il diritto commerciale d’oggi
    II.7 – luglio-agosto 2003

D I Z I O N A R I O
a cura di Giovanni Cabras e Concetta Brescia Morra

Sono qui riportate “voci” del diritto commerciale che rappresentano neologismi (ovvero vecchie espressioni che di recente hanno assunto uno specifico significato o hanno posto nuovi problemi), con indicazioni delle relative fonti normative,
nonché di taluni links per l’approfondimento “in rete”.
Ovviamente, non c’è alcuna pretesa di completezza nella raccolta delle voci,
né di sistematicità nella loro illustrazione
voci del dizionario

H
K
N
Q
U
W
Y
Z

 


   

 ADR (Alternative Dispute Resolution)

   Procedure utilizzate per decidere controversie senza ricorrere al giudice ordinario o arbitrale. Molto diffuse all’estero, specie nel mondo anglosassone, le ADR si presentano in forme varie ed eterogenee, quali la conciliazione (con cui un terzo – che può essere anche il giudice o l’arbitro, prima di giudicare la controversia in un processo ordinario o arbitrale – aiuta le parti a comporre la lite e raggiungere un accordo transattivo), la mediation (una sorta di conciliazione, nella quale un terzo, il mediatore, ha funzione propositiva, indicando alle parti soluzioni, anche al di fuori della lite), mediation on line (sistema basato su un software, che – in controversie di carattere pecuniario, specie per ragioni risarcitorie – mette in comunicazione le proposte migliorative via via formulate da ciascuna parte, raggiungendosi l’accordo quanto la proposta di una parte rientri in una distanza minima preterminata rispetto all’ultima proposta dell’altra parte; nella blind mediation, una parte non conosce l’offerta dell’altra fino alla conclusione della procedura), mini-trial (processo simulato per consentire alle parti di valutare gli esiti di un giudizio ordinario – senza subirne i costi ed i tempi – e raggiungere così un accordo).
   In Italia è disciplinata espressamente la conciliazione in sede giudiziale; attualmente l’orientamento legislativo, anche sulla base di indicazioni della Comunità Europea (libro verde del 19 aprile 2002), è nel senso di favorire, in generale, le ADR, quanto meno per ridurre il ricorso alla giustizia statale. Inoltre, è riconosciuta efficacia a forme di tutela in sede di autodisciplina, quale – per la pubblicità ingannevole – il giurì del Codice di Autodisciplina Pubblicitaria. In Parlamento sono state presentate nella presente legislatura quattro proposte di legge (Camera dei Deputati, C-541, C-2463, C-2538 e C-2877); mentre per le controversie in materia societaria, finanziaria e bancaria il D. Lgs. 17 gennaio 2003, n. 5, attuativo della riforma del diritto societario, ha disciplinato, con norme che entreranno in vigore il 1° gennaio 2004, la conciliazione stragiudiziaria davanti ad appositi organismi di conciliazione, iscritti in un albo tenuto dal Ministero della Giustizia.
Fonti: art. 185, 410 e 708 cod. proc. civ.; art. 8 del D. lgs. 25 gennaio 1992, n. 74; art. 12 della legge 3 ottobre 2001, n. 366 (legge delega di riforma del diritto societario); artt. 38-40 del d. lgs. 17 gennaio 2003, n. 5.
URL: http://www.giustizia.it/news/adr_rel.htm - http://www.camera-arbitrale.com/art1.html - http://www.ud.camcom.it/servizi/puoi/sez4dx/Concilio.htm


   

ADRs (American Depositary Receipts)

     Certificati emessi da una banca (o da un intermediario finanziario) statunitense che rappresentano azioni o obbligazioni e che rendono negoziabili nei mercati statunitensi in valuta locale titoli emessi da società straniere, di cui tali certificati attestano il deposito presso una banca. In definitiva, non essendo consentita in quei mercati la negoziazione di titoli stranieri in valuta originaria, sono quotati titoli rappresentativi di questi ultimi, sulla base di programmi di investimento stabiliti dall’emittente degli ADRs e che presentano una varia tipologia. Per la quotazione degli ADRs possono essere richiesti adempimenti o prescrizioni a carico delle società straniere (le cui azioni o obbligazioni sono rappresentati da quei titoli), alle quali sembra ora applicabile la legge antifrode dal Congresso degli USA (Sarbanes-Oxley Act of 2002; la SEC, tuttavia, ha concesso esenzioni per le società, le cui legislazioni di appartenenza prevedano adempimenti e forme di tutela diversi, ma analoghi a quelli della legge americana).
     Ai titolari degli ADRs sono riconosciuti diritti analoghi a quelli spettanti agli azionisti della società “rappresentata”; tuttavia, non c’è uniformità di comportamento tra gli emittenti italiani quotati – per il tramite di ADRs – al New York Stock Exchange in ordine alla partecipazione di quei titolari all’assemblea della società; in particolare, è discusso se essi abbiano diritto di partecipare all’assemblea in proprio o debbano partecipare come delegati della banca depositaria.
URL: http://www.norisk.it/Strumenti/0038.htm http://www.sec.gov/answers/adrs.htm
 http://www.icgn.org/consultative/032602.html


  

Agente in attività finanziaria

     Chi è stabilmente incaricato da uno o più intermediari finanziari di promuovere e concludere contratti riconducibili all’esercizio delle attività finanziarie di cui all’art. 106, comma 1, del d.lgs. 385/93, t.u. delle norme in materia bancaria e finanziaria; ossia le attività di: assunzione di partecipazioni, concessione di finanziamenti sotto qualsiasi forma, prestazione di servizi di pagamento, intermediazione in cambi.
    L’esercizio professionale nei confronti del pubblico dell’attività di “agente in attività finanziaria” è riservata ai soggetti iscritti in un elenco tenuto dall’UIC (Ufficio Italiano Cambi) ed è sottoposto a una specifica regolamentazione e forme di controllo pubblico. Gli intermediari finanziari (iscritti negli elenchi di cui agli artt. 106 e 107 del citato d.lgs. 385/93) potranno stabilmente avvalersi per la distribuzione di propri prodotti solo di detti “agenti”.
Fonti: d. lgs. 25 settembre 1999, n. 374; decreto del Ministero dell’Economia, 13 dicembre 2001, n. 485
URL: http://www.uic.it/it/antiriciclaggio/circolari/UIC_2002_07_11.htm


  

Anatocismo

     Fattispecie in cui gli interessi scaduti di una obbligazione pecuniaria producono altri interessi. Il codice civile italiano, sulla base di una lunga tradizione che risente del diritto romano e degli influssi di orientamenti di carattere religioso, consente l’anatocismo soltanto a determinate condizioni e, precisamente, «solo dal giorno della domanda giudiziale o per effetto di convenzione posteriore alla loro scadenza e sempre che si tratti di interessi dovuti per almeno sei mesi» (art. 1283 cod. civ.). La norma fa salvi gli usi contrari, aprendo la strada, per le operazioni bancarie, a forti contrasti interpretativi, sfociati in una novella (D. Lgs. 4 agosto 1999, n. 342) ed in un intervento della Corte Costituzionale (sentenza 17 ottobre 2000, n. 425).
     La capitalizzazione degli interessi nell’esercizio dell’attività bancaria e finanziaria è oggetto di speciale regolamentazione nel Testo unico bancario (d. lgs. n. 385 del 1993) e nelle norme di attuazione; secondo tale disciplina è rimessa al contratto la determinazione dei tassi e della loro periodicità nel conto corrente (purché identica per i tassi attivi e passivi), escludendosi la sola capitalizzazione periodica successiva alla chiusura definitiva del conto. Nei contratti bancari e finanziari, qualora sia prevista la capitalizzazione infrannuale, devono essere indicati il valore del tasso, rapportato su base annua, tenendo conto degli effetti della capitalizzazione.
     Invero, sebbene gli interpreti parlino di capitalizzazione degli interessi per l’annotazione periodica degli interessi – rispettivamente, a credito o debito, a seconda che gli interessi siano attivi o passivi per il cliente – nel conto corrente bancario, tale operazione non è inquadrabile perfettamente nel fenomeno anatocistico, considerato che si tratta semplicemente di una modalità
Fonti: art. 1283 cod. civ.; art. 120, comma 2, del d. lgs. 1° settembre 1993, n. 385, testo unico bancario; delibera del CICR del 9 febbraio 2000 


  

Appalto integrato

     Appalto con cui un ente pubblico affida ad un appaltatore congiuntamente e con un’unica gara, sia la costruzione di opere pubbliche, sia la loro progettazione esecutiva (ossia il completamento del progetto predisposto dall’ente appaltante, attraverso propri tecnici o con incarico professionale a professionisti esterni). In tal modo le imprese di costruzioni allargano il loro campo d’azione per i lavori pubblici, unificandosi il mercato delle costruzioni e quello della progettazione (sia pure solo esecutiva).
     Per la progettazione esecutiva di appalto integrato l’impresa appaltante deve avvalersi di un progettista qualificato alla realizzazione del progetto, individuandolo in sede di offerta o eventualmente associato. Inoltre, per evitare che l’affidamento della progettazione all’impresa costruttrice provochi aumenti di costi per l’ente appaltante, a causa di varianti rese necessarie dalla progettazione, è stabilito che l’appaltatore risponda dei conseguenti ritardi ed oneri, qualora le varianti siano imputabili a carenze del progetto esecutivo.
     La possibilità di ricorrere all’appalto integrato attualmente è consentita – con una modificazione alla legge Merloni (legge 11 febbraio 1994, n. 109) – per lavori di importo inferiore ad euro 200 mila e per quelli pari o superiori ad euro 10 milioni, nonché per tutte le opere in cui la componente tecnologica-impiantistica sia superiore al 60% del valore dell’opera.
Fonti: art. 19 della legge 11 febbraio 1994, n. 109, nel testo modificato dall’art. 7, 1° comma, lettera l) della legge 1° agosto 2002, n. 166


 

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