SEMINARIO

Invenzioni e tecnologia

 
 

 

MATERIALI


Corte di Giustizia delle Comunità Europee
sentenza 9 ottobre 2001, causa C-377/98

 Commento di Maurizia Venezia, tratto da Paramond on-line (www.paramond.it)

 

La Corte di giustizia delle Comunità europee, con sentenza del 9 ottobre 2001, Causa C - 377/98, ha deliberato la legittimità della Direttiva europea 44/98/Ce, sulla protezione giuridica delle invenzioni biotecnologiche, riconoscendo il rispetto da parte della stessa dei principi di dignità umana.
La pronuncia della Corte è intervenuta a seguito di un procedimento avviato dal Regno dei Paesi Bassi, con successivo intervento del Regno di Norvegia e della Repubblica italiana, volto a ottenere l’annullamento della Direttiva, tra l’altro, anche sotto il profilo del rischio di manipolazioni genetiche sull’essere umano. Le questioni sottoposte alla Corte: spunti di riflessione e di dibattito
Secondo gli Stati ricorrenti, la brevettabilità di elementi isolati dal corpo umano, assicurati dalla direttiva, equivarrebbe a una strumentalizzazione del materiale umano vivente, lesiva della dignità dell'essere umano.
Tali preoccupazioni sono state fugate dalla Corte di Giustizia con motivazioni che, legittimando definitivamente il contenuto dell’atto comunitario, riconoscono anche la “ bontà giuridica ” di molti risultati inventivi dell’ingegneria genetica.
La Corte di Giustizia ha dovuto così prendere posizione nel delicato dibattito sulla legittimità in astratto di interventi scientifici e tecnici sul patrimonio genetico umano, schierandosi, nello scenario mondiale, in una posizione di mediazione fra i fautori della ricerca genetica a “oltranza”, che la considerano l’unica atta a debellare definitivamente problemi terapeutici e di reperimento di organi per trapianti, e tra quanti sostengono che l’unica soluzione contro il rischio di clonazione di esseri umani e manipolazioni genetiche su uomini ed embrioni sia il fermo e assoluto divieto legislativo.
La pronuncia della Corte nasconde l’evidente preoccupazione di non bloccare la ricerca scientifica europea nei settori della microbiologia e dell’ingegneria genetica: limiti legislativi eccessivamente rigidi rispetto alla possibilità di sfruttamento industriale degli interventi di manipolazione genetica amplierebbero difatti, da un lato, il divario a tutt’oggi esistente con gli Stati Uniti, che godono di una regolamentazione meno severa, e dall’altro aggraverebbero il grado di dipendenza tra strutture di ricerca americane ed europee, queste ultime costrette a rivolgersi ai colleghi statunitensi, con enormi esborsi di denaro, per poter utilizzare i prodotti di ingegneria genetica da loro realizzati, con la conseguente impossibilità di soluzione tempestiva e appropriata di molte patologie.
La soluzione della Corte di giustizia
La Corte risolve le problematiche inerenti all’ingegneria genetica applicata all’uomo utilizzando il disposto della norma di cui all’art.5 della direttiva, il quale vieta che il corpo umano, nei vari stadi della sua costituzione e del suo sviluppo, possa costituire un’invenzione brevettabile.
Ciò che, al contrario, può essere brevettato come invenzione e sottoposto a sfruttamento industriale è il processo di carattere scientifico e tecnico che consente di isolare un elemento naturale e riprodurlo. Ad esempio, può essere brevettabile il procedimento scientifico che individui una sequenza di DNA, lo descriva e ne indichi le specifiche applicazioni industriali.
Certamente, ai sensi della direttiva, così come interpretata dalla Corte di Giustizia, gli interventi di ingegneria genetica non potranno mai portare legittimamente alla realizzazione di esseri umani perfettamente identici tra loro, alla modificazione della loro identità genetica, alla utilizzazione di embrioni umani al fine di realizzare esemplari umani di “riserva”, ad esempio, quale “magazzino” da cui estrarre organi per il trapianto.
Ciò appartiene ancora, e fortunatamente, al fantadiritto!
Infatti la direttiva, all’art. 6, indica come contrari all’ordine pubblico o al buon costume, e per tale ragione esclude dalla brevettabilità, i procedimenti di clonazione di esseri umani, di modificazione dell’identità genetica germinale dell’uomo e le utilizzazioni di embrioni umani a fini industriali o commerciali.
Inoltre, il trentottesimo considerando della direttiva aggiunge che tutti i procedimenti, la cui applicazione leda la dignità umana, devono anch'essi essere esclusi dalla brevettabilità, anche se non appartengono all’elenco di cui all’art. 6.
Tali disposizioni dovrebbero adeguatamente garantire a noi tutti che i singoli Stati membri, in sede di attuazione della direttiva, delineino corretti argini giuridici alla ricerca genetica applicata al settore delle biotecnologie, anche se è pur vero che termini come “dignità umana”, utilizzati dal legislatore come ultimo limite alla possibilità di intervento sull’uomo, possano venire diversamente interpretatti.

 

Università degli Studi Roma Tre – Roma, 5-27 marzo 2004
• Seminario diretto da Giovanni Cabras e Maurizio Pinnarò •