può fare il collegio, come esplicitamente prevede la legge in una pluralità di casi.
   Tali proposte non sono vincolanti per l’organo di gestione, che può decidere liberamente e anche in senso non coincidente con le indicazioni dei sindaci; tuttavia, nella prassi accade che tali indicazioni siano influenti sull’operato dei gestori, i quali difficilmente prendono decisioni in merito alle quali i sindaci sollevano dei dubbi o non siano del tutto d’accordo. In questi casi, quindi, difficilmente si arriva alla delibera del consiglio di amministrazione.
   Tale potere di influenza sugli organi decisionali da parte dei sindaci è indubbio. Si tratta in ogni caso di un potere di (o di attività di) indirizzo sulla gestione, che è ben diverso dal potere di gestione.
   La decisione ultima se porre in essere o meno un’operazione, e la responsabilità connessa, resta in capo all’organo amministrativo, cui spetta l’attività di gestione.
   Il controllore può fare delle proposte al controllato, il che non significa esercitare l’attività di gestione; il gestore può tenere in considerazione la proposta, ma alla fine decidere diversamente.
   Il problema che sul punto viene spesso sollevato, quindi, e che riguarda la necessità che il soggetto controllato resti necessariamente distinto dal soggetto controllore, pare dissolversi ragionando in questi termini. I sindaci, infatti, esercitano l’attività di vigilanza sulla gestione, che è strettamente connessa ad una attività di indirizzo sulla gestione. L’attività di indirizzo sulla gestione è cosa diversa dalla attività di gestione, così come, parallelamente, organo di controllo e organo di gestione restano comunque distinti e non si crea il rischio che chi controlla coincida con il controllato.
   Ciò evidenzia un fisiologico ed essenziale coordinamento tra i due organi, necessario perché la loro collaborazione si concretizzi nella sana e prudente gestione dell’impresa sociale.
   Occorre soltanto un accenno ai casi, che in verità esulano dal tema del controllo, in cui la legge prevede che l’organo di controllo interno debba sostituirsi all’organo di gestione, casi in cui i sindaci sono eccezionalmente gestori. Si tratta dei poteri di amministrazione attiva (65) che la legge attribuisce ai sindaci nelle ipotesi di assenza degli amministratori (66) e di nomina degli amministratori per cooptazione (67); di inerzia degli amministratori (68); di comportamenti di amministratori in conflitto di interesse (69); di richiesta degli amministratori, nel caso di approvazione di nuove poste del bilancio (70).

   4. (segue) … nei rapporti interni al collegamento, e in particolare in quelli con possibilità di esistenza di vantaggi compensativi. – Per quanto attiene i rapporti interni al collegamento di gruppo, altri profili rilevanti, oltre a quelli interni alla stessa società, si riferiscono ai rapporti intragruppo, che coinvolgono le altre società e che influenzano necessariamente la gestione della singola società.
   Occorre quindi distinguere l’ambito interno alla società stessa da quello più ampio, ma comunque interno al collegamento societario, riguardante le operazioni realizzate con le altre società.
   Le problematiche su questo punto riguardano le modalità di esercizio del potere di direzione e coordinamento.
   Le istruzioni impartite dalla società o ente che esercita l’attività di direzione e coordinamento nei confronti delle partecipate potrebbero condizionare gli amministratori di queste ultime ad assumere decisioni non rispettose del principio di ragionevolezza e dannose per l’integrità del patrimonio sociale. Oltre alla individuazione di profili di responsabilità degli amministratori secondo i principi generali, occorre valutare se si possono prospettare specifiche responsabilità di chi ha influenzato tali scelte (71).
   Per tentare di dare una soluzione alle problematiche che possono crearsi, il legislatore ha introdotto la disciplina dell’esercizio dell’attività di direzione e coordinamento (artt. 2497 ss. cod. civ., inseriti con riforma del diritto societario del 2003) (72).
   Queste norme hanno sancito nel nostro ordinamento la legittimità dell’attività di direzione e coordinamento esercitata su altre società da parte di una holding e la responsabilità in conseguenza della violazione dei principi di corretta gestione societaria e imprenditoriale delle medesime società (art. 2497 cod. civ.). La stessa norma esclude la responsabilità «quando il danno risulta mancante alla luce del risultato complessivo dell’attività di direzione e coordinamento ovvero integralmente eliminato anche a seguito di operazioni a ciò dirette» (art. 2497, co. 1, cod. civ.). In questo modo, il legislatore ha fatto propria la c.d. teoria dei vantaggi compensativi che era stata elaborata in dottrina (73) e già accolta in giurisprudenza.
   L’utilità di tale teoria consisteva nel considerare unitariamente la disciplina del conflitto di interesse dei gruppi nell’ambito del diritto comune delle società; in sintesi, affermava che si poteva escludere l’applicabilità delle norme sul conflitto di interessi alle operazioni realizzate dagli amministratori della società controllata sulla base delle direttive della holding, se da tali operazioni conseguivano vantaggi per la società stessa dall’appartenenza al gruppo (74).
   Le problematiche individuate in dottrina come collegate ai vantaggi compensativi all’interno del gruppo necessariamente coinvolgono l’organo di controllo interno.
   Ciò che interessa evidenziare in questa sede, comunque, riguarda il ruolo dell’organo di controllo interno nella valutazione di possibili vantaggi compensativi che possono derivare dall’effettuazione di determinate operazioni intragruppo.
   Si tenga conto, in primo luogo, che il collegio sindacale (o altro organo se sono stati adottati i sistemi alternativi di amministrazione e controllo), nell’ambito del suo dovere di vigilanza sull’amministrazione che coinvolge l’attività degli amministratori in senso ampio, è tenuto ad avere una visione di continuità dell’amministrazione e deve avere cognizione di ogni passaggio che porta al compimento di una operazione societaria. Il controllo sindacale, infatti, non è un controllo ex post, o meglio non lo è soltanto, poiché viene esercitato, come detto, con continuità.
   Rispetto alle operazioni intragruppo, quindi, il controllo sindacale si configura come un controllo di tipo preventivo, perché i sindaci sono tenuti a valutare se una determinata operazione, che potrebbe essere svantaggiosa per una specifica società, porti dei vantaggi compensativi nell’ottica complessiva dell’impresa di gruppo e quindi possa essere giustificata (75). In questo senso, i sindaci esprimono una valutazione preventiva positiva o negativa. Non si preoccupano, quindi, della valutazione del possibile risarcimento che potrebbe essere considerato dopo che l’operazione è stata effettuata, salvo il fatto che non abbia vigilato in modo congruo e sia tenuto al risarcimento assieme agli amministratori.
   I vantaggi compensativi testimoniano il rilievo del gruppo come impresa unitaria sotto il profilo economico.

   5. (segue) nei rapporti con l’esterno all’area del collegamento. – L’organo di controllo interno, sia esso collegio sindacale, sindaco unico, consiglio di sorveglianza o comitato per il controllo sulla gestione, riveste un ruolo significativo nei rapporti con i terzi. Tale profilo è ancor più importante nei casi in cui la società appartenga ad un collegamento nella logica di gruppo, a causa della complessità degli intrecci di rapporti tra le società all’interno dello stesso gruppo e con l’esterno.
   I profili riguardanti i rapporti esterni sono molteplici.
   I soggetti terzi rispetto alla società e all’area del collegamento sono tutelati nel rapporto con la stessa perché i componenti dell’organo di controllo interno devono essere in possesso di determinati requisiti di professionalità imposti dalla legge (76).
   Tale sensazione di tutela può essere superiore a quella nei confronti dell’organo amministrativo, per il quale la legge non prevede gli stessi requisiti richiesti per l’organo di controllo.
   I terzi dovrebbero essere maggiormente tutelati, e quindi sentirsi più garantiti, nel rapporto con una società che ha nominato al suo interno, in via obbligatoria oppure volontaria, un organo di controllo, piuttosto che con una società che, invece, non lo preveda.
   Le ipotesi in cui non è obbligatoria la nomina di un organo di controllo interno sono numerose: si pensi in primo luogo alle società di persone (77), che pure sono presenti nei gruppi di società e in molte ipotesi della realtà anche nella veste di holding (78).
   Si tenga conto anche delle società a responsabilità limitata che, se non soddisfano i requisiti richiesti dall’art. 2477 cod. civ., non sono soggette all’obbligo di nomina del collegio sindacale, del sindaco unico o del revisore contabile (che può comunque essere scelto in via volontaria).
   Nel confronto con l’esterno, il terzo è meno tutelato se non è presente l’organo di controllo interno; riceve tutela in una certa misura se, invece, questi è presente; nel gruppo, in particolare, possono coesistere più organi di controllo interno che interagiscono nei rapporti con i terzi.
   La caratteristica di autonomia e di terzietà (sia rispetto ai terzi, esterni alla società e all’area del collegamento, sia rispetto agli altri organi sociali), nel contesto del collegamento assume notevole importanza, perché la necessità di una certa garanzia è maggiore rispetto alle situazioni in cui una società non appartenga ad un gruppo.
   I componenti dell’organo di controllo agiscono in base a due contemporanee esigenze, che costituiscono le due anime in base alle quali operano: quella di essere il punto di riferimento per i terzi (in primo luogo dei creditori sociali) nei loro rapporti con la società e quella di dover esprimere delle valutazioni sui rapporti con i terzi intrattenuti dalla società che li ha nominati, per poterle esprimere all’assemblea dei soci.
   Il rapporto tra l’organo di controllo interno e i terzi rappresenta, quindi, una angolazione significativa per analizzare il ruolo dello stesso organo.
   La nomina dell’organo di controllo interno, infatti, ha un rilievo autonomo per l’affidamento dei terzi, introducendo una terzietà; questo profilo si aggiunge a quello dell’autonomia nei confronti degli altri organi sociali (amministratori e soci), come si è accennato a proposito dei rapporti interni alla struttura societaria (79).
   Rilevano, in particolare, momenti disciplinati dalla legge, e in primo luogo la presentazione all’esterno del bilancio consolidato, rispetto al quale l’organo di controllo interno è coinvolto diversamente a seconda del sistema di amministrazione e controllo adottato.
   Il bilancio consolidato ha una funzione esclusivamente informativa e mira a fornire una rappresentazione veritiera e corretta della situazione patrimoniale e finanziaria e del risultato economico del complesso costituito dalla controllante e dalle controllate (80); deve essere redatto dalle società per azioni, in accomandita per azioni e a responsabilità limitata (ma anche da società di persone commerciali nell’ipotesi in cui tutti i soci illimitatamente responsabili siano costituiti da società di capitali) (81) che controllano un’impresa (82).
   Rispetto alla formazione del bilancio d’esercizio, una differenza importante consiste nel fatto che il bilancio consolidato non è soggetto all’approvazione dell’assemblea.
   Il bilancio consolidato è quindi un atto degli amministratori nel sistema tradizionale e nel sistema monistico; è, invece, approvato dal consiglio di sorveglianza nel sistema dualistico (83).
   Per quanto riguarda il profilo del controllo dal punto di vista contabile, è assoggettato a revisione legale, demandata al soggetto incaricato della revisione legale del bilancio di esercizio della società che redige il bilancio consolidato (84). Sul punto occorre distinguere tra la disciplina delle società azionarie e quella della società a responsabilità limitata.
   Nella società per azioni la revisione legale dei conti è affidata ad un revisore legale o ad una società di revisione legale iscritti nell’apposito registro. Soltanto nelle società che non sono tenute alla redazione del bilancio consolidato lo statuto può prevedere che la revisione legale dei conti possa essere esercitata dal collegio sindacale (85); di conseguenza, il controllo su questo documento (nel sistema tradizionale di amministrazione e controllo) non può in ogni caso essere affidato ai sindaci. Nei sistemi dualistico e monistico, invece, non è prevista nessuna ipotesi in cui possa essere affidata la funzione di revisione legale dei conti agli organi di controllo interno (86).
   Occorre tenere distinti i momenti della predisposizione, della revisione legale e della approvazione del bilancio consolidato.
   Nei tre sistemi di amministrazione e controllo il bilancio consolidato è un documento predisposto dall’organo di gestione ed è soggetto a revisione legale da parte di un revisore legale o da una società di revisione iscritti nell’apposito registro.
   Per quanto riguarda l’approvazione occorre, invece, distinguere. Nel sistema tradizionale e nel sistema monistico il bilancio consolidato non è oggetto di approvazione da parte dell’assemblea, né da altro organo sociale.
   Nel sistema dualistico esso è approvato dal consiglio di sorveglianza, che deve necessariamente effettuare delle verifiche di tipo contabile per poter concedere l’approvazione.
   Il collegio sindacale della società controllante, quindi, pur non essendo investito della funzione di controllo sul bilancio consolidato, non sembra, tuttavia, che possa essere del tutto escluso dal procedimento di formazione di questo documento, e ciò per diversi ordini di motivi.
   In primo luogo, all’organo sindacale non è sottratto ogni margine di intervento in materia contabile e ogni profilo di responsabilità connesso. Ciò è dovuto al fatto che non è semplice separare le regole sulla tenuta della contabilità dall’area dei principi di verifica della corretta amministrazione, né tracciare una distinzione netta tra controlli contabili e controlli sull’attività amministrativa (87).
   In particolare, malgrado il silenzio della legge, un obiettivo che sembra ravvisarsi nel controllo dei sindaci della controllante è quello di «verificare quanta parte del risultato economico della controllante derivi dalle operazioni intragruppo» (88).
   In secondo luogo, il ruolo dei sindaci appare subito significativo per il profilo che concerne l’assenza dell’approvazione dell’assemblea nel procedimento di formazione del bilancio consolidato. Quest’ultimo, come accennato, è un documento predisposto dagli amministratori dell’impresa controllante (89) e non deve essere approvato dall’assemblea (a differenza del bilancio d’esercizio, secondo quanto disposto dall’art. 2364 cod. civ.).
   I sindaci, quindi, devono esercitare le loro funzioni in modo ancora più consapevole, dato che in riferimento al bilancio consolidato manca il controllo dell’organo assembleare. Ciò vale a caratterizzare i controlli del collegio sindacale rispetto a quelli tradizionali sul bilancio d’esercizio e a renderli più pregnanti ed integrati da valutazioni non tipizzate, che possono variare a seconda che ci si collochi in un ambito di quotazione o meno e di altre circostanze come l’appartenenza o meno a segmenti del diritto speciale.
   Si può quindi affermare che, pur in presenza di un soggetto esterno (revisore o società di revisione) che effettui il controllo sul bilancio consolidato e con il quale il collegio sindacale necessariamente si rapporti, quest’ultimo non sia esautorato della sua funzione primaria, poiché deve vigilare sulla legalità del processo di formazione, controllo e pubblicazione del documento.
   Nei casi in cui la società controllante sia una società a responsabilità limitata, poiché è tenuta alla redazione del bilancio consolidato, la nomina dell’organo di controllo interno è obbligatoria (art. 2477, co. 3, cod. civ.). In questo caso si deve nominare un organo di controllo (collegio sindacale o sindaco unico) (90) o un revisore. Allo stesso organo può essere affidata la competenza sulla revisione legale dei conti, se previsto nell’atto costitutivo (art. 2477, co. 1, cod. civ.).
   Il legislatore prevede, inoltre, che nel caso di nomina di un «organo di controllo, anche monocratico» (ossia di un collegio sindacale o di un sindaco unico) si applicano le disposizioni sul collegio sindacale previste per le società per azioni. Poiché, come accennato in precedenza, nelle società azionarie tenute alla redazione del bilancio consolidato la revisione legale dei conti deve essere necessariamente affidata ad un revisore legale dei conti o ad una società di revisione legale iscritti nell’apposito registro (art. 2409-bis), ne consegue che anche nella s.r.l. che nomina un collegio sindacale o un sindaco unico la revisione legale non può essere affidata a questi ultimi, ma deve essere nominato un revisore (ciò vale sia per le s.r.l. tenute all’obbligo di nomina dell’organo di controllo interno, sia per quelle che lo introducono in via volontaria; questa regola si applica, quindi, anche alle s.r.l. che non sono tenute alla redazione del bilancio consolidato, perché l’art. 2477, co. 5, non fa menzione della obbligatorietà della nomina). Di conseguenza, nella s.r.l. al collegio sindacale o al sindaco unico non può essere affidato il controllo sul bilancio consolidato.
   Nel caso in cui la società nomini un revisore, invece, non sembra preclusa la possibilità di attribuire ad esso la funzione di revisione legale dei conti e, di conseguenza, di controllo sul bilancio consolidato.
   Si pongono, tuttavia, degli interrogativi nel caso in cui sia nominato, quale organo di controllo interno, un revisore legale dei conti, senza che nell’atto costitutivo sia prevista l’attribuzione della funzione di revisione legale all’organo di controllo. Ci si chiede, in particolare, se questa competenza gli spetti in quanto revisore, ovvero se la mancata attribuzione della funzione di revisione nell’atto costitutivo non debba essere interpretata come una precisa scelta dei soci circa la volontà di nominare un revisore per il controllo interno sulla gestione e un secondo revisore che si occupi del controllo sul bilancio consolidato.
   Tale argomentazione, che ad una prima riflessione sulla norma sembra ragionevole prospettare, propone una soluzione differente da quella che, sulla base del testo previgente, correttamente giustificava l’attribuzione al collegio sindacale del controllo sul bilancio consolidato (91).
   L’art. 2477 cod. civ., infatti, in seguito alle modifiche apportate dal d. lgs 39/2010, stabiliva che nei casi in cui la nomina del collegio sindacale fosse obbligatoria (92) dovessero essere applicate le disposizioni in tema di società per azioni e che, se l’atto costitutivo non disponeva diversamente, la revisione legale dei conti fosse esercitata dal collegio sindacale (art. 2477, co. 5, testo previgente) (93).
   Poiché l’art. 41 del d.lgs. 127/1991 disponeva (in seguito alle modifiche apportate dal d.lgs. 39/2010) che la revisione fosse demandata al soggetto incaricato della revisione legale del bilancio di esercizio della società che redigeva il consolidato, organo rappresentato dal collegio sindacale (al quale, in assenza di una diversa disposizione dell’atto costitutivo, era affidata la revisione legale dei conti), ad esso di conseguenza spettava anche la revisione legale sul bilancio consolidato (94).
   Tornando alla disciplina attuale, sembra ragionevole considerare che il collegio sindacale in presenza di un bilancio consolidato sia sempre coinvolto, pur se con una funzione indiretta di controllo, poiché deve vigilare sulla correttezza del procedimento e sugli atti posti in essere dagli amministratori.
   Si tratta di un momento in cui il ruolo del collegio sindacale è fondamentale poiché, come si è accennato, diversamente che per il bilancio d’esercizio, la disciplina non prevede l’approvazione dell’assemblea.
   Quanto detto può essere applicato anche, nell’ipotesi in cui venga adottato il sistema monistico, al comitato per il controllo sulla gestione, tenendo conto che è presente un ulteriore elemento da valutare ossia, il fatto che i componenti dell’organo di controllo sono essi stessi amministratori, anche se (ragionevolmente) non partecipano materialmente alla stesura del bilancio consolidato di gruppo.
   Nel caso della presenza del sistema dualistico, il consiglio di sorveglianza è invece coinvolto direttamente nella fase di approvazione per espressa previsione legislativa.

   6. Pluralità di organi e mancanza di omogeneità della funzione di controllo interno nelle società di capitali inserite in un contesto di collegamento. – In un contesto di collegamento societario la funzionalità del controllo interno può essere influenzata dalla contemporanea presenza di diversi organi, a seconda del sistema di amministrazione e controllo scelto.
   Non è scontato, quindi, che ci sia omogeneità nel controllo o possibilità di un agevole confronto, ad esempio, nel rapporto tra sindaci e consiglieri di sorveglianza.
   L’area delle società del gruppo è un’area che non necessariamente è uniforme, anche se è composta interamente da società di capitali.
   La complessità aumenta nelle ipotesi in cui alcune società non abbiano nominato l’organo di controllo interno; ciò può accadere se vi sono società a responsabilità limitata che non sono soggette all’obbligo di nomina (in base ai requisiti richiesti dall’art. 2477 cod. civ.) e che non l’abbiano nominato in via volontaria.
   La funzione di controllo interno è esercitata in modo differente a seconda dell’organo che la pone in essere: l’organo tradizionalmente deputato a questo compito, il collegio sindacale, ha il potere-dovere di vigilanza sull’amministrazione e, in alcune ipotesi previste dalla legge, funzione di consulenza e di amministrazione attiva.
   Per quanto concerne il consiglio di sorveglianza il funzionamento è sensibilmente differente, poiché all’organo sono attribuite alcune funzioni che nel sistema tradizionale spettano all’assemblea e agli amministratori.
   In questo caso il controllo è, in qualche modo, un controllo che opera “dall’alto”; si collega ad un potere di orientamento dell’organo e probabilmente ciò implica una responsabilità maggiore rispetto a quella dei sindaci.
   I consiglieri di sorveglianza sono coinvolti diversamente nella gestione della società rispetto ai sindaci, e di conseguenza a loro interessa maggiormente se la società è partecipata oppure se detiene partecipazioni in altre imprese che possono configurare una situazione di collegamento oppure di controllo.
   I ruoli dei componenti dell’organo di controllo sono diversi rispetto a quelli dei sindaci anche nel sistema monistico: in quest’ultimo l’indipendenza dell’organo di controllo deve essere maggiore perché i soggetti con i ruoli di controllore e quelli di controllato fanno parte dello stesso organo.
   Qui la commistione tra funzione di gestione e funzione di vigilanza si concretizza in modo ancora più deciso, poiché i componenti dell’organo di controllo sono essi stessi amministratori a tutti gli effetti, pur non dovendo ricoprire incarichi operativi per poter essere membri del comitato per il controllo sulla gestione.
   Nel comitato per il controllo sulla gestione, quindi, rilevano ancor di più che nel collegio sindacale i profili riguardanti l’indipendenza, perché gestori e controllori fanno parte dello stesso organo sociale e il sistema si fonda sul fatto che, nonostante questa appartenenza, esiste una capacità di controllo da parte degli amministratori non esecutivi (95).
   Il controllo, in questo caso, avviene “dall’interno” ed è fondato sulla effettiva indipendenza dei componenti del comitato per il controllo sulla gestione.
   Nel collegamento di gruppo l’esigenza è ancora più sentita, a causa della complessità delle relazioni tra le società e dei rapporti posti in essere con soggetti terzi.
   La funzione del controllo interno ha, quindi, una diversa rilevanza se è presente un collegio sindacale, un consiglio di sorveglianza o un comitato per il controllo sulla gestione.
   Sulle società a responsabilità occorrono alcune osservazioni specifiche.
   La norma che disciplina la funzione di controllo, ossia l’art. 2477 cod. civ., è stata recentemente modificata (96) e nella attuale versione prevede la possibilità di nominare nell’atto costitutivo, determinandone competenze e poteri (inclusa la revisione legale dei conti), un organo di controllo o un revisore. Se lo statuto non dispone diversamente, l’organo di controllo è costituito da un solo membro effettivo. Il collegio sindacale della società a responsabilità limitata, quindi, può essere un organo pluripersonale o un monocratico, nominato in alternativa al revisore contabile.
   Tali opzioni sono valide sia nelle ipotesi in cui sia obbligatoria la presenza dell’organo di controllo interno, sia in quelle in cui esso sia presente in via non obbligatoria.
   Tuttavia, i profili di funzionalità e di responsabilità del sindaco unico sono gli stessi del collegio sindacale pluripersonale, poiché la legge non prevede una differente disciplina per l’ipotesi dell’organo monocratico. Il fatto, quindi, che l’organo sia unipersonale o pluripersonale non assume un rilievo particolare, perché non cambia la funzione (97).
   Per quanto concerne il contesto del collegamento societario, rileva l’obbligo di nomina dell’organo di controllo o del revisore per le società a responsabilità limitata nelle ipotesi in cui: a) siano tenute alla redazione del bilancio consolidato; b) controllino una società obbligata alla revisione legale dei conti; c) abbiano superato per due esercizi consecutivi i limiti per la redazione del bilancio in forma abbreviata (art. 2477, co. 3, cod. civ.).
   Il controllo interno nella società a responsabilità limitata è, quindi, assicurato in modo particolare, e reso obbligatorio se la società riveste il ruolo di controllante.
   Occorre poi considerare che nel contesto del collegamento potrebbero entrare a far parte due forme nuove di società a responsabilità limitata (definirle nuovi tipi o modelli societari non sembra appropriato) introdotte con recenti provvedimenti.
   La prima è la società a responsabilità limitata semplificata, disciplinata nell’art. 2463-bis (98), la cui costituzione è riservata ai giovani di età inferiore ai trentacinque anni e le cui caratteristiche principali riguardano l’ammontare del capitale sociale, che deve essere pari almeno ad un euro e inferiore a diecimila euro, e l’atto costitutivo, che deve essere redatto secondo un modello standard tipizzato con decreto del Ministro della giustizia (99).
   La seconda è la società a responsabilità limitata a capitale ridotto (100), alla quale si applica la disciplina contenuta nell’art. 2463-bis, ma che può essere costituita, con atto unilaterale o con contratto, anche da persone che abbiano compiuto i trentacinque anni d’età alla data della costituzione.
   Queste due nuove figure potrebbero collocarsi in un contesto di collegamento e, ai fini dell’esame della funzione di controllo interno, sarebbero sottoposte alle regole della società a responsabilità limitata. È sembrato doveroso segnalarle per un profilo in particolare: poiché si tratta di società di dimensioni ridotte dal punto di vista del capitale, ad una prima lettura sembra che non dovrebbero essere soggette all’obbligo di nomina dell’organo di controllo interno e che potrebbero nominarlo in via volontaria. L’impressione è che si tratterà di società sprovviste di organo di controllo interno e che quindi, nel contesto della funzione complessa del controllo, non avranno un “riferimento” per un confronto con gli organi delle altre società.
   Occorre, infine, tener conto che l’attività di controllo nelle società di capitali è articolata in modo complesso e contempla la presenza di una pluralità di soggetti.
   In primo piano vi sono il collegio sindacale, il consiglio di sorveglianza e il comitato per il controllo sulla gestione, deputati all’attività di controllo interno. L’organo di controllo, qualunque esso sia dei tre ricordati a seconda dell’opzione presente nello statuto per il sistema di amministrazione e controllo, opera in un contesto in cui sono presenti altri soggetti con i quali deve rapportarsi (101).
   Si pensi ai soggetti incaricati della revisione legale dei conti (società di revisione, revisore esterno, ma in alcuni casi gli stessi sindaci) al sistema di controllo interno, al dirigente preposto alla redazione dei documenti contabili societari, ma anche al socio di società a responsabilità limitata e al socio accomandante.
   In dottrina è stato, infatti, precisato che in materia di controlli siamo in presenza di un reticolo (102), più che di un sistema, poiché negli ultimi anni i soggetti coinvolti si sono moltiplicati e in alcuni casi le loro competenze sovrapposte, dando vita ad un quadro normativo non organico.
   L’attività di vigilanza, pur essendo articolata in modo complesso, deve necessariamente integrarsi con l’attività di gestione per attuarsi secondo la sua vera natura di attività di verifica della gestione. Si tratta, inoltre, di un reticolo differente a seconda del tipo di società che si analizza, della condizione di società quotata o meno, della presenza in un gruppo di imprese o meno.
   In alcuni casi è lo stesso legislatore a chiarire i rapporti tra diversi organi prevedendo un obbligo di collaborazione o almeno di scambio di informazioni. Ad esempio: il collegio sindacale (ma non è prevista l’applicabilità della norma al consiglio di sorveglianza o al comitato per il controllo sulla gestione) e i soggetti incaricati della revisione legale dei conti devono scambiarsi tempestivamente le informazioni rilevanti per l’espletamento dei rispettivi compiti (art. 2409-septies, e art. 150 co. 3, t.u.f. nei confronti della società di revisione).
   Si tenga conto, inoltre, della collaborazione tra organi di controllo interno delle varie società appartenenti al gruppo, previsti in più norme.
   Pare evidente, infatti, che il reticolo di controlli, di per sé già parecchio articolato, è ancor più complesso nell’ambito di un gruppo. In questo ambito, il controllo ha una indubbia funzione di utilità riconosciuta dai soggetti presenti all’interno del gruppo, ma la sua attuazione è ancor più complessa.

   7. Ipotesi di coinvolgimento nel collegamento societario di società di persone e funzione di controllo. – Il legame partecipativo tra più società che permette una integrazione delle rispettive attività non si stabilisce soltanto tra società a base capitalistica. Del collegamento in una logica di gruppo possono far parte anche società di persone, a motivo dell’espressa previsione contenuta nell’art. 2361, co. 2, cod. civ., il quale consente che una società di capitali possa acquisire partecipazioni in una società di persone (103).
   Occorre quindi tener conto dei casi in cui, all’interno del medesimo contesto di collegamento societario, siano collocate società che non abbiano nominato l’organo di controllo interno, perché non previsto dalla disciplina del tipo (come per le società di persone), oppure perché non sono soggette all’obbligo di nomina (ma potrebbero dotarsene in via volontaria, come nelle società a responsabilità limitata).
   Nelle società di persone, in particolare, l’assenza di un organo di controllo interno può essere collegata all’esistenza di particolari attribuzioni in capo ai soci.
   Nella società semplice e nella società a responsabilità limitata (in quest’ultima la disciplina sul punto è stata ispirata da quella delle società di persone), i soci che non partecipano all’amministrazione sono titolari di un potere di accesso ai documenti amministrativi e hanno diritto di avere dagli amministratori notizia dello svolgimento degli affari sociali (art. 2261 e art. 2476, co. 2, cod. civ.).
Nella società in accomandita semplice i soci accomandanti hanno diritto di avere comunicazione annuale del bilancio e di verificarne l’esattezza tramite la consultazione dei libri e degli altri documenti della società (104).
   La normativa affida, quindi, al socio accomandante una sorta di potere di controllo interno e lo stesso socio può vigilare o ingerirsi nella gestione, vicende nelle quali il confine è sfumato.
   Nella società semplice, in caso di amministrazione disgiuntiva, il controllo spetta a ogni socio, poiché «ciascun socio amministratore ha diritto di opporsi all’operazione che un altro voglia compiere, prima che sia compiuta» (art. 2257, co. 2); ogni socio esercita, quindi, potere di gestione e di controllo.
   Possono perciò esistere soggetti che detengono il potere di gestione ed esercitano un potere di controllo, così come accade nelle società di persone. Le interazioni tra controllo e gestione esistono e pongono sempre questioni delicate, maggiormente accentuate se le società in cui si verificano appartengono ad un gruppo di società.
   In linea di principio, quando nel contesto del collegamento di gruppo esistono società di persone o società a responsabilità limitata, la funzione complessa del controllo necessariamente le coinvolge.
   In particolare, l’organo di controllo interno di una società che detiene partecipazioni deve accertare se le partecipate sono dotate di collegio sindacale (nel caso delle s.r.l.) oppure se vi sono società di persone, nel qual caso certamente non vi è organo di controllo interno.
   Nelle ipotesi di partecipate mancanti di organo di controllo, il collegio sindacale (o il consiglio di sorveglianza, o il comitato per il controllo sulla gestione) della controllante dovrebbe preoccuparsi anche delle vicende di dette controllate, nell’ambito dell’ampio dovere di vigilanza sull’amministrazione (della società che lo ha nominato).
   Vengono in evidenza le difficoltà per acquisire informazioni (si tratta della prima fase per poter esercitare l’attività di vigilanza) sull’attività delle partecipate, poiché il collegio sindacale, in questo caso, non trova un corrispondente organo con cui scambiare informazioni (come previsto dall’art. 2403-bis).
   Potrebbe forse ipotizzarsi, da parte dei controllori, la presentazione delle richieste agli amministratori delle controllate, pur se tale previsione non è formalizzata in nessuna norma.
   La situazione potrebbe anche presentarsi “al contrario”, ossia nel caso di una società holding che non detenga organo di controllo interno. Si pensi ai casi in cui del ruolo di controllante sia investita una società di persone, ipotesi che non era probabilmente inclusa originariamente nell’interpretazione dell’art. 2359 cod. civ., ma che può certamente essere considerata alla luce della disciplina della eterodirezione, in tema di direzione e coordinamento (105).
   Se nel ruolo di controllante si trova, invece, una società a responsabilità limitata, essa è obbligata a dotarsi di collegio sindacale pur se di ridotte dimensioni e per il solo fatto di ricoprire tale ruolo (106).
   L’inserzione di società di persone nel contesto del collegamento di gruppo ha un impatto rilevante sul piano del controllo interno (107).
   L’attività di ispezione esercitata dai soci di società di persone o dai soci non amministratori di società a responsabilità limitata non sostituisce la funzione di vigilanza del collegio sindacale, per due ordini di motivi che qui occorre segnalare (pur non essendo gli unici):
   a) in punto di poteri/doveri: l’attività di controllo del collegio sindacale è una attività formalizzata, disciplinata con norme positive ed esercitata da soggetti in possesso di determinati requisiti professionali, mentre i soci esercitano essenzialmente un diritto di accesso alle informazioni (108) riguardanti l’amministrazione societaria, ma non sono investiti in via istituzionale di un potere di controllo;
   b) in punto di responsabilità: i sindaci sono investiti di un dovere di vigilanza, sono responsabili del loro operato, oltre ad essere solidalmente responsabili con gli amministratori. Il diritto di controllo dei soci è una facoltà, della quale gli stessi possono scegliere di non avvalersi, senza che incorrano in alcuna sanzione per inadempimento.
   Può quindi rilevarsi che in presenza di società inserite nel collegamento di gruppo, ma non dotate di organo di controllo, la funzione di vigilanza sulla attività delle stesse graverà su altre società del collegamento e necessariamente sulla controllante.

   8. L’integrazione della funzione di controllo nel contesto di collegamento societario tra regole generali del controllo interno…. – Riflettendo sulla funzione del controllo interno nel collegamento di gruppo nascono degli interrogativi; si prospetta, quindi, l’esigenza di una verifica in merito, poiché, come accennato, la legislazione è rimasta ancorata, tranne che per alcune norme, alla regolamentazione del controllo interno nella singola società.
   Esistono, comunque, delle norme sul tema che configurano degli spunti nel complesso ambito del controllo nel collegamento societario, che ad un primo esame sembrano disposizioni particolari ed isolate, ma che invece consentono di ragionare sul collegamento tra società e sulle mutate esigenze del controllo interno.
   Occorre in primo luogo riflettere su regole generali per l’organo di controllo interno, che si applicano in tutte le società, ma che contengono indicazioni specifiche per quelle inserite in un gruppo.
   Tra le norme che segnalano l’attenzione del legislatore per il momento del coordinamento e che forniscono spunti per ricostruire la funzione del controllo nel gruppo vi sono quelle riguardanti le cause di ineleggibilità e di decadenza dei componenti dell’organo di controllo. Si tratta delle condizioni soggettive che non consentono di assumere l’incarico e che, sopravvenute in seguito all’assunzione, causano la decadenza automatica dall’ufficio.
   Esse sono rintracciabili sia nella disciplina del Codice civile che in quella contenuta nel Testo unico della finanza e in vari ordinamenti settoriali, in versioni differenti fra loro.
   Il fatto che il legislatore sia intervenuto in modo diverso a seconda del contesto ha reso più difficile l’interpretazione di alcuni profili della disciplina. Il criterio cui riferirsi per risolvere i problemi che possono presentarsi nella prassi è necessariamente legato alla ratio delle norme.
   L’art. 2399 cod. civ. ha, infatti, in comune con le altre disposizioni che individuano le cause di ineleggibilità e di decadenza la finalità di contenere il rischio di compromissione dell’indipendenza dei sindaci (109).
   Con le modifiche introdotte nella norma ad opera della riforma del diritto societario i requisiti di indipendenza dei sindaci sono stati rafforzati rispetto alla disciplina previgente (110). La volontà del legislatore di rendere ancor più stringenti tali vincoli è espressa nella Relazione al d.lgs. n. 6 del 2003, ove si precisa che le cause di ineleggibilità e di decadenza «sono state meglio definite ed ampliate» per garantire l’indipendenza e la neutralità di tutti i sindaci (111).
   Le norme (112) individuano delle incompatibilità per la nomina a componente dell’organo di controllo interno nei legami di parentela con gli amministratori delle società appartenenti al gruppo oppure nei rapporti di tipo professionale con la società che li nomina o con le altre società del gruppo (113).
   Queste norme sono finalizzate, come accennato, a garantire l’indipendenza dei componenti dell’organo di controllo interno, nei casi in cui la società che li ha nominati sia collocata in un contesto di collegamento.
   In alcune ipotesi vengono costituite società controllate nell’ambito di un gruppo come una precisa scelta di organizzazione dell’attività di impresa e in alternativa ad altre possibilità quale, ad esempio, la creazione di patrimoni destinati (114), rispondendo all’esigenza di di risolvere i problemi di articolazione economica dell’attività di impresa (115).
   Il dato che interessa maggiormente in questa sede riguarda il fatto che nei patrimoni destinati la vigilanza è affidata all’organo di controllo interno della società, poiché non è previsto dall’ordinamento un organo specifico.
   È evidente, quindi, una differenza rispetto alle ipotesi in cui occorre valutare il rapporto tra i due organi di controllo della società controllante e della società controllata. In quest’ultimo caso, infatti, si possono verificare diverse situazioni: a) le due società hanno scelto il medesimo sistema di amministrazione e controllo e, quindi, i due organi di controllo interno e sono sottoposti alla stessa disciplina; b) le due società hanno adottato due sistemi di amministrazione e controllo differenti, quindi si devono confrontare due organi di controllo che non sono soggetti alle stesse regole.
   A queste due intuitive possibilità se ne sovrappone un’altra, che può presentarsi sia nella prima che nella seconda ipotesi: il fatto che i due organi di controllo siano composti, in parte o nella totalità, dagli stessi componenti, ossia che gli stessi soggetti siano stati nominati in più organi di controllo di diverse società.
   La situazione estrema è quella, ad esempio, di un gruppo di società che abbiano tutte optato per il sistema tradizionale di amministrazione e controllo e abbiano nominato gli stessi componenti per il collegio sindacale. Può tuttavia verificarsi anche la situazione in cui la composizione dei collegi sindacali non sia del tutto identica, ma soltanto alcuni soggetti siano presenti in più collegi o in tutti. Altra situazione ipotizzabile è quella in cui organi di controllo differenti (ad esempio, un collegio sindacale e un consiglio di sorveglianza) includano alcuni componenti “coincidenti”.
   Appare evidente che la medesima composizione di due organi di controllo in due società che tra loro non siano collegate non crea problemi, mentre diventa delicata se le società appartengono allo stesso gruppo. L’indipendenza può essere compromessa, sia a livello collegiale che a livello individuale.
   L’eventuale conflitto di interessi nel rapporto tra due o più società si può scongiurare con una composizione diversa degli organi di controllo interno; nei patrimoni destinati, invece, dove l’organo vigila sull’amministrazione in generale e sulle vicende dei patrimoni destinati, il conflitto di interesse non si può evitare.
   Occorre precisare che la legge non vieta che il medesimo collegio sindacale (o altro organo di controllo interno) sia presente in più società dello stesso gruppo (116). Tuttavia, è controverso se sia compatibile l’incarico di sindaco nella società controllata con la carica di amministratore o sindaco nella società controllante.
   Se, infatti, si è sostenuto che potrebbero esserci dei vantaggi con la presenza di sindaci della controllante nel collegio sindacale della controllata (117), la commistione di cariche sociali all’interno delle società del medesimo gruppo sembra contrastare con la ratio dell’art. 2399 cod. civ.
   Se tale norma è finalizzata a rendere effettiva l’indipendenza dei componenti del collegio sindacale, tale indipendenza rischierebbe di essere compromessa dalla contemporanea carica di amministratore o sindaco in altra società dello stesso gruppo.
L’impressione è, infatti, di una prevalenza (nell’operato di amministratori e sindaci in questione) dell’interesse della controllante (oppure dell’interesse di gruppo) rispetto a quello della controllata che rafforzerebbe l’ingerenza della controllante nella gestione della controllata.
   Sembrerebbe, quindi, ragionevole escludere l’eleggibilità (a sindaco) di chi già ricopre cariche sociali in altre società dello stesso gruppo (118).

   9. (segue) e spunti normativi dedicati, alla ricerca di un sistema. – L’ipotesi di lavoro può essere a questo punto definita ed è basata sull’analisi di spunti normativi che evidenziano che per una società inserita in un contesto di collegamento societario in una logica di gruppo le esigenze di controllo interno aumentano rispetto ai casi in cui la società è isolata.
   Si intende, quindi, verificare se, e in che termini, il legislatore abbia tenuto conto di questo fenomeno.
   Ciascuna delle norme che interessano, come accennato, è stata finora analizzata dalla dottrina in modo indipendente dalle altre, nell’ambito della disciplina del tipo societario cui si riferisce, senza valorizzarne l’apporto in un contesto di coordinamento e controllo di società.
   Si tratta, in effetti, di norme posizionate “in modo sparso” all’interno dei diversi profili di disciplina e, ad un primo esame, non è evidente la loro rilevanza in un contesto più ampio di quello che riguarda la singola società, ossia in un ambito di collegamento societario; occorre verificare se la loro esistenza, pur se non organizzata in un corpo organico di norme, consenta di ragionare in termini di sistema.
   La frammentarietà della disciplina è legata a precise scelte del legislatore. È necessario pensare le norme societarie in un contesto più ampio, ossia di gruppo o di collegamento societario, pur mancando nella maggior parte di esse il riferimento specifico, e verificarne l’applicabilità in modo coerente con le peculiari disposizioni riferite alle società appartenenti ad un gruppo.
   È utile analizzare queste norme per i profili che rilevano nel contesto del collegamento societario ed evidenziarne i legami tra di esse.
   La ricostruzione di un sistema dei controlli nei gruppi, tra l’altro, è ormai indispensabile ai fini della prevenzione delle crisi di impresa in questi contesti e dell’analisi delle crisi conclamate.
   L’attualità segnala sempre più spesso crisi di gruppi di società dalla dimensione notevole nei mercati finanziari, in merito alle quali ci si chiede cosa non abbia funzionato nel sistema dei controlli interni, che sono il principale riferimento per prevenire le situazioni di insolvenza o di cattiva gestione da parte degli amministratori.
   L’esistenza di norme riferite a particolari esigenze di controllo nell’ipotesi di attività di direzione e coordinamento segnalano che il legislatore, pur non predisponendo un organico corpo di norme, ha individuato situazioni critiche nelle quali le esigenze del controllo interno aumentano e di questo si è preoccupato.
   Pur essendo norme che sono collocate in contesti diversi, è possibile orientarle verso un sistema.
   Tali disposizioni indicano che in momenti cruciali della vita della società il legislatore si è preoccupato del fatto che la società appartiene ad un gruppo.
   9.1. Società a responsabilità limitata
   Si pensi in primo luogo alle aumentate esigenze di controllo per la società a responsabilità limitata inserita in un contesto di collegamento: come accennato in precedenza, il legislatore impone la nomina di un collegio sindacale e ritiene tanto importante la presenza di questo organo nella s.r.l. inserita in un gruppo da fissare una norma inderogabile da parte dell’autonomia privata, diversamente dalla maggior parte della disciplina di questo tipo societario.
   La norma in questione è contenuta nel terzo comma dell’art. 2477 cod. civ. (119), che è collocata dopo la disposizione (120) che impone la nomina dell’organo di controllo o del revisore se il capitale sociale non è inferiore a quello minimo stabilito per le società per azioni.
   In generale, quindi, le s.r.l. con capitale sociale inferiore a 120.000 euro sono considerate società di piccole dimensioni nelle quali non è obbligatoria la nomina dell’organo di controllo o del revisore. Se le stesse società, però, sono inserite in un contesto di coordinamento in una delle ipotesi del terzo comma, sono sottoposte all’obbligo di nomina, indipendentemente dall’ammontare del capitale sociale.
   L’art. 2477, co. 3, cod. civ., quindi, evidenzia che questa regola vale sia per le società di piccole dimensioni che per quelle di grandi dimensioni, se consideriamo l’ammontare del capitale sociale un indicatore della dimensione dell’impresa societaria. Ciò che conta, per essere sottoposte all’obbligo di nomina del collegio sindacale, è il ruolo che la società riveste nel contesto del coordinamento.
   Si tenga conto che il comma che qui interessa non è stato modificato dalle recenti riforme riguardanti l’art. 2477 (in nessuna fase del complicato iter che ha portato all’attuale testo dell’articolo), se non nell’individuazione del soggetto (organo di controllo o revisore). Questo dato potrebbe essere interpretato come un indice di validità della norma, in riferimento alla quale il legislatore non ha ritenuto necessario intervenire.
   9.2. Flusso delle informazioni.
   In materia di poteri del collegio sindacale con la riforma del diritto societario del 2003 sono state modificate le disposizioni che attribuiscono specifiche facoltà ai sindaci della società controllante. Queste norme evidenziano un significativo ampliamento dei poteri di informazione dei sindaci con riferimento alle società controllate da quella nella quale operano (121).
   Attualmente, il flusso delle informazioni è regolato come «un vero e proprio sistema, assai articolato e tendenzialmente organico» (122).
   L’organo sindacale ha assunto un ruolo fondamentale nell’ambito dei flussi informativi (123) e si colloca al centro dei rapporti tra i vari soggetti ed organi, quasi fosse un crocevia nel quale le informazioni riguardanti la gestione societaria devono, nella maggior parte dei casi, necessariamente transitare per poter essere “smistate” a coloro che ne facciano richiesta o abbiano il diritto di riceverne (124).
   Le modalità di acquisizione delle informazioni da parte dei componenti del collegio sindacale sono molteplici.
   I sindaci sono, infatti, destinatari di informazioni, che altri soggetti sono obbligati a fornire loro; inoltre, essi sono titolari di poteri-doveri finalizzati ad acquisire direttamente dati e notizie sulla gestione societaria (125).
   Tali attribuzioni sono, per alcuni profili, articolate diversamente per i sindaci di società di diritto comune e per i sindaci di società quotate.
   I sindaci possono, invece, acquisire direttamente dati e notizie sulla gestione societaria attraverso i poteri di ispezione e di informazione (126) e l’obbligo di intervento alle riunioni del consiglio di amministrazione, delle assemblee e del comitato esecutivo (127).
   In particolare, a norma dell’art. 2403-bis, il collegio sindacale (della controllante) può chiedere agli amministratori notizie, anche con riferimento alle società controllate, sull’andamento delle operazioni sociali o su determinati affari.
   Per quanto riguarda i doveri informativi nei confronti del collegio sindacale, occorre menzionare gli obblighi di comunicazione allo stesso a carico degli amministratori o degli organi delegati (art. 2381, co. 5, cod. civ.).
   9.3. Bilancio d’esercizio.
   Nel contesto del collegamento di gruppo le relazioni imprenditoriali tra le società collegate influenzano la valutazione delle partecipazioni in bilancio (128).
   Ai sensi dell’art. 2424 cod. civ., gli elementi patrimoniali (la partecipazione, nel caso che interessa) destinati a essere utilizzati durevolmente devono essere iscritti in bilancio tra le immobilizzazioni, e non nell’attivo circolante; quindi le partecipazioni tramite le quali si realizza un rapporto di collegamento devono essere iscritte tra le immobilizzazioni. Ciò crea dal punto di vista contabile una serie di conseguenze in merito alla valutazione della partecipazione societaria (129). In particolare, la norma precisa (130) che le partecipazioni in altre imprese in misura non inferiore a quelle stabilite dal terzo comma dell’art. 2359 cod. civ. si presumono immobilizzazioni (131).
   Il rilievo giuridico del collegamento emerge in tema di redazione di bilancio relativamente ad altri profili, riguardanti degli obblighi in capo agli amministratori di società di capitali, che debbono indicare, nella nota integrativa:
   a) l’elenco delle partecipazioni possedute in imprese collegate e controllate (art. 2427, n. 5, cod. civ.);
   b) le partecipazioni in altre imprese (anche non collegate o non controllate) (133) che comportino una responsabilità illimitata per le obbligazioni delle medesime (art. 2361, co. 2, cod. civ.); tale operazione deve essere approvata dall’assemblea. L’organo di controllo ha il dovere di verificare che le informazioni relative alle partecipazioni siano fornite nella nota integrativa, e tale dovere rientra nella più ampia funzione di vigilanza sull’amministrazione. Di conseguenza, i sindaci sono anche responsabili per culpa in vigilando nelle ipotesi in cui gli amministratori non inseriscano nel modo corretto le indicazioni nella nota integrativa (si noti che la norma indica “specifica informazione”).
   c) in una apposita sezione della nota integrativa, un prospetto riepilogativo dei dati essenziali dell’ultimo bilancio della società o dell’ente che esercita su di essa l’attività di direzione e coordinamento (art. 2497-bis, co. 4, cod. civ.).
   Nella relazione sulla gestione, inoltre, gli amministratori devono dare indicazione dei rapporti con imprese controllate, collegate, controllanti e controllanti e delle imprese sottoposte al controllo di queste ultime (art. 2428, co. 3, n. 2, cod. civ.) e di quelli intercorsi con chi esercita sulla società l’attività di direzione e coordinamento e con le altre società che vi sono soggette (art. 2497-bis, co. 5, cod. civ.).
   Inoltre, durante i quindici giorni che precedono l’assemblea per l’approvazione del bilancio, è obbligatorio depositare presso la sede della società il progetto con le copie integrali dell’ultimo bilancio d’esercizio delle società controllate (133) e un prospetto riepilogativo dei dati essenziali dell’ultimo bilancio delle società collegate, affinché i soci possano prenderne visione (art. 2429, co. 3 e 4, cod. civ.) (134).
   Tale norma è finalizzata a fornire, accanto ai dati sulla singola società contenuti nel progetto, le informazioni sulle altre società coinvolte nel collegamento, in modo da informare i soci sulla situazione imprenditoriale complessiva (135).
   9.4. Pubblicità legale.
   In punto di pubblicità rileva la disposizione che prescrive che le società o gli enti che esercitano attività di direzione e coordinamento e quelle che vi sono soggette debbano iscriversi in un’apposita sezione del registro delle imprese (art. 2497-bis). In merito si profila una specifica responsabilità degli amministratori che non abbiano provveduto a iscrivere nell’apposita sezione del registro delle imprese lo stato di soggezione della società, o l’abbiano mantenuta quando la soggezione è cessata (136).
   Anche in tale situazione si denota una connessa responsabilità dei componenti dell’organo di controllo, tenuti alla vigilanza sull’operato degli amministratori.

 

* Questo articolo è parte di un più ampio lavoro monografico di prossima pubblicazione.

 

NOTE

   (1) L’ordinamento era basato, in passato, sul «presupposto – del tutto irrealistico – dell’assenza di contatti fra le società del gruppo; al di fuori dell’assemblea della società controllata, nella quale società controllante e società controllata si incontrano ufficialmente, non si ipotizzavano ulteriori contatti, neppure in termini di circolazione delle informazioni» (M. BUSSOLETTI, in M. BUSSOLETTI – E. LA MARCA, Gruppi e responsabilità da direzione unitaria, in Riv. dir. comm., 2010, I, p. 65).

   (2) Come noto, la riforma del diritto societario introdotta dal d.lgs. 17 gennaio 2003, n. 6 ed entrata in vigore il 1° gennaio 2004, ha introdotto la possibilità per le società azionarie di adottare sistemi di amministrazione e controllo alternativi a quello tradizionale, i quali prevedono organi di controllo interno differenti per natura e funzioni dal collegio sindacale. Per approfondimenti sulla disciplina, tra i numerosi contributi, per tutti, si vedano: M. LIBERTINI, Del collegio sindacale. Commento agli artt. 2397- 2409, in F. d’Alessandro (diretto da), Commentario romano al nuovo diritto delle società, vol. II, t. II, Padova, Piccin, 2011, p. 195 ss.; M. BUSSOLETTI, Della revisione legale dei conti. Commento agli artt. 2409-bis – 2409-septies, in F. d’Alessandro (diretto da), Commentario romano, cit., p. 295 ss.; D. CORAPI, Del sistema dualistico. Commento agli artt. 2409-octies – 2409-quinquiesdecies, in F. d’Alessandro (diretto da), Commentario romano al nuovo diritto delle società, vol. II, t. II, cit., p. 409 ss.; ID., Del sistema monistico. Commento agli artt. 2409-sexiesdecies-2409-noviesdecies, in F. d’Alessandro (diretto da), Commentario romano al nuovo diritto delle società, vol. II, t. II, cit., p. 425 ss..

   (3) Di «alterazioni» che le regole di comportamento degli organi societari possono subire in conseguenza dell’appartenenza della società ad un gruppo, sia essa capogruppo oppure società «figlia», parla G. SCOGNAMIGLIO, già nell’introduzione, a p. XVI, del suo Autonomia e coordinamento nella disciplina dei gruppi di società, Torino, Giappichelli, 1996, per poi approfondire il tema nel corso della trattazione.

   (4) Già a metà degli anni Novanta il 75% delle società apparteneva ad un gruppo (F. BARCA, Il gruppo nei modelli di proprietà delle imprese: profili teorici, verifiche empiriche e spunti per una riforma, in AA. VV., I gruppi di società. Atti del Convegno internazionale di Studi, Venezia 16-17-18 novembre 1995, a cura di P. Balzarini, G. Carcano, G. Mucciarelli, vol. I, Milano, 1996, p. 83, in particolare la tabella a p. 93).

   (5) Problematiche peculiari, che meritano qui almeno un cenno, riguardano i gruppi societari multinazionali, modelli di impresa nei quali «l’unità dell’azione imprenditoriale si esprime attraverso una pluralità di centri di imputazione e di azione autonomi collocati in Paesi diversi» (P. MASI, Impresa multinazionale, in Enc. dir., agg. VI, Roma, 2002, p. 511); l’Autore evidenzia come il gruppo multinazionale rilevi sia nella sua fisionomia complessiva, attraverso la quale si percepisce la tendenza a sfruttare i vantaggi connessi alle differenze tra gli ordinamenti dei Paesi in cui il gruppo svolge la sua attività, sia nell’assetto organizzativo interno, poiché i rapporti infragruppo influenzano vari aspetti dell’impresa, tra i quali la sua immagine, l’applicazione delle regole di concorrenza e l’assetto dei rapporti contrattuali.

   (6) La norma precisa che l’influenza si presume quando nell’assemblea ordinaria può essere esercitato almeno un quinto dei voti, oppure un decimo se la società ha azioni quotate in mercati regolamentati (art. 2359, co. 3, cod. civ.).

   (7) G. GUIZZI, Partecipazioni qualificate e gruppi di società, in AA. VV., Diritto delle società. Manuale breve, Milano, 2012, p. 352. L’Autore precisa che ciò si può ricavare da quanto precisato nell’ultima parte del co. 3 dell’art. 2359; la relazione di influenza notevole si presume, con presunzione soltanto relativa, se la partecipazione «ha una potenzialità di condizionamento degli equilibri di potere, dal momento che abilita il suo titolare ad esercitare tutti i principali diritti di quota (dalla convocazione dell’assemblea; all’impugnazione delle delibere assembleari; alla proposizione di azione di responsabilità verso gli amministratori senza bisogno di passare attraverso autorizzazione assembleare; al potere di promuovere la procedura del controllo giudiziario ex art. 2409)» (G. GUIZZI, Partecipazioni qualificate e gruppi di società, cit., p. 353).

   (8) E. MARCHISIO, “Collegamento societario” e polisemie legislative, in Riv. dir. priv., 2012, p. 95. L’Autore analizza la pluralità di significati del lemma “collegamento”; ai sensi dell’art. 2359 cod. civ., al quale ci si riferisce in questa ricerca, la parola “collegamento” «assolve alla funzione di considerare le partecipazioni societarie veicolanti il collegamento stesso non più esclusivamente come beni di investimento in sé ma, piuttosto, come beni (sempre di secondo grado), rappresentativi di una partecipazione in una impresa» (E. MARCHISIO, “Collegamento societario” e polisemie legislative, cit., p. 96, al quale si rinvia in merito alle altre nozioni di “collegamento societario” che esulano dall’analisi, in particolare alle nozioni individuabili nel diritto antitrust e a quella giuslavoristica).

   (9) Questo profilo sarà trattato nel §9.

   (10) E. MARCHISIO, “Collegamento societario” e polisemie legislative, cit., p. 102.

   (11) In tale nozione non si considerano le società in rapporto di soggezione l’una all’attività dell’altra (che potrebbe integrare una situazione di controllo, e non di collegamento); in tale accezione vengono piuttosto considerati congiuntamente «enti formalmente distinti che, tuttavia, sono soggetti alla comune eterodirezione da parte di un medesimo centro di comando». Tale accezione è utilizzata nella legge antitrust per l’individuazione di intese illecite e delle posizioni dominanti (E. MARCHISIO, “Collegamento societario” e polisemie legislative, cit., p. 103 ss.).

   (12) Mancando, invece, una direzione unitaria, la funzione di controllo interno dovrebbe, invece, essere considerata nell’ottica delle singole società facenti parte del collegamento.

   (13) Sul tema: L. SCHIUMA, Controllo, governo e partecipazione al capitale, Padova, Cedam, 1997.

   (14) E. MARCHISIO, “Collegamento societario” e polisemie legislative, cit., p. 107.

   (15) Sono numerosi i provvedimenti che contengono una nozione di gruppo da applicare nella specifica disciplina. Per citarne alcuni, il Testo unico della finanza, il Testo unico bancario, il Codice delle assicurazioni private, la legislazione antitrust, la disciplina in materia di bilancio consolidato.

   (16) L’opzione del legislatore è spesso considerata come una mancanza. In realtà, sembra che si possa considerare come ragionevole, perché consente di disciplinare situazioni caratterizzate da controllo, collegamento e di direzione e coordinamento, individuandole in base ad indicatori oggettivi, che di fatto sono realtà di gruppo.
   Se si individuasse una nozione generale e una disciplina per il gruppo di società, potrebbero, invece, sfuggire all’applicazione delle norme relative alcune ipotesi, perché le imprese potrebbero articolare l’organizzazione in modo da non rientrare nella fattispecie di gruppo ed essere di conseguenza sottoposte alla relativa disciplina.
   Il legislatore, con l’introduzione delle norme in tema di direzione e coordinamento degli artt. 2497 ss., «ha in qualche modo mediato fra gli opposti indirizzi», ossia fra chi era favorevole a dettare una disciplina specifica sui gruppi di società e chi non lo riteneva opportuno, pur non facendo mai comparire nelle norme il nome “gruppo” e non dettandone la nozione, con la conseguenza che «la normativa specifica appare incompleta e suscettibile di molteplici interpretazioni, anche in relazione all’esigenza di coordinarla con la residua disciplina delle società» (G. MINERVINI, Cronache della grande impresa, in Giur. comm., 2004, I, p. 894). È stato infatti precisato che, con l’emanazione della nuova disciplina in tema di direzione e coordinamento, occorreva comunque ricostruire uno statuto normativo di una società dominante e dipendente” delle società di gruppo; e in questo processo «appare inevitabile ripensare la struttura delle competenze degli organi delle società appartenenti ad un gruppo» (U. TOMBARI, Diritto dei gruppi di imprese, Milano, Giuffré, 2010, p. 4-5).

   (17) Per tutti, si veda P. MASI, Articolazioni dell’iniziativa economica e unità dell’imputazione giuridica, Napoli, Jovene, 1985, in particolare p. 338 ss.

   (18) Nella disciplina antitrust per concentrazione si intende «il risultato di un processo all’esito del quale un’impresa si rafforza sul mercato non già in virtù di una crescita interna, bensì attingendo ad economie di terzi» (V. MANGINI - G. OLIVIERI, Diritto antitrust, Torino, Giappichelli, 2012, p. 93).

   (19) Nel diritto della concorrenza, infatti, alle fattispecie di imprese comuni cooperative si applica la disciplina delle intese (art. 101, co. 1, TFUE e art. 2 l. 287/1990), mentre le imprese comuni concentrative sono soggette alla disciplina delle concentrazioni (art. 3, co. 4, Reg. 139/2004/CE (V. MANGINI - G. OLIVIERI, Diritto antitrust, cit., p. 106).

   (20) Si approfondirà nel § 8 e nel § 9.

   (21) Si veda il § 7.

   (22) L’art. 2403, 1° co., cod. civ., nel disciplinare i doveri del collegio sindacale, e in particolare il controllo sulla amministrazione della società, riguarda tanto i sindaci di una società per azioni “isolata” quanto i sindaci di una società per azioni facente parte di un gruppo di società [U. TOMBARI, Il controllo sindacale sugli amministratori in una società per azioni dominante e dipendente (contributo ad uno studio dei sindaci in una prospettiva «di gruppo»), in Riv. soc., 1997, p. 943; l’Autore specifica che non si ritrova, infatti, nell’ordinamento «alcuna disposizione che ridefinisca le funzioni dell’organo sindacale con specifico riferimento al gruppo»].

   (23) Sono particolarmente delicati i profili riguardanti le operazioni infragruppo, e pongono maggiori esigenze di attenzione rispetto a operazioni con società esterne al collegamento.

   (24) Sul tema del gruppo paritetico, per tutti, si veda R. SANTAGATA, Il gruppo paritetico, Torino, 2001.

   (25) Sulle funzioni e sulle responsabilità dei sindaci di una s.p.a. capogruppo è stato precisato che il potere-dovere di controllo del collegio sindacale di una s.p.a. controllante si differenzia da quello del collegio sindacale di una s.p.a. autonoma soltanto per la «tipologia dei comportamenti oggetto del controllo, i contenuti specifici: e ciò in conseguenza del fatto che gli amministratori di una s.p.a. capogruppo sono investiti di specifiche funzioni (l’esercizio dell’attività di direzione e coordinamento)» (U. TOMBARI, Diritto dei gruppi di imprese, cit., p. 121).

   (26) Come sostenuto ed argomentato da U. TOMBARI, Il gruppo di società, cit., p. 225 ss.

   (27) U. TOMBARI, Il controllo sindacale sugli amministratori in una società per azioni dominante e dipendente (contributo ad uno studio dei sindaci in una prospettiva «di gruppo»), in Riv. soc., 1997, p. 944.

   (28) G. SCOGNAMIGLIO, Autonomia e coordinamento, cit, pp. 251-252, nota 54.

   (29) Si veda il § 4.

   (30) Si rinvia al § 8 e al § 9.

   (31) Sull’imputazione del controllo c.d. indiretto, nonché, in generale, per i profili attinenti le situazioni giuridiche soggettive produttive del controllo, si veda L. SCHIUMA, Controllo, governo e partecipazione al capitale, cit., p. 84 ss.

   (32) Si vedano il §8 e il §9.

   (33) Sembra utile anticipare che ci si riferisce alle norme riguardanti:
   a) l’indicazione negli atti e nella corrispondenza della società o dell’ente alla cui attività di direzione e coordinamento è sottoposta (art. 2497-bis, co. 1, cod. civ.);
   b) l’iscrizione della società sottoposta ad attività di direzione e coordinamento in una apposita sezione del registro delle imprese (art. 2497-bis, co. 2, cod. civ.);
   c) l’indicazione nella nota integrativa dell’elenco delle partecipazioni possedute in imprese collegate e controllate (art. 2427, n. 5, cod. civ.); delle partecipazioni in altre imprese che comportino una responsabilità illimitata per le obbligazioni delle medesime (art. 2361, co. 2, cod. civ.); in una apposita sezione della nota integrativa, di un prospetto riepilogativo dei dati essenziali dell’ultimo bilancio della società o dell’ente che esercita su di essa l’attività di direzione e coordinamento (art. 2497-bis, co. 4, cod. civ.);
   d) l’indicazione, nella relazione sulla gestione, dei rapporti con imprese controllate, collegate, controllanti e imprese sottoposte al controllo di queste ultime (art. 2428, co. 3, n. 2, cod. civ.) e di quelli intercorsi con la società o ente che esercita l’attività di direzione e coordinamento e con le altre società che vi sono soggette (art. 2497-bis, co. 5, cod. civ.).

   (34) Su questi profili si veda M. STELLA RICHTER jr., “Trasferimento del controllo” e rapporti tra soci, Milano, Giuffré, 1996, p. 95 ss.

   (35) Art. 2328, co. 2, cod. civ.

   (36) Art. 2364, co. 1, n. 2 e art. 2364-bis, co. 1, n. 1, cod. civ.

   (37) La struttura pluripersonale dell’organo si desume dai riferimenti al plurale contenuti nell’art. 2409-octiesdecies (“amministratori”; “almeno uno dei componenti”) mancando invece qualsiasi accenno ad una composizione monocratica dell’organo (A. GUACCERO, Del sistema monistico. Commento agli artt. 2409-sexiesdecies – 2409-noviesdecies, in G. NICCOLINI – A. STAGNO D’ALCONTRES (a cura di), Società di capitali. Commentario, Napoli, 2004, vol. II, p. 915.

   (38) Art. 2409-octiesdecies, co. 1, cod. civ.

   (39) L’assemblea potrebbe, ad esempio, nominare soltanto alcuni dei componenti dell’organo di controllo e il consiglio di amministrazione i restanti (A. GUACCERO, op. loc. ult. cit.).

   (40) Sembra ragionevole distinguere se la revoca riguarda soltanto l’appartenenza al comitato per il controllo sulla gestione, oppure sia collegata necessariamente alla carica di consigliere di amministrazione. Mancando una precisazione nella norma, si ritiene ammissibile che il consiglio di amministrazione possa revocare l’appartenenza del singolo consigliere al comitato per il controllo sulla gestione (in questo senso V. CALANDRA BUONAURA, I modelli di amministrazione e controllo nella riforma del diritto societario, in Giur. comm., 2003, I, p. 553; A. GUACCERO, op. loc. ult. cit.) e sostituirlo con un altro consigliere in possesso dei requisiti necessari, e incaricando l’assemblea se non ve ne fossero (A. GUACCERO, op. cit., p. 915 s.). È stato anche ipotizzato in generale che, mancando qualsiasi indicazione nella norma, la revoca potrebbe competere esclusivamente all’assemblea (P. VALENSISE, Art. 2409 – sexiesdecies, in La riforma Sandulli – Santoro, 2, I, 2003, p. 725

   (41) Art. 2429, co. 2, cod. civ. La norma non si applica al consiglio di sorveglianza e al comitato per il controllo sulla gestione.

   (42) M. BUSSOLETTI – P. DE BIASI, Art. 2429. Relazione dei sindaci e deposito del bilancio, in G. NICCOLINI – A. STAGNO D’ALCONTRES (a cura di), Società di capitali. Commentario, Napoli, 2004, vol. II, p. 1062.

   (43) Art. 153 e art. 154, co. 1, t.u.f.

   (44) R. RORDORF, Relazione al Convegno “Il sistema legale dei controlli nelle società per azioni”, Siracusa, 30 settembre - 1° ottobre 2011, organizzato dall’Associazione Gian Franco Campobasso, Tavola rotonda su “I rapporti fra organi di controllo e fra organi di controllo e organi di governance”, presieduta e coordinata da R. Rordorf.

   (45) L’istituto del collegio sindacale è stato introdotto nel nostro ordinamento nel Codice di commercio emanato nel 1882, ove si prevedeva che nelle società anonime dovessero essere nominati tre o cinque sindaci, soci o non soci, ai quali era affidata la funzione del controllo interno (artt. 183 ss. cod. comm.; per una ricostruzione storica si rinvia a A. CAPRARA, Le funzioni dei sindaci tra principi generali e disciplina, Padova, Cedam, 2008, p. 18 ss.).
(46) Già negli anni in cui vigeva il Codice di commercio del 1882, si segnalava con chiarezza che i sindaci «sono controllori permanenti dell’amministrazione, delegati dagli azionisti che non possono esercitare quell’ufficio personalmente, ed agli azionisti devono rendere il conto dei risultati della loro vigilanza nelle adunanze periodiche dell’assemblea» (C. VIVANTE, Trattato di diritto commerciale. II. Le società commerciali, Milano, Vallardi, 1923, p. 277).

   (47) Art. 2476, co. 2, cod. civ.

   (48) A. TOFFOLETTO, Amministrazione e controlli, in AA. VV., Diritto delle società. Manuale breve, Milano, Giuffré, 2012, p. 215.

   (49) Sul problema della tutela delle minoranze si rinvia a M. STELLA RICHTER jr., “Trasferimento del controllo” e rapporti tra soci, cit., p. 231 ss.

   (50) Non è possibile stabilire, con una valutazione immutabile, quale sia la maggioranza e quale la minoranza o le minoranze: il loro rapporto muta nel tempo e potrebbe strutturarsi diversamente anche con riferimento al diverso oggetto di singole delibere [con particolare riferimento alle società quotate sui mercati regolamentati: G. CAVALLI, Commento sub art. 148, in Testo unico della finanza (d.lg. 24 febbraio 1998, n. 58). Commentario, a cura di G.F. Campobasso, t. II., Torino, 2002, p. 1215].

   (51) Secondo quanto disposto nell’art. 148, co. 2, Tuf: «La Consob stabilisce con regolamento modalità per l’elezione, con voto di lista, di un membro effettivo del collegio sindacale da parte dei soci di minoranza che non siano collegati, neppure indirettamente, con i soci che hanno presentato o votato la lista risultata prima per numero di voti (…)». Questa disposizione, assieme ad altre contenute nel Testo unico della finanza (artt. 125 ss.), è finalizzata a tutelare i gruppi di azionisti che non facciano parte dell’azionariato di controllo, ma in modo indiretto; più precisamente, la ratio della norma «deve essere individuata nell’intento di individuare l’autonomia del collegio e la sua imparzialità nell’esercizio delle funzioni di controllo, attraverso una composizione dell’organo un po’ meno omologata rispetto a quella che scaturirebbe dalla mera applicazione dei tradizionali principi maggioritari, con la conseguente accentuazione di un processo virtuoso di confronto e di dialettica interna [G. CAVALLI, Commento sub art. 148, in Testo unico della finanza (d.lg. 24 febbraio 1998, n. 58). Commentario, a cura di G.F. Campobasso, t. II., cit., p. 1215]. Il legislatore ha voluto fare in modo che un certo numero di sindaci effettivi fosse eletto con i voti di azionisti diversi da quelli che, nella stessa assemblea, nominano la maggioranza del collegio (E. FAZZUTTI, La nomina dei sindaci nelle società «quotate» (e non), in Giur. comm., 2000, I, p. 33). Nell’originaria formulazione della norma del Testo unico della finanza, infatti, si prevedeva l’obbligo di nomina di almeno due sindaci da parte della minoranza se il collegio fosse stato composto da almeno tre membri; la norma è stata successivamente modificata e attualmente è prevista la nomina di un solo sindaco, con riduzione degli spazi riservati alle minoranze.

   (52) Art. 148, co. 2-bis, t.u.f.

   (53) L’art. 148, co. 2, t.u.f., sulla nomina del sindaco di minoranza, si applica anche al consiglio di sorveglianza, per il rinvio operato dall’art. 148, co. 4-bis t.u.f.

   (54) art. 148, co. 4-ter, t.u.f.

   (55) Art. 2408 cod. civ. La norma si applica al consiglio di sorveglianza per il rinvio operato dall’art. 2409-quaterdecies, co. 1, cod. civ. (ma non al comitato per il controllo sulla gestione ).

   (56) Se la denuncia è presentata da tanti soci che rappresentano un ventesimo del capitale sociale nelle società chiuse oppure un cinquantesimo nelle società aperte il collegio sindacale deve indagare senza ritardo; lo statuto può poi prevedere percentuali minori per la denuncia, ma mai percentuali più alte (altrimenti l’istituto non potrebbe più essere considerato uno strumento di tutela delle minoranze) (art. 2408 cod. civ.).

   (57) «I sindaci esercitano un ufficio personale e continuo di vigilanza, penetrante nell’interno di tutta l’azienda sociale. Essi sono controllori permanenti dell’amministrazione» (C. VIVANTE, Trattato di diritto commerciale. II. Le società commerciali, cit., p. 277).

   (58) Art. 2409-terdecies, co. 1, lett. f-bis, cod. civ.

   (59) È stato precisato che al consiglio di sorveglianza, oltre alle funzioni previste per il collegio sindacale, è attribuito anche «un compito di controllo di merito sulla gestione in quanto presupposto per l’esercizio di poteri lato sensu amministrativi che nel sistema tradizionale vengono riservati ai soci» (V. CALANDRA BUONAURA, I modelli di amministrazione e controllo nella riforma del diritto societario, cit., p. 546). Sui “poteri di alta amministrazione” affidati al consiglio di sorveglianza si rinvia a D. CORAPI, Del sistema dualistico. Commento agli artt. 2409-octies – 2409-quinquiesdecies, in F. d’Alessandro (diretto da), Commentario romano al nuovo diritto delle società, vol. II, t. II, cit., p. 416 ss., ove ulteriori riferimenti. In particolare, l’Autore spiega, a proposito del consiglio di sorveglianza, che «È consono con questa diversa concezione che la funzione amministrativa e quella di controllo non siano più nettamente separate e che il controllo della conformità della gestione ai canoni della buona amministrazione e alle finalità della società sia collegato al merito di essa e operi anche in via preventiva, diventando parte integrante della complessiva attività di governo della società», e inoltre: «il rilievo che l’introduzione del sistema dualistico consuma il sacrificio del principio della netta separazione di competenze e funzioni tra gli organi, attuando una commistione più o meno intensa nel consiglio di sorveglianza è esatto, ma parziale: perché l’introduzione del sistema dualistico ha anche un effetto di trascinamento verso analoga commistione degli altri sistemi di amministrazione e controllo» (D. CORAPI, Commento all’art. 2380, in F. d’Alessandro (diretto da), Commentario romano, vol. II, t. II, cit., p. 3 e p. 5).

   (60) È stato evidenziato in dottrina, a proposito della normativa sui poteri e i doveri del collegio sindacale: «le cui funzioni, i cui obblighi di fare sono, almeno in principio, ben determinati, e comunque più e meglio di quanto non accada per gli amministratori, sia sotto il profilo dei compiti che dei poteri (artt. 2403, 2403-bis c.c.)» (P. FERRO-LUZZI, L’esercizio d’impresa tra amministrazione e controllo, in AGE, 2007, p. 240).

   (61) La dottrina aveva già colto questo importante mutamento nel ruolo del collegio sindacale già in sede di primo commento della riforma del diritto societario, tanto che è stato scritto, molto efficacemente, che «oramai il compito dei sindaci, checché venga detto sopra i requisiti che sono richiesti per diventare sindaci, non è più un compito da commercialista e da ragioniere, ma è un compito da manager» (B. LIBONATI, Amministrazione e controllo, in Consiglio nazionale del notariato. Studi e materiali, Quaderni semestrali, supplemento n. 2/2004, Atti del Convegno La riforma del diritto societario. Le riflessioni del notariato, p. 259). Nel senso della possibilità di esercizio delle funzioni del collegio sindacale con modalità di tipo propositivo nei confronti dell’organo amministrativo si è espresso M. LIBERTINI, Il controllo nei sistemi alternativi. Relazione al Convegno “Il sistema legale dei controlli nelle società per azioni”, Siracusa, 30 settembre - 1° ottobre 2011, organizzato dall’Associazione Gian Franco Campobasso.

   (62) Nelle due norme c’è, in realtà, una differenza: l’art. 2381, co. 3, cod. civ., contiene il termine valuta, mentre l’art. 2403, co. 1, cod. civ. il termine vigila. Solleva il problema della coincidenza o meno, non solo dal punto di vista terminologico, già B. LIBONATI, Amministrazione e controllo, cit., p. 259. Tenendo anche conto che nell’art. 2381 il legislatore indica che gli organi delegati curano che l’assetto organizzativo, amministrativo e contabile sia adeguato alla natura e alle dimensioni dell’impresa, con particolare riferimento all’art. 2403 sul collegio sindacale, è stato evidenziato: «Valorizzando il mutamento di terminologia, non pare affatto casuale, del resto, che il legislatore, nella configurazione delle funzioni, abbia preferito al verbo « controllare », il verbo « vigilare », che significa letteralmente « stare svegli », « stare in allerta » e quindi « badare attentamente », « provvedere con diligenza e cura »: perché « vigilare » presuppone un’attività conoscitiva permanente ed ha come obbiettivo quello di esaminare le scelte gestionali ed organizzative» (L. SCHIUMA, Le competenze dell’organo di controllo sull’assetto organizzativo della spa nei diversi sistemi di governance, in Riv. dir. civ., 2011, II, 57, saggio al quale si rinvia per ulteriori riflessioni sul tema dei controlli sugli assetti organizzativi).

   (63) L’osservazione è di B. LIBONATI, Amministrazione e controllo, cit. p. 258.

   (64) Usa quest’espressione, significativamente, P. FERRO-LUZZI, L’esercizio d’impresa, cit., p. 240.

   (65) Per una indagine sul tema si veda A. NIUTTA, La funzione di amministrazione attiva del collegio sindacale, in Dir. fall., 1994, I, p. 432.

   (66) I sindaci devono eccezionalmente ricoprire funzioni di amministrazione attiva, ma limitatamente agli atti di ordinaria amministrazione (art. 2386, co. 5, cod. civ.). A carico del collegio sindacale grava, inoltre, l’onere della iscrizione nel registro delle imprese della cessazione degli amministratori, verificatasi per qualsiasi causa, nel termine di trenta giorni dalla vacanza (art. 2385, ult. comma).

   (67) L’ipotesi è quella della approvazione sindacale della nomina per cooptazione ex art. art. 2386, 1° comma. L’approvazione di cui si tratta è stata classificata da qualche autore tra le funzioni consultive [A.G. CAFARO, L’ufficio sindacale, in D. fall. 1949, I, p. 42; S.M. CESQUI, I poteri individuali dei sindaci di s.p.a., Parma, 1984 (ed. provv.), p. 212 ss.] e da altri ricondotta all’amministrazione attiva (F. MESSINEO, Manuale di diritto civile e commerciale, IV, Milano, Giuffré, 1954, p. 467), ma più spesso è stata considerata quale forma speciale di controllo (G. MINERVINI, Le funzioni del collegio sindacale, in G. Minervini, Società, associazioni, gruppi organizzati, Napoli, Edizioni Scientifiche Italiane, 1973, p. 368).

   (68) Art. 2406 cod. civ.

   (69) Si tratta dell’impugnativa delle delibere consiliari adottate in conflitto d’interessi, a norma dell’art. 2391, co. 3, cod. civ.

   (70) È il caso del consenso richiesto a norma dell’art. 2426, 1° comma, n. 5 e 6 per l’iscrizione in bilancio di determinate poste contabili. In particolare, il collegio sind)acale (in questa ipotesi è necessario che la competenza sia collegiale) deve dare all’organo gestorio il consenso per l’iscrizione dei costi di impianto e di ampliamento, dei costi di ricerca, di sviluppo e di pubblicità aventi utilità pluriennale; inoltre anche l’avviamento può essere iscritto nell’attivo, rispettando certe condizioni, con il consenso del collegio sindacale.

   (71) G. GUIZZI, Partecipazioni qualificate e gruppi di società, cit., p. 356.

   (72) Sul tema si rinvia ad A. VALZER, Le responsabilità da direzione e coordinamento di società, Torino, Giappichelli, 2011, p. 87 ss.; G. GUIZZI, Eterodirezione dell’attività sociale e responsabilità per mala gestio nel nuovo diritto dei gruppi, in Riv. dir. comm., 2003, I, p. 439; E. MARCHISIO, Usi alternativi del gruppo di società, Napoli, Jovene, 2009; A. NIUTTA, Sulla presunzione di esercizio dell’attività di direzione e coordinamento di cui agli artt. 2497-sexies e 2497- septies c.c.: brevi considerazioni di sistema, in Giur. comm., 2004, I, p. 983 ss.

   (73) Sulla teoria dei vantaggi compensativi, la cui analisi non può essere approfondita in questa sede, si rinvia, ex multis, ai seguenti contributi: N. ABRIANI, Gruppi di società e criterio dei vantaggi compensativi nella riforma del diritto societario, in Giur. comm., 2002, I, p. 616; S. CERRATO, Osservazioni in tema di operazioni infragruppo e di vantaggi compensativi, in Giur. it., 2001, p. 1675 ss.; M. MIOLA, Le garanzie infragruppo, Torino, 1993; P. MONTALENTI, Operazioni intragruppo e vantaggi compensativi: l’evoluzione giurisprudenziale, in Giur. it., 1999, 2318; ID., Conflitto di interesse nei gruppi di società e teoria dei vantaggi compensativi, in Giur comm., 1995, I, 710 ss. (anche in Persona giuridica, gruppi di società e corporate governance, Padova 1999, p. 79); A. NIUTTA, Il finanziamento intragruppo, Milano, Giuffré, 2000, p. 93 ss.; S. ROSSI, N. ABRIANI, P. MONTALENTI, F. MUCCIARELLI E R. SACCHI, Una tavola rotonda sui vantaggi compensativi nei gruppi. Gruppi di società e criterio dei vantaggi compensativi nella riforma del diritto societario, in Giur. comm., 2002, I, p. 613 ss.

   (74) A. NIUTTA, Il finanziamento intragruppo, cit., p. 94; L’Autore evidenzia che il “vantaggio” non si configura come un vero e proprio corrispettivo, e neanche come un indennizzo del sacrificio inferto alla controllata; da ciò segue che: a) non esiste una corrispondenza biunivoca tra il sacrificio e il vantaggio; b) non vi è una «necessaria ripartizione proporzionale del sacrificio tra le controllate da parte della capogruppo»; c) il vantaggio potrebbe avere origine non da una o più specifiche operazioni, ma da altri fattori, come ad esempi delle sinergie tra le società; d) non rilevano fatti che impediscano successivamente alla controllante di attribuire un vantaggio alla controllata oppure di trarne giovamento (A. NIUTTA, Il finanziamento intragruppo, cit., p. 95 s.).

   (75) Nella teoria dei vantaggi compensativi «è sufficiente la mera potenzialità del vantaggio» (A. NIUTTA, Il finanaziamento intragruppo, cit., p. 96). È stato infatti precisato che «il giudizio circa l’esistenza di vantaggi compensativi che controbilanciano il sacrificio economico subito da una società del gruppo nell’ambito di un’operazione intragruppo, al fine di stabilire la legittimità, e cioè la non extra-socialità, del perseguimento dell’interesse di gruppo, deve configurarsi come procedimento valutativo tecnico di carattere economico-funzionale e non quantitativo reso, e perciò successivamente controllato, in base agli elementi noti al momento in cui l’operazione intragruppo viene decisa» (…) e di conseguenza emerge che questa teoria «non è teoria dell’indennizzo» (P. MONTALENTI, Conflitto di interesse nei gruppi di società e teoria dei vantaggi compensativi, in Giur. comm., 1995, I, 730 s. ).

   (76) Art. 2399 cod. civ. e art. 148 t.u.f.

   (77) Si rinvia al §7.

   (78) Sui gruppi composti da società di persone si veda M. GARCEA, I gruppi di società di persone, Napoli, Jovene, 2008.

   (79) Questo profilo, infatti, assume rilevanza sia nei confronti dei terzi esterni al collegamento, sia nei confronti del contesto esterno alla società, ma interno al gruppo.

   (80) Art. 29, co. 2, d.lgs. 9 aprile 1991, n. 127.

   (81) Art. 111-duodecies disp. att. cod. civ.

   (82) Artt. 25 e 26 d.lgs. n. 127/1991. Sono soggetti allo stesso obbligo gli enti pubblici che hanno per oggetto esclusivo o principale una attività commerciale, le società cooperative e le mutue assicuratrici che controllano una società per azioni, in accomandita per azioni o a responsabilità limitata (art. 25, co. 2, d. lgs. 127/1991).

   (83) Art. 2409-terdecies, lett. b).

   (84) Art. 41 d.lgs. 127/1991, come modificato dal d.lgs. 27 gennaio 2010, n. 39.

   (85) Art. 2409-bis cod. civ.

   (86) Nella disciplina del sistema monistico, l’art. 2409-noviesdecies, co. 1, cod. civ. non richiama, tra le norme applicabili per rinvio, l’art. 2409-bis, co. 2, che prevede la possibilità di affidare il controllo contabile al collegio sindacale nelle società non tenute alla redazione del bilancio consolidato; inoltre (nel secondo comma) precisa che la revisione legale dei conti si effettua a norma dell’art. 2409-bis, co. 1, cod. civ. Nel sistema monistico, quindi, la revisione legale non può mai essere affidata all’organo di controllo interno (come invece può accadere nel sistema tradizionale). Le medesime regole sono valide per il sistema dualistico: il controllo contabile non può essere attribuito al consiglio di sorveglianza, poiché l’art. 2409-bis, co. 2, cod. civ., non è richiamato per rinvio dall’art. 2409- quaterdecies e l’art. 2409- quinquiesdecies indica che la revisione legale dei conti si effettua a norma dell’art. 2409-bis, co. 1, cod. civ.

   (87) G. CAVALLI, Commento sub art. 149, in Testo unico della finanza (d.lg. 24 febbraio 1998, n. 58). Commentario, a cura di G.F. Campobasso, t. II, cit., p. 1235, secondo il quale «l’idea di un’integrale eliminazione di ogni riscontro contabile appare meno sicura di quanto a prima vista potrebbe sembrare», non sembrando possibile eliminare le regole sulla tenuta della contabilità e sui criteri di redazione del bilancio d’esercizio dall’ambito dei principi di corretta amministrazione.

   (88) M. BUSSOLETTI, in AA. VV., La nuova disciplina dei bilanci di società (Commento al d.lgs. 9 aprile 1991 n. 127), a cura di M. Bussoletti, Torino, 1995, p. 151, con riferimento alla previgente normativa che prevedeva il controllo contabile, e quindi il controllo sul bilancio consolidato, in capo al collegio sindacale. Sembra comunque si possa ritenere che i sindaci possano, ancor oggi, esaminare il procedimento di formazione al fine di ottenere informazioni sulle operazioni intragruppo.

   (89) Art. 29, co. 1, d.lgs. 127/1991. Il bilancio consolidato deve essere redatto dagli amministratori della capogruppo in aggiunta al bilancio d’esercizio. In realtà, non tutte le capogruppo sono tenute alla redazione del bilancio consolidato, poiché a norma dell’art. 27 d.lgs. 127/1991 sono esonerate le società controllanti di gruppi di dimensioni non significative. Sull’esonero dall’obbligo di redazione del consolidato si veda G. OLIVIERI, in G.E. Colombo - G. Olivieri, Il bilancio consolidato, in Trattato delle società per azioni, diretto da G.E. Colombo e G.B. Portale, vol. 7*, Torino, 1994, pp. 601 e 694 ss.

   (90) L’espressione “organo di controllo” contenuta nell’art. 2477 cod. civ. sembra potersi ragionevolmente riferire al collegio sindacale e al sindaco unico sulla base di quanto segnalato nel co. 5 dello stesso articolo, che menziona l’“organo di controllo, anche monocratico”.

   (91) P. BENAZZO, Art. 2477 (Collegio sindacale e revisione legale dei conti). A. Il collegio sindacale, in S.r.l. Commentario, A.A. Dolmetta – G. Presti (a cura di), S.r.l. Commentario, Milano, Giuffré, 2011, p. 728 ss., al quale si rinvia per l’analisi attinente la disciplina del collegio sindacale obbligatorio di s.r.l. in seguito all’emanazione del d.lgs. 39/2010.

   (92) I casi di nomina obbligatoria del collegio sindacale non sono cambiati e si riferiscono al superamento di determinati limiti quantitativi e all’appartenenza ad un gruppo di società, come disciplinato nell’art. 2477, co. 2 e co. 3, cod. civ.

   (93) Il primo comma disponeva che l’atto costitutivo potesse prevedere la nomina di un collegio sindacale o di un revisore, «determinandone le competenze e poteri», senza specificare nulla sulla attribuzione della revisione legale dei conti (art. 2477, co. 1, testo previgente).

   (94) Si realizzava «la naturale concentrazione del controllo sulla gestione e della revisione legale dei conti in capo la collegio sindacale in assenza della diversa disposizione eventualmente contenuta nell’atto costitutivo» (P. BENAZZO, Art. 2477 (Collegio sindacale e revisione legale dei conti). A. Il collegio sindacale, cit. p. 728 e p. 733).

   (95) Il principio è valido per tutti i sistemi si amministrazione e controllo, poiché «l’efficienza di un sistema di governo societario si misura soprattutto sulla funzionalità e sul rigore dei controlli sull’amministrazione, vale a dire sulla loro idoneità a prevenire comportamenti anomali o, comunque, ad individuarli ai fini di una loro rimozione» (V. CALANDRA BUONAURA, I modelli di amministrazione e controllo nella riforma del diritto societario, cit., p. 545). Nel sistema monistico la situazione è delicata, comunque, essendo i componenti dell’organo di controllo degli amministratori. Sugli amministratori non esecutivi si rinvia a M. STELLA RICHTER jr, Gli amministratori non esecutivi nell’esperienza italiana, in Banca impresa società, 2005, p. 163 ss.

   (96) Tralasciando il complesso iter normativo che ha modificato più volte la norma, si segnala che le modifiche sono state apportate da due provvedimenti: a) la legge 12 novembre 2011, n. 183, recante “Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato” (Legge di stabilità per il 2012), pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 265 del 14 novembre (suppl. ord. n. 234) e in vigore dal 1° gennaio 2012; la modifica è stata inserita in una dichiarata logica di semplificazione: l’art. 14 è, infatti, rubricato “Riduzione degli oneri amministrativi per imprese e cittadini”; b) il d.l. 9 febbraio 2012, n. 5, “Disposizioni urgenti in materia di semplificazione e di sviluppo” convertito con modificazioni in legge 4 aprile 2012, n. 35, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 82 del 6 aprile 2012 (suppl. ord. n. 69) ed entrata in vigore il 7 aprile 2012.

   (97) Sulla novità del sindaco unico nella società a responsabilità limitata: N. ABRIANI, Collegio sindacale e sindaco unico nella s.r.l. dopo la Legge di stabilità, in Soc., 2011, p. 1425; M. STELLA RICHTER, jr, E pluribus unum. Riflessioni sul sindaco unico delle società di capitali, in Riv. Soc., 2012, p. 173.

   (98) L’art. 2363-bis è stato introdotto dal d.l. 24 gennaio 2012, n. 1, convertito in l. 24 marzo 2012, n. 27.

   (99) Il Regolamento del Ministro della Giustizia (Decreto n. 138 del 23 giugno 2012), pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 189 del 14 agosto 2012, è entrato in vigore il 29 agosto 2012.

   (100) La società a responsabilità limitata a capitale ridotto è stata prevista dall’art. 44 del d.l. 22 giugno 2012, n. 83, convertito in l. 7 agosto 2012, n. 134 (c.d. Decreto crescita).

   (101) Sul problema del coordinamento tra organi e funzioni in materia di controlli societari si veda P. MONTALENTI, I controlli societari: recenti riforme, antichi problemi, in Banca e borsa, 2011, I, 543 ss.

   (102) P. MONTALENTI, Organismo di vigilanza 231 e ordinamento societario: un rapporto complesso, relazione al Convegno Assonime Organismo di vigilanza 231 e ordinamento societario: spunti di riflessione sul sistema dei controlli, Milano, 31 marzo 2009, consultabile sul sito www.assonime.it.

   (103) Poiché comporta responsabilità illimitata per le obbligazioni delle partecipate, tale acquisizione deve essere deliberata dall’assemblea; ciò in deroga al principio generale statuito nell’art. 2380-bis cod. civ. che affida la gestione in modo esclusivo agli amministratori (G. GUIZZI, Partecipazioni qualificate e gruppi di società, cit., p. 351). Sui profili problematici attinenti delibere assembleari con questo oggetto, e sul potere dei soci «di sottrarre la gestione del patrimonio sociale alle regole di amministrazione e controllo dettate per la società per azioni» si rinvia a G. OPPO, Le grandi opzioni della riforma e la società per azioni, in Riv. dir. civ., 2003, p. 485 s.

   (104) Ai soci accomandanti è precluso il compimento di atti di amministrazione, se non in forza di una procura speciale per singoli affari e in determinate ipotesi disciplinate dall’art. 2320 cod. civ. Il socio accomandante che pone in essere atti di gestione ne risponde assumendo responsabilità solidale e illimitata nei confronti dei terzi e può essere escluso dalla società.

   (105) E. MARCHISIO, “Collegamento societario” e polisemie legislative, cit., p. 94, nota 5.

   (106) Art. 2477, co. 3, cod. civ.

   (107) La possibilità per le società di capitali di assumere partecipazioni nelle società di persone consente una organizzazione di queste ultime che può essere complessa; in riferimento ai casi di società di persone organizzate capitalisticamente (ma anche di società di capitali a «base personale»), si veda l’analisi di M. SCIUTO, Società di persone e società di capitali, in Riv. soc., 2009, p. 1352 ss., e in particolare p. 1375 ss.

   (108) La legge attribuisce al socio, infatti, un ampio diritto ad essere informato, ossia un diritto di accesso e un diritto di ispezione sulla documentazione, oltre al diritto di richiedere notizie agli amministratori sullo svolgimento degli affari sociali: in questo senso, sia consentito un rinvio a M. RICCI, I controlli individuali del socio non amministratore di società a responsabilità limitata, in Riv. dir. comm., 2006, p. 120. Su questo tema si vedano anche, tra i vari contributi: N. ABRIANI, Controllo individuale del socio e autonomia contrattuale nella società a responsabilità limitata, in Giur. comm., 2005, I, 155; S. AMBROSINI, Commento sub art. 2476 cod. civ., in Società di capitali. Commentario, a cura di G. Niccolini e A. Stagno d’Alcontres, vol. terzo, artt. 2449-2510, Napoli, 2004, p. 1586; G.M. BUTA, I diritti di controllo del socio di s.rl., in P. Abbadessa, G.B. Portale (diretto da), Il nuovo diritto delle società. Liber amicorum Gian Franco Campobasso, vol. 3, Torino, Utet, 2007, p. 583; G.M. BUTA, Il sistema dei controlli nella società a responsabilità limitata, in Riv. dir. comm., 2009, p. 910 ss.; L. DE ANGELIS, Amministrazione e controllo nelle società a responsabilità limitata, in Riv. soc., 2003, p. 484 ss., G. PRESTI, Art. 2476 (Responsabilità degli amministratori e controllo dei soci). C. Il diritto di controllo dei soci non amministratori, in A.A. Dolmetta – G. Presti (a cura di), S.r.l. Commentario, Milano, Giuffré, 2011, p. 650 ss.

   (109) FERRARA F. JR, CORSI F., Gli imprenditori e le società, Milano, 2006, p. 626. Rispetto alla funzione di controllo, l’indipendenza rappresenta un elemento dinamico ed essenziale; inoltre, «da un punto di vista sistematico, assume una funzione di architrave dell’intero sistema dei controlli, al punto da costituirne non solo un principio generale che lo informa, ma altresì l’asse centrale nello svolgimento della relativa attività, divenendo esso stesso fonte di obblighi giuridici» (A. CAPRARA, Le funzioni dei sindaci, cit., p. 47 s., al quale si rinvia per una analisi dell’indipendenza dei sindaci finalizzata allo studio della funzione del controllo interno).

   (110) Già i primi commentatori della riforma evidenziavano i rafforzamenti rispetto alla preesistente disciplina: si vedano ad esempio S. FORTUNATO, I controlli nella riforma delle società, in Soc., 2003, p. 312; M. LIBERTINI, Sui requisiti di indipendenza del sindaco di società per azioni, in Impresa e società. Studi dedicati a Federico Martorano, a cura di A. Bassi, U. Belviso, E. Bocchini, D. Buonomo, F. Di Sabato, G. Laurini, M. Sandulli, Napoli, 2006, p. 583.

   (111) La legge di delega al governo per la riforma del diritto societario (legge 3 ottobre 2001, n. 366) non forniva alcuna indicazione in materia di cause di ineleggibilità e di decadenza dell’organo di controllo. L’intervento normativo, tuttavia, si era reso necessario per vari ordini di motivi, i più significativi dei quali sono rintracciabili nell’esigenza di avvicinare la disciplina di diritto comune sulle cause di ineleggibilità e di decadenza dei sindaci: a) alla disciplina delle società quotate che, emanata con il d.lgs. n. 58 del 1998, aveva introdotto una grande differenza rispetto alla disciplina delle società non quotate; b) alle regole deontologiche emanate nell’ambito dell’ordinamento professionale dei revisori contabili (che devono essere rispettate dai sindaci iscritti nel relativo registro), oltre alla esigenza generale di maggiore trasparenza dell’attività dell’assemblea, dei gestori e dei controllori (tali motivazioni sono evidenziate da M. LIBERTINI, Sui requisiti di indipendenza, cit., p. 583 s.).

   (112) Le disposizioni che interessano il collegio sindacale sono l’art. 2399 cod. civ., che si riferisce alle società che non fanno ricorso al mercato del capitale di rischio (società “chiuse”) e alle società con azioni diffuse fra il pubblico in misura rilevante, nonché l’art. 148 e l’art. 154, co. 1, t.u.f., sulle società con azioni quotate in mercati regolamentati. Per quanto concerne le cause di ineleggibilità e di decadenza degli organi di controllo dei sistemi alternativi di amministrazione e controllo, occorre riferirsi, per il consiglio di sorveglianza, rispettivamente per le società non quotate e per le società quotate, all’art. 2409-duodecies, cod. civ., e agli artt. 148, co. 4-bis e art. 154, co. 2, t.u.f.; per il comitato per il controllo sulla gestione agli artt. 2409-octiesdecies cod. civ., 148, co. 4-ter e 154, co. 3, t.u.f.

   (113) Sul tema si veda M. LIBERTINI, Del collegio sindacale. Commento all’art. 2399, in F. d’Alessandro (diretto da), Commentario romano al nuovo diritto delle società, vol. II, t. II, cit., p. 207 ss.

   (114) È stato evidenziato che «il profilo di una possibile parcellizzazione della responsabilità patrimoniale in funzione della separazione che può investire non solo il patrimonio, ma anche l’attività, i rapporti giuridici e quindi i flussi finanziari pertinenti a ciascuna porzione pare un’effettiva novità (…) e può anche sembrare un’alternativa, se ed in quanto possa essere valutata economicamente conveniente, rispetto alla modalità che si realizza con la costituzione di una società controllata oppure con la scissione» (A. NIUTTA, Patrimoni destinati ad uno specifico affare. Commento degli artt. 2447-bis – 2447-decies, in F. D’Alessandro (diretto da), Commentario romano al nuovo diritto delle società, vol. II, t. II, cit., 923 ss.). In tema di patrimoni destinati si veda anche A. NIUTTA, I patrimoni e finanziamenti destinati, Milano, Giuffré, 2006; R.. SANTAGATA, Patrimoni destinati e rapporti intergestori, I conflitti in società multidivisionali, Torino, Giappichelli, 2008.

   (115) A. NIUTTA, Patrimoni destinati ad uno specifico affare, cit., p. 998. Si veda anche G. GUIZZI, Patrimoni separati e gruppi di società (articolazione dell’impresa e segmentazione del rischio: due tecniche a confronto), in Riv. dir. comm., 2003, I, p. 639.

   (116) Sul punto si veda anche L. DE ANGELIS, Sindaci della holding e delle controllate: non c’è incompatibilità, in Soc., 2004, p. 420, per il quale non pare fondata la tesi che, dall’interpretazione delle norme sulle incompatibilità dei sindaci, ne desume che i sindaci della holding non possano assumere il medesimo incarico nelle società controllate, o viceversa.

   (117) In questo senso la Comunicazione Consob del 20 febbraio 1997 (DAC/RM/97001574), Raccomandazioni in materia di controlli societari, positivamente commentate da P. MARCHETTI, Le raccomandazioni Consob in materia di controlli societari: un contributo alla riforma, in Riv. soc., 1997, p. 198. Si osservi per inciso che le stesse Raccomandazioni (che pure invitavano i sindaci della società capogruppo ad adoperarsi per conseguire, anche attraverso una partecipazione diretta in qualità di membro ai collegi sindacali delle società controllate, tutte le informazioni inerenti alla gestione di queste ultime) proponevano di chiarire meglio il disposto dell’art. 2399 cod. civ., prevedendo espressamente l’incompatibilità della carica di sindaco con l’incarico di amministratore nella società controllante o in altre società dello stesso gruppo.
   In particolare, le Raccomandazioni suggerivano di aggiungere le seguenti ipotesi di ineleggibilità all’ufficio sindacale: a) «che non siano eletti a tale carica amministratori delle società o enti che la controllano; e che comunque la maggioranza dei sindaci non sia legata da rapporti di dipendenza con le società o enti che controllano l’emittente»; b) «che, inoltre, i componenti dei collegi sindacali delle società controllate dall’emittente non siano amministratori della stessa società emittente ovvero delle altre società da questa controllate; e che comunque la maggioranza dei sindaci non sia legata da rapporti di dipendenza con la società emittente ovvero con le altre società da questa controllate» (le Raccomandazioni in materia di controlli societari del 20 febbraio 1997 sono pubblicate in Riv. soc., 1997, p. 200 ss.; si evidenzia che le predette Raccomandazioni hanno avuto vita breve, perché presto superate dall’entrata in vigore del Testo unico della finanza). Si rinvia in merito alle considerazioni di G. SCOGNAMIGLIO, Amministrazione e controllo sull’amministrazione nelle società appartenenti ad un gruppo, in Riv. dir. priv., 1998, p. 498 ss.

   (118) Sembra doveroso almeno accennare al fatto che in un gruppo multinazionale gli eventuali profili di conflitto di interesse per i componenti degli organi di controllo, ma anche per i soci e per gli amministratori, non sono facili da esaminare anche a causa della pluralità degli ordinamenti coinvolti (P. MASI, Impresa multinazionale, cit., p. 514).

   (119) L’art. 2477, co. 3, statuisce che la nomina dell’organo di controllo (sindaco unico o collegio sindacale pluripersonale) o del revisore è obbligatoria se la società: a) è tenuta alla redazione del bilancio consolidato; b) controlla una società obbligata alla revisione legale dei conti; c) per due esercizi consecutivi ha superato due dei limiti indicati dal primo comma dell’art. 2435-bis, che consentono di redigere il bilancio in forma abbreviata.

   (120) Art. 2477, co. 2, cod. civ.

   (121) Le modifiche apportate dal legislatore della riforma del diritto societario in materia di circolazione delle informazioni nell’ambito dei gruppi di società sono state accolte come innovative dalla dottrina maggioritaria: per tutti si vedano G. DOMENICHINI, Commento sub art. 2403 bis, in Società di capitali. Commentario, a cura di G. Niccolini e A. Stagno D’Alcontres, vol. II, Napoli, 2004, p. 755.

   (122) G.D. MOSCO, Cognosco, ergo sum. L’informazione e la nuova identità del collegio sindacale, in Il collegio sindacale. Le nuove regole, a cura di R. Alessi, N. Abriani, U. Morera, Milano, 2007, p. 322; P. MONTALENTI, Il sistema dei controlli interni nelle società di capitali, in Le società, 2005, p. 295.

   (123) Questo aspetto è stato evidenziato in dottrina da più parti; si vedano, tra i molti contributi: G.D. MOSCO, Cognosco, ergo sum, cit, p. 311; P. MAGNANI, sub art. 2403-bis, in Commentario alla riforma delle società, diretto da P. Marchetti, L. A. Bianchi, F. Ghezzi e M. Notari, Milano, 2005, p. 220.

   (124) G.D. MOSCO, Cognosco, ergo sum, cit, p. 311, sostiene che «il collegio sindacale sembra peraltro svolgere una funzione essenziale nella circolazione delle informazioni, assumendo al tempo stesso il ruolo di destinatario, di ricercatore, di fonte di informazioni, e comunque di snodo centrale nel sistema dei flussi informativi».

   (125) In riferimento ai doveri dei sindaci di società del gruppo e all’importanza dei poteri ad essi attribuiti per la richiesta e lo scambio di informazioni si veda l’indagine di A. NIUTTA, La nuova disciplina delle società controllate: aspetti normativi dell’organizzazione del gruppo di società, in Riv. soc., 2003, p. 785 ss.

   (126) Art. 2403 bis, cod. civ., e art. 151, co. 1 e 2, t.u.f.

   (127) Art. 2405 cod. civ. e art. 149, co. 2, t.u.f.

   (128) E. MARCHISIO, “Collegamento societario” e polisemie legislative, cit., p. 96 ss.

   (129) Sul punto si rinvia a E. MARCHISIO, “Collegamento societario” e polisemie legislative, cit., p. 96 ss.

   (130) Art. 2424-bis, co. 2, cod. civ.

   (131) Ciò implica che la partecipazione, considerata come un bene destinato ad essere mantenuto durevolmente nel patrimonio della società, deve essere valutato al costo storico oppure in misura pari alla corrispondente percentuale del patrimonio netto della partecipata (art. 2426, n. 4, cod. civ); non può, invece, essere considerata come un mero investimento, ossia in bilancio come attivo circolante e quindi al valore di mercato (G. GUIZZI, Partecipazioni qualificate e gruppi di società, cit., p. 353).

   (132) G. FERRI jr, Patrimonio, capitale e bilancio, in AA. VV., Diritto delle società. Manuale breve, Milano, Giuffré, 2012, p. 108.

   (133) Se le società controllate sono incluse nel consolidamento, è sufficiente il deposito di un prospetto riepilogativo dei dati essenziali contenuti nei loro bilanci (art. 2429, co. 4, cod. civ.).

   (134) Il deposito delle copie dell’ultimo bilancio delle società controllate prescritto dal terzo comma dell’art. 2429 cod. civ. può essere sostituito, per quelle incluse nel consolidamento, dal deposito di un prospetto riepilogativo dei dati essenziali dell’ultimo bilancio delle medesime (art. 2429, co. 4, cod. civ.).

   (135) E. MARCHISIO, “Collegamento societario” e polisemie legislative, cit., p. 98, ove si rinvia per i profili riguardanti la disciplina della contabilizzazione delle partecipazioni in società collegate definita nei principi contabili internazionali, in particolare nello IAS n. 28.

   (136) La responsabilità degli amministratori che abbiano omesso di effettuare l’iscrizione nell’apposita sezione del registro delle imprese della situazione di soggezione ad attività di direzione e coordinamento, o che non l’abbiano indicata negli atti e nella corrispondenza, oppure che non ne abbiano iscritto la cessazione nel registro delle imprese, si può considerare come “responsabilità da affidamento” o meglio “responsabilità per danno da informazioni inesatte o incomplete sul mercato”, che per certi aspetti si avvicina alla “responsabilità per prospetto infedele” in tema di sollecitazione all’investimento di strumenti finanziari (S. CORSO, La pubblicità dell’attività di direzione e coordinamento di società, Milano, Giuffré, 2008, p. 108).

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