Banche a carattere regionale
Sono
così definite le casse di risparmio, casse rurali
e aziende di credito a carattere regionale nonché
gli enti di credito fondiario e agrario a carattere regionale,
banche la cui disciplina rientra nella potestà
legislativa concorrente – con la potestà
legislativa statale – delle Regioni, ai sensi dell’art.
117, 3° comma, Cost. Le banche a carattere regionale
devono avere la sede e le succursali localizzate nel territorio
di una sola Regione, salvo un’operatività
marginale al di fuori di tale territorio.
Ciascuna Regione esercita la potestà
legislativa sulle banche a carattere regionale, osservando,
oltre che la Costituzione e le norme dell’ordinamento
comunitario, i principi fondamentali individuati dallo
Stato con il d. lgs. 18 aprile 2006, n. 171, con rinvio,
ferma restando la competenza statale per la vigilanza
sulle banche, all’art. 159 del TUB (d. lgs. 1°
settembre 1993, n. 385), il quale qualifica come inderogabili
le norme, di cui agli artt. 15 (succursali), 16 (libera
prestazione dei servizi), 26 (requisiti di professionalità,
onorabilità e indipendenza degli esponenti aziendali)
e 47 (finanziamenti agevolati e gestione di fondi pubblici)
del TUB.
Fonti: art. 117, 3°
comma, Cost.; art. 2 del D.P.R. 26 marzo 1977, n. 234
(nel testo modificato dall’art. 2 del D. lgs. n.
319/2000); D. lgs. 18 aprile 2006, n. 171
Beauty contest
Sistema
per selezionare tra più imprese, interessate ad
acquisire la gestione di un’attività produttiva
o di un servizio complesso, l’impresa che, per l’esperienza
già maturata, le risorse finanziarie e professionali
possedute ed il piano industriale presentato, presenti
adeguate capcità per gestire proficuamente l’attività
o il servizio. Il sistema di beauty contest (letteralmente:
concorso di bellezza) è solitamente utilizzato
per fare una selezione di base tra le imprese interessate,
procedendo poi con procedure competitive, quali l’asta.
TaIe criterio è stato seguito in Italia,
ad esempio, per l’assegnazione delle licenze UMTS.
Più precisamente, il Governo italiano ha scelto
la strada della licitazione privata in due fasi: una prima
selezione in base all’affidabilità dell'operatore
e al piano industriale (beauty contest) e poi
un'asta “calmierata” sul prezzo finale.
Benchmark
1. Nei
fondi comuni di investimento il benchmarck (letteralmente:
collimatore, paletto di riferimento) indica il «parametro
oggettivo di riferimento, costruito facendo riferimento
a indicatori finanziari elaborati da soggetti terzi e
di comune utilizzo, coerente con i rischi connessi alla
gestione» (art. 50 regol. Consob); esso è
solitamente costituito da un paniere di titoli, di fondi
o altri indici ed ha lo scopo di individuare il settore
in cui il fondo investe (il citato regolamento parla percio
di «obiettivi di investimento») e, soprattutto,
di consentire di valutarne il rendimento, confrontandolo
con quel parametro.
Le società di gestione
del risparmio e le SICAV sono tenute ad indicare nel prospetto
informativo il benchmarck, nonché a fornire
periodicamente informazioni circa lo scostamento, positivo
o negativo, del fondo rispetto all’andamento di
tale parametro. Invero, l’efficacia del benchmark
come misuratore circa l’abilità del gestore
è un po’ scemata, siccome è possibile
acquistare gli Exchange Traded Fund (ETD), prodotti
finanziari che riproducono l’andamento di indici
finanziari.
Di recente, la Consob ha precisato che l’indicatore
esterno, qual è il benchmarck, può
essere sostituito dal VaR
(Value at Risk), quando la composizione patrimoniale
del portafoglio gestito sia soggetta a continue modificazioni
nella tipologia degli strumenti finanziari.
2. In un diverso significato,
benchmarck indica il titolo più trattato
all’interno di una categoria omogenea di titoli.
Fonti: art. 50 del regolamento
Consob sugli intermediari (delibera 1° luglio 1998,
n. 11522 e successive modificazioni).
Beni intangibili (Intangibles)
Vi
si comprendono tutti i beni e le attività immateriali
(intangibles, nella terminologia anglosassone):
marchi, brevetti, tecnologie, segreti industriali, know-how,
software, segreti industriali, concessioni, licenze,
ricerca e sviluppo, ecc.; beni che, sebbene non siano
“tangibili”, nell’economia attuale costituiscono
risorse fondamentali per le imprese e sono ritenuti di
grande importanza per la valutazione di un’impresa,
specie se operante nella c.d. new economy. Si
tratta di beni immateriali ad utilità differita
nel tempo e di durata indeterminata, i quali, pur non
avendo solitamente un costo storico, sono suscettibili
di essere trasferiti a terzi e, quindi, di valutazione.
La contabilità a
livello internazionale attribuisce sempre più attenzione
alla valorizzazione in bilancio per i beni immateriali
(vedi lo IAS, n. 3928, § 8). Agli intangibles
fa ora riferimento il nuovo art. 2427, n. 3-bis,
cod. civ., secondo cui la nota integrativa al bilancio
di esercizio deve indicare «la misura e le motivazioni
delle riduzioni di valore applicate alle immobilizzazioni
immateriali di durata indeterminata».
Fonti: art. 2427, n.
3-bis, cod. civ.
Bundling
Con
l’espressione bundling (pacchetto) si intende
l’accorpamento di due prodotti o servizi tra di
loro collegati, immessi nel mercato – da un’impresa
in posizione dominante per uno di essi – come “pacchetto”
ad un prezzo inferiore a quello del loro acquisto separato.
La Commissione europea, a partire dal caso General Electric-Honeywell,
ha ritenuto che tale comportamento – già
noto nell'esperienza antitrust degli USA – costituisca
una pratica “legante” illegittima, qualora
limiti la competitività delle imprese, ed ha imposto
perciò lo “spacchettamento” (unbundling)
dei prodotti o servizi.
Il bundling si
differenzia dai contratti abbinati (tying-contracts
o tie-in sales), poiché in quest’ultimo
caso i beni o servizi abbinati non sono disponibili separatamente.
Fonti: artt.
82, lettera d), Trattato CE; artt. 3, lettera d), legge
10 ottobre 1990, n. 287
URL: http://diec.ec.unipg.it/~diec/repit.htm